Sarà Charles Landry ad aprire giovedì 4 aprile alle 17.30, a Palazzo Lanfranchi, il terzo ed ultimo simposio per la stesura del Piano di gestione del sito Unesco “Sassi e il Parco delle chiese rupestri di Matera” che avrà come tema “Evoluzione e futuro”.
Charles Landry è l’ispiratore del movimento globale, per la rinascita degli spazi urbani, della “città creativa”, secondo un’espressione da lui coniata nei tardi anni ’80 e fonte d’ispirazione del suo testo “The Creative City: A Toolkit for urban innovators”. Il movimento si basa sul concetto di “infrastruttura creativa” della città, connubio tra hardware o componente fisica, e software o componente immateriale. Obiettivo: suscitare quel coinvolgimento psicologico che è “l’elemento base per promuovere la creatività” e realizzare il potenziale nascosto in ogni città. Landry collabora da “amico critico” con spazi urbani di tutto il mondo e ha saputo aggiornare le sue teorie al passo con i tempi, elaborando da ultimo un nuovo Indice della Città Creativa.
Giovedì Charles Landry terrà una discussione con Paolo Verri, direttore del comitato Matera 2019, e Franco Bianchini, componente del comitato scientifico Matera 2019. L’incontro è finalizzato a creare un collegamento tra la metodologia ed i contenuti scaturiti dai Simposi con la definizione più generale di una strategia creativa per Matera.
Venerdì 5 aprile, alle ore 9, alla Mediateca provinciale, in piazza Vittorio Veneto, la giornata del simposio si aprirà con “Open Space Technology”. “Quali idee per costruire insieme la capitale delle culture partecipate?” è la domanda con cui si comporranno i gruppi di discussione. La chiusura è prevista alle 18.30 con la produzione di un istant book.
Sempre venerdì, alle ore 9, inizierà il “Laboratorio con le generazioni future” in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Padre Minozzi di Matera. Il gruppo di bambini e ragazzi accompagnati dagli insegnanti, dai genitori, dalle guide e dai facilitatori farà una passeggiata “all’esplorazione” dei Sassi e del Parco delle chiese rupestri. Dopo la pausa pranzo l’attività riprenderà alle 15 nelle sale del Museo di Palazzo Lanfranchi con quattro laboratori creativi formati dalle classi di terza elementare e di terza media, dagli insegnati e dai genitori. Quattro facilitatori condurranno le attività dei gruppi con modalità e percorsi progettati al fine di “giocare con il sito Unesco di Matera”.
La seconda giornata, sabato 6 aprile, si aprirà alle 9, a Palazzo Lanfranchi, con la conclusione
dell’Open Space Technology e l’esposizione in assemblea plenaria dei materiali e dei contributi realizzati nel corso della giornata ed anche la presentazione di quanto prodotto nel corso dei laboratori creativi con bambini e ragazzi.
A conclusione, prevista alle 12.30, il Comitato di pilotaggio con il Gruppo operativo prenderà in consegna i risultati e l’esperienza dell’intero ciclo dei simposi per portarli all’interno del processo di costruzione del Piano di gestione dei Sito Unesco.
Chi è Charles Landry
L’urbanista Charles Landry è uno dei maggiori esperti mondiali sull’uso della creatività e dell’immaginazione per la rinascita delle città, con lo scopo di aiutarle a scoprire le loro specifiche risorse e a raggiungere il loro potenziale, diventando così più resilienti, autostenibili e future proof. Landry si concentra su come la cultura dello spazio urbano possa rivitalizzarne l’economia, innalzando il senso di sé. Ufficialmente vive a Gloucester, nel sud-ovest dell’Inghilterra, ma in realtà è sempre in viaggio in giro per il mondo, lavorando da consulente al fianco di decisori e leader locali e tenendo key note e workshop. Insegna inoltre per il Master in Creatività Urbana Internazionale presso la Beijing DeTao Masters Academy (DTMA), nella sede di Shanghai. I suoi libri sono considerati delle vere Bibbie per tutti gli amministratori che sognano una rinascita del loro spazio urbano. Tra le città più importanti con cui ha collaborato, Helsinki, in cui si è occupato della capacità di attrarre immigrati, e Bilbao, dove ha misurato i tassi di creatività e gli effetti indotti dall’high tech.
“La città creativa”, il concetto da lui coniato nei tardi anni ’80 in risposta ai drammatici cambiamenti economici e sociali dell’epoca, è divenuto nel tempo un vero movimento planetario per ripensare la pianificazione e la gestione delle città. Contro il modello dello ”urban engineering”, che si concentra esclusivamente sulle infrastrutture fisiche, ovvero l’hardware dello spazio urbano, egli crea il concetto di “infrastruttura creativa”, che è un connubio tra tale componente e quella software, quali le dinamiche umane di un luogo, le sue connessioni e relazioni, la sua atmosfera. Rispetto al rapporto tra le due componenti, secondo Landry «ciò che è fisico deve incoraggiare l’immateriale”. Gli oggetti della quotidianità come strade, piloni elettrici, cassonetti della spazzatura possono diventare molto più attraenti, in modo da suscitare quel coinvolgimento psicologico che è “l’elemento base per promuovere la creatività” e valorizzare le risorse specifiche di ogni città.
Dopo essere cresciuto ed essere stato educato tra Gran Bretagna, Germania e Italia, nel 1978 Landry fonda il think tank la Comedia, che per primo teorizza la connessione tra cultura, creatività e trasformazione della città, e che ancora oggi è un’organizzazione o meglio un network di collaboratori del settore da lui guidata.
Nei tardi anni ’80 egli conia appunto l’espressione “la città creativa”. Landry sostiene che di fronte alla drammatica situazione economica e sociale la soluzione viene proprio dalla creatività: è necessario realizzare quelle condizioni che permettano alla persone di pensare ed agire con l’immaginazione per far così fronte a quei problemi urbani che sembrano irrisolvibili. Nel suo saggio “The Creative City: A Toolkit for urban innovators” (2000) procede così verso un completo cambio di paradigma nel modo in cui le città sono gestite, per attingere completamente dal talento e dalla creatività dei suoi stessi residenti. Viene inoltre indicato un chiaro e dettagliato elenco di metodi attraverso cui gli spazi urbani possono essere rigenerati, sono inoltre presentati casi studi ed esempi di innovazione urbana da tutto il mondo.
Con il sopraggiungere del 21esimo secolo, Landry si dimostra capace di adattare le sue teorie ai nuovi tempi. Dapprima, nel nuovo testo The Art of City Making (2006), sottolinea che ora le città devono essere “le più creative per il mondo”, e non “nel” mondo, in modo tale che la creatività venga ad assumere un fondamento etico. Il rischio, per Landry, è che la popolarità del termine lo svuoti di significato, per questo è necessario che si indirizzi verso questioni globali come il cambiamento di clima e il divario tra ricchi e poveri. Le città diventano così luoghi di solidarietà in cui gli individui, i gruppi, gli outsider si sentono allineati e responsabili a livello globale. Nel 2007 è invece la volta del testo “The Intercultural City: Planning for Diversity Advantage”, scritto in collaborazione con Phil Wood, che analizza, attraverso numerosi casi studio, il legame esistente tra il cambiamento urbano e la diversità culturale, giungendo ad indicare i “dieci step per la Città Interculturale”. Obiettivo: la necessità di un nuovo pensiero e una nuova politica, per capire come comunità diverse possono cooperare verso un’armonia produttiva piuttosto che verso esistenze parallele o antagoniste.
Nel 2011, infine, Landry realizza un nuovo Indice della Città Creativa, insieme al collega Jonathan Hyams. E’ uno strumento che misura la forza immaginativa delle città, in modo da aiutarle nella loro strategia di gestione, ideato d’intesa con la provincia basca Biscaglia e la sua città capoluogo Bilbao. Sono tre le valutazioni su cui si basa: esterna, interna e una ricerca online, a cui le città possono accedere autonomamente. Dieci gli indicatori che sono stati identificati, per misurare la creatività, la resilienza e la capacità di future proof. Le città a cui l’indice è stato applicato sono finora: Friburgo, Canberra, Perth, Ghent, Fremantle, Penang e Oulu. Da ultimo Landry ha invece cominciato ad occuparsi esclusivamente di città e regioni europee: Bologna, Lille, Bilbao, la Ruhr, Cracovia e Liverpool. Sul fronte italiano, nel 2009, non sembrava avere una grande opinione dei nostri spazi urbani, tanto da affermare in un’intervista che le città peggiori “ora sono in Italia e ovunque vada nel vostro Paese sento un livello altissimo di frustrazione: ho soprannominato il tutto “bureaucratic spaghetti”. Equivale all’assenza di una chiara politica urbanistica”.