“Il decreto del Governo cosiddetto sblocca crediti su 40 miliardi di euro complessivi da movimentare prevede 14 miliardi per coprire debiti sanitari (5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014) accumulati in particolare dalle Aziende Sanitarie o Ospedaliere. In questa prima tranche dovrebbero trovare una sia pur parziale risposta a breve termine le aziende fornitrici di servizi e prestazioni socio-sanitarie che in Basilicata avanzano dalla Regione (Asp, Asm e A.O. San Carlo), secondo dati di un’indagine della Cgia di Mestre, al 2012, un ammontare di 172 milioni di euro (erano 150 milioni nel 2010)”. Ad evidenziarlo è una nota di Sanità Futura, associazione delle strutture sanitarie private accreditate al SSR, a firma del presidente Michele Cataldi.
“Poiché la Regione Basilicata per la sanità ha i conti in ordine, grazie anche ai continui sacrifici delle strutture sanitarie private alle quali già dallo scorso anno sono state applicate riduzioni di badget – aggiunge Cataldi – dovremmo godere di una sorta di corsia preferenziale per liberare risorse finanziarie di cosiddetta liquidità disponibile. In attesa di approfondire gli aspetti tecnico-procedurali del decreto del Governo e con la rinnovata disponibilità a contribuire allo snellimento attuativo, comunque il problema di non continuare ad accumulare debiti, anche nella sanità come per ogni altro settore, è sempre all’ordine del giorno. Esso è strettamente legato ai tempi di pagamento: secondo l’indagine dalla Cgia di Mestre che ha elaborato una classifica divisa per regioni sui tempi medi di pagamento della Sanità alle imprese, da noi in media i giorni che separano la data di emissione della fattura dalla data dell’incasso, al 2011, sono 140 (48 in meno rispetto al 2009). A noi interessa sottolineare che i ritardati pagamenti sono da sempre: conseguenza del disequilibrio strutturale dei conti pubblici italiani (ovvero dell’enorme debito accumulato nei decenni scorsi); un problema che è soprattutto generale, ma che riguarda pesantemente anche la Sanità; conseguenza di inefficienze gestionali interne alle strutture sanitarie pubbliche. Al momento non è dato conoscere il confine tra disequilibrio strutturale e inefficienze gestionali, ma che queste ultime abbiano un peso importante – aggiunge il presidente di Sanità Futura – è almeno parzialmente dimostrato dalle profonde differenze riscontrate nei tempi di pagamento tra Enti appartenenti a medesime aree territoriali, alle volte distanti solo pochi chilometri l’una dall’altra. Inoltre, nel procedere al pagamento dei fornitori, le Aziende Sanitarie adottano criteri di priorità, impliciti o espliciti, che rendono i tempi di pagamento molto differenziati per differenti categorie di fornitori”. Secondo Cataldi “ per la riduzione dei tempi burocratico-amministrativi si può fare di più, come ha dimostrato il “ddl salva salari Don Uva” che è rimasto nelle buone intenzioni, dovendo fare i conti la Regione con il centralismo statale e le competenze ministeriali e normative in materia, come del resto tutte le associazioni della sanità privata avevano previsto e messo in guardia, sostenendo la tesi che la Regione non può sostituirsi a norme contrattuali ed invece può facilitarne l’applicazione. Alcune idee-proposte: recepire, il più presto possibile, la direttiva europea sui ritardati pagamenti (2011/7/UE) che prevede, nelle transazioni commerciali tra imprese private e tra imprese e Pubblica Amministrazione, il pagamento entro 30 o al massimo 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura; prevedere che, decorse le scadenze legali, il debitore debba obbligatoriamente certificare, su richiesta del creditore, l’ammontare dovuto. A certificazione avvenuta, l’Impresa così potrebbe monetizzare il proprio credito tramite cessione a istituti bancari a tassi di sconto verosimilmente più bassi rispetto a quelli oggi applicati; compensare i propri crediti con debiti fiscali e previdenziali”.
Apr 07