Michele Cataldi di Sanità Futura sottolinea in una nota che “il superticket sull’assistenza specialistica introdotto con la Finanziaria 2011 dalla Regione Basilicata sembra aver fallito persino l’obiettivo di fare cassa”. Di seguito la nota integrale.
Il superticket sull’assistenza specialistica introdotto con la Finanziaria 2011 sembra aver fallito persino l’obiettivo di fare cassa: il flop riguarda gli incassi (24 milioni di euro in Basilicata nel 2012) che sono al 40% della previsione complessiva, tra tutte le Regioni, di 800 milioni di euro. L’affermazione, questa volta, non è di Sanità Futura, che come è noto dal 2011 ha promosso con le altre associazioni di categoria il Comitato di Crisi con la raccolta di circa 30mila firme di lucani contro il “superticket in salsa lucana”, ma dall’autorevole Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che ha condotto uno studio specifico.
Le conclusioni a cui giunge l’Agenzia sono decisamente allarmanti: si registra un forte calo di ricette – la richiesta di prestazioni – tra 2011 e 2012, pari ad oltre il 17% di prestazioni che penalizza fortemente il privato. In particolare cresce un po’ la domanda di chi è esente dal ticket, ma tracolla quella di chi non è esente. Molti “paganti” sono come scomparsi, in parte defluiti verso il sistema privato oppure hanno rinunciato. Semplicemente hanno deciso di non fare quel controllo, nonostante il doloretto, la febbre strana, il sintomo appena accennato. Un travaso di certo c’è stato, ma non totale, verso i laboratori privati in convenzione-accreditati, competitivi rispetto a costi (e a un’inefficienza) del pubblico, sempre meno tollerabili.
Un passo indietro: se ne era parlato nel 2011, quando l’allora ministro dell’Economia Tremonti introdusse il superticket da 10 euro (che poi le Regioni hanno rimodulato secondo formule diverse, ad esempio tenendo conto del reddito e da noi con la scelta del più caro insieme a Piemonte e Lombardia). “L’esame delle urine costerà il doppio rispetto alla provetta consegnata al laboratorio privato”. Le cose sono andate proprio così. La “laboratoristica” – uno dei tre settori dell’attività specialistica svolta da ospedali e Asl, assieme a diagnostica e attività clinica – è stata la più danneggiata dall’introduzione del superticket che ha favorito, solo in parte, il privato o spinto molte famiglie a posticipare o cancellare addirittura l’esame. In media, si è registrata una diminuzione delle prestazioni erogate a carico del Ssn dell’8,5%, distribuita su tutte le aree ma più marcata per gli esami di laboratorio. Questa riduzione è inoltre più rilevante nelle strutture private accreditate (-11,8%) che nelle strutture pubbliche (-7,6%), mentre nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per reddito né per patologie (che corrisponde alla metà circa di coloro che fanno ricorso alle prestazioni specialistiche) ha raggiunto il 17,2%.
Trattandosi di percentuali rilevanti, non giustificabili sotto il profilo epidemiologico, questo vuol dire che una parte di cittadini, visti i maggiori costi delle prestazioni del Ssn, ha deciso di non richiederle o rinunciandovi del tutto o acquistandole dalle strutture private, che, nonostante i tagli di budget e le penalizzazioni, riescono ad offrirle a costi competitivi rispetto a quelli del Ssn.
E se il 1 gennaio 2014 entrano in vigore i 2 miliardi di nuovi ticket, da aggiungere agli attuali 2,2, si rischia per visite ed esami un ‘salasso’ di 350 euro a testa, contro gli attuali 150; su una famiglia di due-tre persone inciderebbe per almeno 5-600 euro di spesa. Una vera e propria “batosta sui paganti” dice il presidente dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Giovanni Bissoni. Un impatto che il sistema, sempre secondo l’Agenas, non sarebbe in grado di leggere, se non si amplia la platea dei paganti, visto che gli italiani non esenti sono circa il 25%.
Ancora: la crisi economica delle famiglie rischia di danneggiare la salute dei più piccoli. L’allarme arriva dal sessantanovesimo congresso nazionale della SIP, la Società italiana di pediatria. E che la crisi si senta, lo dimostra anche il calo delle visite specialistiche richieste dai pediatri di famiglia per approfondire una diagnosi. Visite ambulatoriali che richiedono il pagamento di un ticket per molti non più sostenibile.
“La questione dei ticket “ci sta molto a cuore”, ha assicurato qualche giorno fa il neo ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin. Noi ci speriamo e riteniamo urgente l’apertura da parte del Ministro della Salute, non solo ad un confronto con le Regioni, ma anche con le associazioni delle strutture della sanità privata accreditata al SSN per colmare, innanzitutto, il vuoto di concertazione che si registra da troppo tempo con il Dipartimento e l’Assessore alla Sanità e che il nuovo clima politico di stasi è destinato ad accrescere. Abbiamo bisogno di interlocutori istituzionali affidabili.
Michele Cataldi, Sanità Futura