“Le anticipazioni di liquidità per la sanità lucana che, secondo la ripartizione per Regioni in fase di definizione, ammontano a 16,2 milioni di euro, non risolveranno i problemi relativi alla spesa del Servizio Sanitario Regionale, tenuto conto dell’allarme lanciato dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), secondo il quale, nel 2013, anche Regioni oggi ‘virtuose’, come la nostra, rischiano di finire in piano di rientro”. A sostenerlo è il presidente di Anisap Basilicata e componente dell’Ufficio di Presidenza Nazionale di Federanisap, Antonio Flovilla, sottolineando che “il decreto legge 35 sul pagamento dei debiti della PA, per quanto riguarda il capitolo sanità, impone che, per dimostrare di avere le carte in regola al fine di ottenere le anticipazioni di cassa per tamponare i debiti verso i fornitori di Asl e ospedali, le Regioni dovranno agire innanzitutto sulla riduzione della spesa corrente. Questo significa – continua Flovilla – che, essendo stato raschiato il barile della riduzione dei budget per la sanità privata, si deve intervenire in maniera più decisa sugli aspetti della spesa che determinano realmente il grosso dei debiti, vale a dire l’attività ospedaliera dove si annidano gli sprechi. Del resto, il rischio non è un elemento nuovo ma era già stato agitato dal presidente Agenas nei giorni scorsi, quando rilevando il flop dei ticket, aveva sottolineato il possibile tilt per i bilanci di tutte le Regioni, anche quelle virtuose, sulla base del Documento di economia e finanza 2013 (Def). Dunque l’avvertimento è chiaro: se le Regioni riusciranno a garantire il pareggio, lo faranno solo grazie ai bilanci regionali poiché il Fondo sanitario nazionale nel 2013 non garantisce più il pareggio. Le misure regionali, infatti, dovranno essere «prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente», quasi a voler escludere nuovi ticket o tasse locali”.
Per Flovilla “i nodi da sciogliere non sono di poco conto, a partire da quello delle risorse, perché se è vero che la ‘Balduzzi’ esplicita che la riforma non debba produrre ulteriori oneri per le casse pubbliche, è anche vero che le Regioni hanno sempre sottolineato che attuare la normativa in maniera concreta è impensabile con i fondi che scarseggiano e con una spending review che viene bocciata dai giudici e dai conti che non tornano. E poi c’è tutta la partita dell’attuazione in maniera uniforme delle misure previste dalla legge, perché in questi anni ogni Regione ha potenziato il territorio a modo suo. Una situazione delicatissima che non consente pause politico-amministrative e tanto meno un atteggiamento di rilassatezza. E’ FederAnziani la federazione delle associazioni della terza età a mettere in guardia Governo, Parlamento e Regioni: entro 1.000 giorni non ci sarà più il Servizio Sanitario Nazionale pubblico. La tesi parte proprio dagli studi del Ministero della Salute e dell’Agenas pubblicati negli ultimi giorni, nei quali è provato un netto aumento del ricorso ai servizi sanitari, alle prestazioni, alle indagini di laboratorio da parte dei cittadini, che per “esigenze economiche” preferiscono il privato a pagamento, in quanto più veloce ed economico rispetto al pubblico, come dire ticket e superticket sono troppo cari e le prestazioni, nel privato, sono eseguite in ambienti confortevoli, adeguati alle migliori tecnologie e senza liste d’attesa, spendendo pure di meno. Secondo FederAnziani, non si può continuare a volatilizzare miliardi di euro in sprechi inutili da parte di ospedali come ad esempio le mense o i pasti, lavanderia, spese telefoniche, e inserire ticket aggiuntivi e superticket per sostenere il sistema, favorendo così l’allontanamento dei cittadini dal SSN”.