“Negli ultimi 10 anni i redditi delle aziende cerealicole sono scesi tra il 15 e il 25 per cento; sempre nello stesso periodo la forbice tra i costi dei fattori e i prezzi dei prodotti alimentari è mediamente aumentata del 20 per cento a svantaggio degli agricoltori. Questo in assenza di innovazione, significa ancora una volta perdita di reddito”. E’ quanto sottolinea Antonio Nisi responsabile nazionale Gie (Gruppo Interesse Economico) della Cia per il comparto cereali, aggiungendo che “le noti più dolenti riguardano la ripartizione del valore aggiunto. Fatto cento il valore di un prodotto agroalimentare sul banco di vendita, all’agricoltore va il 16-18 per cento. Motivi principali la scarsa aggregazione, la mancata programmazione, la disorganizzazione della filiera, i costi di transazione eccessivi e parassitari, la carenza di reti logistiche e di trasporti efficienti”.
Nel sostenere che “più agricoltura e più reddito sono obiettivi da costruire insieme”, Nisi aggiunge che “nel 2013, senza immediati e straordinari interventi a sostegno degli agricoltori, oltre 50 mila aziende possono chiudere i battenti (già nel primo trimestre più di 13 mila sono uscite dal mercato) e più di 2 milioni di ettari di terreni coltivati sono in grave pericolo. Non solo. Si potrebbero verificare un “taglio” deciso all’occupazione e pesanti conseguenze anche del “made Italy”.
Il dirigente Gie-Cia rivendica l’adozione del Piano cerealicolo regionale in sinergia con il Piano nazionale; una nuova disciplina regionale che favorisca l’aggregazione delle produzioni; un programma di insediamento agro-industriale; un progetto per il potenziamento della ricerca e dell’innovazione e di sostegno all’introduzione di varietà; la definizione del marchio a tutela del pane e della pasta “made in Lucania”.
Un settore, quindi, in grave affanno che ha necessità di nuove politiche che diano reali sostegni alle imprese agricole che non possono continuare ad operare nell’incertezza più profonda e in un sistema competitivo che sta fiaccando sempre più i produttori italiani. Da qui l’esigenza di rendere più saldi e produttivi i rapporti di filiera e di lavorare in maniera seria per cercare di raggiungere efficaci accordi interprofessionali che permettano di tutelare e valorizzare il “made in Italy”.
E’ stato, inoltre, denunciato che sui mercati della Basilicata è da tempo presente grano proveniente soprattutto dall’Ucraina, dal Kazakhistan, dall’Australia, dal Canada e dal Messico, che viene scaricato al porto di Bari, e dalla Turchia, attraverso l’interporto di Foggia, mentre per la pasta prodotta in Italia -sottolinea la Cia Basilicata- vengono impiegati grani duri per il 50-60 per cento di origine estera, con seri problemi di qualità e sanità del prodotto.
La novità positiva –continua Nisi – è la recente nascita di un’aggregazione economica che creerà nuovo valore aggiunto nella filiera cerealicola nazionale. Un’associazione di imprese che si candida a svolgere un ruolo importante ed innovativo nella gestione della qualità, nella fase dello stoccaggio e della commercializzazione di frumento, orzo e mais. All’iniziativa promossa dal Coordinamento cereali costituito da tutte le maggiori sigle della rappresentanza agricola del Paese (Cia, Confagricoltura, Copagri, Fedagri/Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital) in collaborazione con Compag (Federazione nazionale commercianti di prodotti per l’agricoltura) prendono parte oltre 60 imprese tra cooperative e privati, dislocate in ben dodici regioni, che rappresentano una capacità di stoccaggio superiore alla metà del totale nazionale. Il progetto, che sarà realizzato entro il 2013, punta a dotare i centri di stoccaggio della strumentazione necessaria ad accertare le caratteristiche qualitative e sanitarie della produzione cerealicola nazionale, per poi mettere in rete i dati così ottenuti.
“Purtroppo – conclude il dirigente Gie-Cia – le risposte della politica non sono arrivate. Si è riscontrato un atteggiamento di assenza, smarrimento e distacco dai problemi reali delle imprese agricole. Ci sono precise priorità: l’organizzazione della filiera, l’aggregazione del prodotto e lo sviluppo di organismi e relazioni intersettoriali; più ricerca e diffusione dell’innovazione; una grande azione di semplificazione”.
Mag 15