“Il pasticciaccio brutto” de La Sapienza di Roma ha fatto emergere la parte più inquietante di certo becero laicismo che in nome della “Fraternità, Egalitè e Libertè” non intende concedere piena cittadinanza ai Cattolici nella nostra società. In questi giorni moltissimi si sono uniti al coro di coloro che hanno stigmatizzato il triste evento. Pochissimi invece si sono però posti la domanda perché si è arrivati a tale inaudita e scomposta cruenza nei confronti del Papa e dei Vescovi nel nostro paese. A dirla con Pannella una delle motivazioni più decisive che potrebbe aver creato detta reazione è stata la sovra-esposizione mediatica della Chiesa e dei suoi esponenti più rappresentativi negli ultimi tempi. Chi scrive crede alle cifre sciorinate da Pannella. A chi scrive preme altresì capire perché si è arrivati a questa situazione che deve destare preoccupazione anche e soprattutto all’interno della Chiesa. Se vi è questa sovra-esposizione della gerarchia nella vita del nostro paese– spesso è entrata anche a gamba tesa! Lo ammetto- è perché oggi il ruolo del laicato cattolico nel nostro paese è molto debole e soprattutto frammentato. La gerarchia infatti sta svolgendo nei fatti una funzione di supplenza a causa di quella “insignificante diaspora” dei “Christefideles Laici” nella nostra società. La diaspora in se può non essere un male se si accompagna ad una rinnovata e sorgiva testimonianza profetica. La diaspora è invece l’inizio della fine; spiana la strada di quel Mysterium iniquitatis di cui Sergio Quinzio ha parlato, se essa invece si condisce appunto di insignificanza. Basti vedere cosa sta accadendo al livello politico. Dottrine di ispirazione cristiana sono decisamente marginalizzate nei grandi partiti come il PD e, nondimeno in FI. I partiti Bonsai invece che si rifanno all’ispirazione cristiana, sono rappresentati poi, al di là della sterile declamazione dei principi, da uomini che non brillano di certo in coerenza comportamentale. Non possiamo oltremodo tollerare che a rappresentare quest’area ci siano divorziati dalla faccia di bronzo come Casini o familisti amorali come Mastella. DC prima e PPI dopo assicuravano una presenza organica, forte, autorevole dei cattolici nella vita del paese. Ma questa presenza non è più, e nè, avendone nostalgia, può la questione risolversi. Nella nostra società fra l’altro è in atto un progressivo ed irreversibile processo di secolarizzazione (ma questo potrebbe essere uno stimolo ed una sfida intrigante come vedremo!). Dall’altra siamo chiamati a dare fondo a tutta la nostra creatività ed ad esercitare in modo sagage la virtù della “fortezza”. Per fare questo dobbiamo però riflettere sul senso e le motivazioni della presenza dei cattolici nella nostra società ed, in secondo luogo, quale possa essere il loro contributo in essa. .
Da dove ripartire allora ? Per quanto riguarda il “programma” ed i contenuti che i Cattolici possono proporre al paese si rimanda agli ultimi editoriali illuminanti di Padre Sorge in Aggiornamenti Sociali….(in particolar nel penultimo numero 1/2008 di AS). Preme invece riscoprire il senso di una presenza nella nostra società per ridare un futuro al nostro paese.
Per far questo occorre riscoprire il concetto di Laicità. Dobbiamo ripartire da essa perché solo essa ci consente di poter essere in campo con credibilità ed autorevolezza. Per far questo partiamo dalla ormai famosa ed intrigante frase ripresa da Bonhoeffer“etsi Deus non Daretur” (cioè agire come se Dio non ci fosse!). Frase bellissima per definire l’impegno dei laici cristiani nella vita e nella storia del nostro continente come spiegheremo; ma che G.E. Rusconi & C hanno in modo improprio interpretato come un monito per i cristiani perché vivano la propria fede nel privato fino a negargli una valenza pubblica. Non è così ovviamente! Ma cosa dice Bonhoeffer ? Semplicemente egli dice che in un’epoca in cui gli uomini hanno espunto dal proprio orizzonte il Divino dobbiamo riscoprire il contenuto antropologico non-religioso della Bibbia per fare in modo che “Cristo diventi il Signore anche dei non-religiosi. “Dio ci da a conoscere che dobbiamo vivere come uomini capaci di far fronte alla vita senza Dio”. Questa icona del cristiano maturo capace di camminare ormai in modo autonomo da Dio a ben vedere è l’essenza del rapporto fra Creatore e creatura. Per essere compiuta l’opera creatrice, la creatura alla fine deve diventare “altro” dal creatore anche se è presente la sua impronta in lui. Così nel creato sono stati seminati pezzi di DNA del creatore. Sono semi di speranza e frammenti di felicità al quale ci aggrappiamo ed attraverso i quali si riscaldano i cuori degli uomini. E’ questa la rivelazione orizzontale, coerente e compatibile con quella verticale data dalle sacre scritture. Se vogliamo è il quinto evangelo donato agli uomini e scritto in una lingua diversa come diceva Galileo. Con la rottura di questa coerenza non può più esserci laicità. Non c’è più terreno di confronto con l’uomo e per l’uomo se si nega la cogenza delle evidenze del creato (relativismo storico ed etico) o se le si ritiene soccombenti rispetto al male ed al nulla (nichilismo). Allora ecco il senso di una laicità matura che agisce come se Dio non ci fosse (ma c’è !). Possiamo dirlo perché siamo forti della certezza che nel creato sono dispersi frammenti di Cielo sul quale poter contare. Ma se per noi laici maturi occorre agire come se Dio non ci fosse; dall’altra occorre, perché ci sia dialogo, che i laici non credenti: “veluti si Deus daretur” ovvero agiscano come se Dio ci fosse (ma non c’è!) nel solco della famosa scommessa Pascaliana. Occorre a tal proposito riscoprire quella figura maestosa ed eroica del santo-laico tanto cara a Camus. E’ a ben vedere quello che sta cercando di promuovere Papa Ratzinger quando dialoga fitto con i laici non credenti. E’ questa la via che è stata seguita all’ultimo referendum sulla fecondazione assistita dove cattolici e laici hanno fatto una battaglia in difesa di valori umani tout cour senza farsi dividere da appartenenze di tipo religioso o confessionale. Forse è questa la via da imboccare dal laicato cattolico oggi in Italia piuttosto che cercare goffamente di fare di valori antropologici permanenti e pre-esistenti alle istituzioni ed allo stato, oggetto di grottesche mediazioni politiche fra alleati (vedere p.es. i DICO).
Francesco Vespe