Carmine Vaccaro, segretario UIL Basilicata, commenta l’annuncio del neo Ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, di utilizzare fondi Ue non spesi e a rischio disimpegno per raggiungere le famiglie del Mezzogiorno a forte e crescente disagio sociale. Di seguito la nota integrale.
Non so se l’idea del neo Ministro per la Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, di utilizzare fondi Ue non spesi e a rischio disimpegno, cioè restituzione a Bruxelles, per raggiungere le famiglie del Mezzogiorno a forte e crescente disagio sociale, sia una sorta di “ultima spiaggia”. Come non so se l’accordo che si sta profilando tra Governo e Regioni per determinare il nuovo ISEE sia sufficiente a realizzare nuove condizioni di tutela del welfare e quindi di chi ha più bisogno. Credo però sia utile una riflessione, oltre che a livello nazionale anche a livello regionale sulla rimodulazione dei fondi comunitari, vale a dire le uniche risorse finanziarie ad oggi disponibili per fronteggiare l’emergenza sociale al Sud. La Giunta Regionale, nel tempo che le resta, dovrà accelerare la spesa dell’ultima annualità dei Programmi Fesr, Fse e Feasr-Psr, non solo per scongiurare il pericolo del disimpegno ma anche per impiegare i soldi europei per una giusta causa, quella del le priorità sociali, oltre che a dare prime risposte alla disoccupazione giovanile e femminile. Tanto più che ci possono essere conseguenze non certo marginali nel passaggio tra la vecchia programmazione comunitaria e quella del sessennio 2014-2020. E’ stato proprio il Presidente De Filippo, in rappresentanza della Conferenza delle Regioni, a ribadire che il mancato raggiungimento dei target non può avere riflessi sul riparto delle risorse 2014-2020, ricordando la persistenza di difficoltà legate al patto di stabilità, e chiedendo, giustamente, chiarimenti a Governo e Commissione Europea sulla questione dei progetti retrospettivi. Mi sembra in proposito particolarmente utile l’indicazione che proviene dall’ex Ministro Barca: se i piani operativi restano sulla carta non producono alcun effetto. C’è bisogno quindi che non si riducano in semplici trasferimenti di risorse ma specifichino tempi ed obiettivi. Di qui l’opportunità di stabilire delle priorità in numero ridotto su cui concentrare le risorse e garantire una risposta alla crisi che sia coerente con il contesto socio politico del territorio. Bisogna considerare che se da un lato si finanziano politiche di sviluppo e dall’altro interventi per la lotta alla povertà, resta escluso un “segmento di mezzo” non facilmente raggiungibile a su cui bisogna invece intervenire in ottica preventiva; risulta dunque necessario per raggiungere tutti, investire in politiche di accompagnamento alla crescita e all’occupazione, sostenendo gli interventi finalizzati all’inserimento lavorativo. I punti di partenza: entro il 2015 vanno ancora spesi 31 miliardi di euro che rappresentano il 63% dell’ammontare complessivo per il settennio; i rimborsi dovuti all’Italia ammontano a 3 miliardi per spese già certificate nel 2012; si è riusciti a far innalzare di altri 800 milioni la quota di cofinanziamento nazionale nettizzabile rispetto al patto di stabilità; è stata introdotta anche una clausola di flessibilità che consentirà a settembre alcuni aggiustamenti; quanto alla possibilità di innalzamento dei target l’unica sanzione prevista è l’obbligo di riprogrammare.
Come abbiamo più volte denunciato nel corso di questi anni di crisi la crescente disoccupazione e i salari troppo bassi hanno impedito che i consumi, il potere d’acquisto e il livello di risparmio delle famiglie italiane aumentassero. L’inasprimento del prelievo fiscale ha completato l’opera. Bisogna intervenire nell’immediato perché la situazione è critica e deve essere risolta prima che degeneri. Solo con un vero piano di rilancio dello sviluppo, dell’occupazione e della tutela del potere d’acquisto, aumentando i salari e le pensioni con una riduzione della tassazione e con i rinnovi dei contratti per il settore pubblico, potremmo ricominciare ad allentare quell’affanno che le famiglie italiane stanno vivendo.