La OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) rende noto che sono stati pubblicati di recente sul sito Arpab gli ultimi dati relativi al monitoraggio dei pozzi piezometrici presso l’inceneritore Fenice di
San Nicola di Melfi. Ancora una volta – denuncia la OLA – i dati rilevano preoccupanti presenze di sostanze inquinanti nelle acque di falda.
Nello specifico vengono registrati superamenti dei livelli prescritti dalla legge il triclorometano in 4 pozzi su 9 con un valore registrato nel pozzo 2 di quasi 20 volte superiore a quello consentito. Il
triclorometano è un composto nocivo alla salute umana e all’ambiente, nonché un forte sospetto cancerogeno.Altri superamenti sono registrabili per il Tricloroetilene, noto anche
come trielina, usato come solvente per molti composti organici, che, a causa della sua tossicità e cancerogenità, non è più impiegato nell’industria alimentare e farmaceutica dagli anni ’70.
Nel pozzo n.8 vi è superamento dei limiti di legge anche per quanto riguarda il tetracloroetilene che viene utilizzato come solvente per lo sgrassaggio dei metalli, nell’industria chimica e farmaceutica. In
Italia, la legge considera i rifiuti contenenti tetracloroetilene come “rifiuti pericolosi”, non smaltibili in fognatura.
Altra sostanza presente oltre i limiti consentiti è il 1,2 dicloropropano classificato dal Ministero dell’Ambiente come sostanza pericolosa per l’ambiente acquatico, nocivo per inalazione e causa di
gravi danni per la salute nel caso di ingestione.
Proseguendo nell’analisi dei dati emerge il superamento del valore soglia anche del dibromoclorometano e il bromodiclorometano sostanza, quest’ultima, usata principalmente nell’industria di prodotti chimici, di prodotti tossici e corrosivi e nei laboratori di analisi.
Passando all’analisi dei dati relativi ai metalli pesanti emerge chiaramente il valore del ferro il cui limite è di 200 microgrammi per litro di acqua che invece fa registrare nel pozzo n.6 un livello di
1490 microgrammi per litro, cioè oltre 7 volte il livello consentito. Il nichel, a sua volta, segna superamenti del limite imposto nei pozzi n.1, n.2, n.6, n.7, n.8, n.9 con buona pace di chi parlava di quantità che stavano rientrando nei limiti. Il manganese è praticamente fuori legge in 7 pozzi su 9 con valori anche oltre trenta volte superiori a quelli consentiti. Un’ultima segnalazione riguarda i fluoruri
abbondantemente oltre i limiti in 3 pozzi su 9 con livelli comunque elevati nei restanti sei pozzi.
I risultati di queste analisi fotografano ancora una volta una situazione assolutamente fuori controllo che persiste e che, in alcuni casi, sembra addirittura aggravarsi.
Lo scenario è desolante. Un anno e mezzo di lavoro di una commissione regionale sull’inquinamento provocato dall’inceneritore Fenice ha prodotto una conclusione sconfortante, cioè la necessità di maggiori controlli sull’attività dell’inceneritore. Se questa è la risposta della politica lucana di fronte al disastro ambientale prodotto da Fenice i cittadini non possono stare tranquilli.
Come se non bastasse, dopo la pronuncia del TAR di Basilicata che ha stabilito che per ordinare a Fenice Ambiente srl “l’estensione dell’ubicazione dei punti di indagine anche sui terreni di proprietà
altrui, posti a valle (?)” è necessario che siano prima accertati i superamenti “dei valori di concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee dei predetti terreni confinanti”. Compito questo tra l’altro affidato alle pubbliche amministrazioni. Il tavolo convocato in Regione dal presidente De Filippo il 17 maggio 2013 si è concluso con una generica e troppo blanda richiesta alla società Fenice Ambiente srl di un nuovo progetto di bonifica del sito industriale inquinato oltre a ulteriori garanzie sulla messa in sicurezza, il tutto condito dall’indicazione di indagini da
effettuarsi sull’acqua di falda nell’area esterna all’inceneritore per verificare se tale “eventuale” inquinamento sia connesso all’attività dello stesso inceneritore e chiedere successivamente alla società di effettuare la “eventuale” caratterizzazione.
Questo passaggio viene considerato dalla classe dirigente lucana come essenziale per la successiva attribuzione dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) per lo stesso inceneritore di Melfi che,
ricordiamo opera da ormai venti anni con autorizzazioni provvisorie rinnovate oltre ogni comprensibile ragione in assenza di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Per questo motivo la Ola richiederà al Ministero dell’Ambiente i poteri sostitutivi per la bonifica del sito contaminato, sia all’interno, sia all’esterno ed a valle dello stesso, ai sensi della normativa vigente.
La OLA ribadisce come sia assolutamente inconcepibile avanzare l’ipotesi della concessione dell’AIA- sanatoria ad una società a responsabilità limitata, qual’è Fenice Ambiente srl, la cui attività
deriva da causa certificata di un inquinamento ambientale che dura da oltre 10 anni, mentre la politica lucana sta a guardare “accomodandosi” intorno a tavoli tecnici, a presunti tavoli della
trasparenza e con commissioni d’inchiesta che non hanno prodotto alcun risultato concreto quali provvedimenti vincolanti e punitivi nei con confronti di chi ha inquinato e continua inquinare, mettendo a rischio la salute e l’ambiente dei cittadini.