“Innovazione, eco-sostenibilità e propensione all’export: questa la ricetta “anti-crisi” delle giovani aziende agricole, che riescono a realizzare il 15 per cento in più di fatturato delle imprese guidate dai colleghi ‘senior’”. A sottolinearlo è l’Agia-Associazione dei giovani imprenditori della Cia, sollecitando la definizione di misure ed azioni per favorire il trasferimento ai giovani di aree demaniali che in Basilicata ammontano a circa 24 mila ettari.
“Nelle campagne – ricorda l’Agia – due aziende su 10 sono guidate da ‘under 40’. Un numero ancora piccolo, ma suscettibile di forte crescita, tanto più che in meno di tre anni le imprese ‘junior’ sono aumentate dall’8 per cento circa al 9,9 per cento del totale. Sono ancora pochi ma quando hanno gli strumenti necessari per partire, i giovani danno un apporto fondamentale al settore in termini di performance imprenditoriali. Le loro aziende, infatti, fanno le cose in grande, tanto da moltiplicare la superficie agricola aziendale fino a quattro volte rispetto alla media nazionale, passando dai 7,9 ettari ai 38,2 ettari delle imprese giovani”. “Uno dei fattori che incide in modo determinante sui bilanci aziendali – evidenzia l’Agia- è la capacità dei giovani di internazionalizzare la propria impresa. Anche per motivi anagrafici, infatti, gli imprenditori ‘under 40’ sono i più naturalmente proiettati verso i mercati stranieri, tanto che oggi oltre il 30 per cento delle aziende ‘junior’ vende prodotti oltreconfine. È per questo che, nonostante siano ancora i troppo pochi, i giovani contribuiscono in modo importante al fatturato dell’export agricolo, che nel 2012 ha sfiorato i 6 miliardi di euro. Oggi l’80 per cento delle imprese agricole che opera solo sul territorio nazionale ha i fatturati in calo e le nuove leve dell’agricoltura italiana dimostrano di aver capito molto bene che di fronte alla debolezza della domanda interna, l’unico vero motore di crescita resta l’export. Ma servono politiche adeguate che diano strumenti di competitività al sistema di imprese italiano, che troppo spesso stenta a reggere il confronto con altri Stati europei, perché frenato da tanti ostacoli, come il maggior costo dei servizi pubblici, la difficoltà di accesso al credito e il fardello della burocrazia”.
Inoltre, l’Ufficio di Presidenza della Cia lucana ribadisce la necessità di tenere conto di alcune specificità del mercato del lavoro agricolo nel definire le misure incentivanti che -se applicate solo ai rapporti a tempo indeterminato- avrebbero scarsa incidenza sui datori di lavoro agricolo. Nello specifico, la necessità di rivedere il limite comunitario de minimis agli aiuti di stato alle imprese agricole (oggi fissato a 7.500 euro nel triennio) che di fatto rende inapplicabili tutte le misure incentivanti in materia di lavoro e di sicurezza (e non solo).
Giu 19