Investire nell’agroalimentare, rafforzare le imprese, superare le inefficienze del mercato, accelerare e promuovere il ricambio generazionale. Sono queste le linee-guida che la Cia-Confederazione italiana agricoltori seguirà per cercare di dare una svolta che apra nuove prospettive al settore primario e contribuisca alla ripresa e alla crescita economica del Paese, così come emergono dalla VII Conferenza economica di Lecce.
Un progetto – commenta il presidente lucano della Cia Donato Distefano, che a Lecce guida la delegazione regionale – che si innesta a quello specifico per la Basilicata. Si tratta di partire dall’emorragia che mette a rischio la tenuta demografica regionale e la vera e propria sopravvivenza di tante comunità rurali che da noi sono un terzo della popolazione complessiva e tre-quarti di territorio.
Al primo trimestre 2013 sono 550 le aziende agricole e zootecniche lucane che sono state cancellate dagli Albi delle Cciaa di Potenza (348) e Matera (202). In dettaglio, secondo i dati di Unioncamere che il Centro Studi Cia lucano ha rielaborato su scala regionale, le aziende agricole e zootecniche attive al 30 marzo scorso sono 18.439 (erano 18.651 al 30 marzo 2012) di cui 10.731 in provincia di Potenza e 7.708 in quella di Matera. Solo in parte le cessazioni sono rimpiazzate da nuove iscrizioni che al primo trimestre 2013 ammontano a 176 (92 in provincia di Potenza e 84 in quella di Matera). Oggi i costi produttivi incidono sulla gestione aziendale agricola, in media, tra il 60 e l’85 per cento per cento. Non solo. A questi aumenti si sono aggiunti anche gli oneri previdenziali (in poco meno di due anni +26 per cento) e quelli di carattere burocratico. Inoltre, mentre si fa sempre più forte la stretta creditizia (-22 per cento di finanziamenti al settore in un anno)crescono le situazioni debitorie delle imprese: ad oggi ben due aziende agricole su tre sono gravate da debiti e tre su dieci non riescono più a fronteggiarlo, con il rischio di finire nella rete dell’usura e della criminalità organizzata.
L’agricoltura – aggiunge Distefano – vive due tendenze contrastanti. La prima è un’elevata mobilità sociale dovuta alle profonde modifiche che hanno interessato il mercato del lavoro. Sono soprattutto i figli degli occupati nel settore agricolo che hanno cambiato classe sociale rispetto a quella dei genitori. La seconda tendenza è che, al netto della struttura generale dell’occupazione, le famiglie agricole tendono a trattenere maggiormente, rispetto alle altre classi sociali, buona parte dei propri figli.
Le proposte per favorire l’ingresso dei giovani sono: istituire la Banca della terra; approvare la legge per la difesa del suolo e dell’agricoltura; inserire nei piani di sviluppo regionali un “pacchetto giovani” obbligatorio e dotato di adeguate risorse; favorire l’accesso al credito; promuovere l’innovazione, la ricerca e la formazione; promuovere la diffusione delle tecnologie informatiche nelle aree rurali.
Per questa ragione, dobbiamo difendere la Pac e le risorse finanziarie a essa destinate, ma dobbiamo anche guardare più in alto per verificare la strada percorsa e non fare riferimento solo a essa. Le politiche europee devono essere accompagnate da forti e credibili scelte nazionali capaci di adattare la Pac alle nostre specificità esaltando le grandi capacità presenti nel nostro settore e nei diversi territori.
L’evoluzione della Pac, dalle sue origini all’attuale proposta, mostra il passaggio da una visione essenzialmente produttiva dell’agricoltura ad una più ampia che associa al settore agricolo funzioni economiche, principalmente la produzione di beni alimentari, la generazione di reddito e occupazione nelle aree rurali; la funzione ambientale, cioè la conservazione del paesaggio e della biodiversità, la salvaguardia idrogeologica e, più in generale, la valorizzazione delle risorse naturali locali; la funzione sociale, cioè il mantenimento delle tradizioni e del tessuto socio-culturale locale.
A esse aggiungo la funzione culturale: la collettività riscopre il territorio e il mondo agricolo attraverso la bellezza del paesaggio e del cibo che esprimono, con le loro forme concrete, il rapporto che ciascuna comunità ha saputo stabilire con l’ambiente nel quale è insediata.
Oggi – conclude il presidente della Cia – non si parla solo di “agricoltura” e di “agricoltori”, ma si tende ad accentuare, quasi contrapponendole, diverse agricolture: convenzionale e biologica, multifunzionale e pluriattiva, produttiva e sociale, di mercato o a km0, rivendicando ognuna un proprio primato nelle politiche e nel riconoscimento della pubblica opinione. Non il frutto di diversità, che è ricchezza, ma di visioni alternative. Occorre superare questa contrapposizione che nasce da un contrasto ideologico che nasconde, ancora oggi, un’ostilità nei confronti dell’agricoltura produttiva. Come se agricoltura competitiva e sostenibile fosse un ossimoro, indicando caratteristiche e obiettivi antagonisti e incompatibili.
Giu 22