Il Gruppo Attivisti 5 stelle di Miglionico attacca l’amministrazione comunale di Miglionico ed in particolare il sindaco Angelo Buono sulla vicenda che riguarda il canile del centro in provincia di Matera. Gli attivisti lucani del Movimento 5 Stelle affrontano in un altro comunicato la questione relativa all’ex Liquichimica di Tito. Di seguito le due note integrali.
Il Gruppo Attivisti 5 stelle di Miglionico : “Il grande bluff”
Dopo aver attentamente analizzato il botta e risposta tra il consigliere comunale di opposizione Nicola Aspriello e il sindaco dell’attuale amministrazione di centro sinistra Angelo Buono sulla vicenda del canile, appare ancora più evidente la superficialità e l’incompetenza con la quale è stata ed è ancora gestita una vicenda abbastanza semplice ed evitabilissima.
Sono tanti ancora i punti oscuri che meritano chiarezza e il comunicato di risposta del sindaco Angelo Buono, evasivo e inconcludente, mette in evidenza il totale fallimento di una classe dirigente che non ha saputo gestire una vicenda tutt’altro che complicata.
I cittadini del Movimento 5 Stelle Miglionico, del tutto insoddisfatti, presentano, pertanto, le seguenti osservazioni:
1. Ignoratia legis non excusat (la legge non ammette ignoranza)!
Per quel che concerne la progettazione e la successiva autorizzazione alla realizzazione della struttura, bastava una cosa semplicissima: “Il rispetto della legge. L’allora Amministrazione D’Alessandro avrebbe dovuto semplicemente applicare e rispettare la normativa che regola le distanze delle costruzioni dagli impianti di depurazione. Se lo avesse fatto sin dall’inizio, accompagnando tale modus operandi con una discreta dose di buon senso, ora staremmo a discutere di altro.
C’è una Delibera Interministeriale, CITAI, del 4 febbraio 1977, riportata e rimodulata nella Guida alla progettazione dei sistemi di collettamento e depurazione delle acque reflue urbane, a cura dell’ANPA ( Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio), del 2001, che testualmente cita:
“Nella scelta del sito di un nuovo impianto di depurazione si deve tenere conto anche della distanza dai centri abitati, in modo da proteggerli da rumori e odori molesti. La delibera CITAI prescrive per gli impianti di depurazione che trattino scarichi contenenti microrganismi pato-geni e/o sostanze pericolose per la salute dell’uomo, una fascia di rispetto assoluto con vinco-
lo di inedificabilità circostante l’area destinata all’impianto. La larghezza della fascia è stabilita dal-
l’autorità competente in sede di definizione degli strumenti urbanistici e/o in sede di rilascio
della licenza di costruzione. In ogni caso tale larghezza non potrà essere inferiore a 100 metri
(Allegato 4, punto 1.2), fatto salvo i casi in cui è possibile, con le tecnologie attuali, il conteni-
mento di fattori pericolosi per la salute pubblica come aerosol, odori e rumori molesti.”
E’ del tutto inconcepibile, pertanto, l’affermazione dell’allora Sindaco D’Alessandro che, alle prime obiezioni delle ASL in fase di redazione del progetto, in merito alla vicinanza del depuratore, fece notare che “un depuratore si realizza affinché funzioni e non presupponendo che esso sia nocivo perché, in tal caso, non si dovrebbero autorizzare i depuratori”.
Evidentemente l’allora Sindaco non era a conoscenza di questa Delibera Interministeriale e delle precauzioni prescritte dalla Legge che vanno adottate a prescindere dal corretto funzionamento o meno dell’impianto di depurazione e, sembra molto strano che anche le ASL, inizialmente consapevoli della non realizzabilità dell’opera, non ne abbiano più tenuto conto. Il caso si intriga ma per il momento non entriamo in particolari che semmai riguarderanno e passeranno al vaglio ordinario della magistratura.
Tornando alla vicenda, pur volendo venire incontro e spezzare una lancia in favore della realizzazione dell’opera, ci chiediamo: sono state prese in considerazione le dovute precauzioni, “con le tecnologie attuali, per il contenimento di fattori pericolosi per la salute pubblica come aereosol, odori e rumori molesti,” come cita la parte finale della delibera su riportata?
Allo stato attuale non ci risulta, a meno che queste precauzioni non siano rappresentate dall’ eventuale realizzazione di una barriera fatta di alberi che avrebbe avuto il compito di arginare e contenere gli odori , l’aereosol e i rumori molesti. Troppo poco e soprattutto inefficace per salvaguardare una struttura che si trova completamente a ridosso dell’impianto depurativo.
E’ pur vero che la stessa Delibera Interministeriale del 1977, ancora non rimodulata dalla Guida su riportata e di più recente concezione, indicava che “per gli impianti di depurazione esistenti, per i quali la larghezza minima suddetta non possa essere rispettata, devono essere adottati idonei accorgimenti sostitutivi quali barriere di alberi, pannelli di sbarramento o, al limite, ricovero degli impianti in spazi chiusi”, ma questo a nostro modesto parere non giustifica la realizzazione di una struttura adiacente ad un depuratore, ne va di mezzo il buon senso ma sopratutto il rispetto per la salute degli addetti ai lavori e degli animali ricoverati. L’estrema ratio che ha portato all’illogica realizzazione dell’opera non può e non deve pregiudicare la salute degli individui. Il solo rischio anche se minimo va sempre arginato con misure idonee al 100% e la barriera di alberi non avrebbe dato nessuna garanzia. La volontà incondizionata e testarda a voler realizzare la struttura lascia pertanto ancora più allibiti. Non ci sembra proprio che l’Amministrazione abbia mostrato tutta questa tanto acclamata attenzione per gli animali e per gli stessi addetti al canile.
2. Chi ha fatto le previsioni di spesa e di gestione?
Sempre nel comunicato di risposta, il sindaco Buono afferma con molta franchezza che “le dimensioni della struttura ad ogni modo non consentirebbero una gestione economicamente conveniente (convenzione con veterinario, mezzo autorizzato, personale e costi di gestione) e pertanto si spenderebbe più di quanto attualmente costa il soggiorno presso strutture attrezzate. “
Ci chiediamo allora, perchè tanta fretta di realizzare quest’opera? E, soprattutto, chi aveva l’onere di valutarne costi e benefici perché non l’ha fatto? E, se lo ha fatto e ha sbagliato, perché non paga per questo madornale errore? La valutazione di costi e benefici di un opera pubblica non dovrebbe essere “l’abc”per un’amministrazione seria e competente?
Anche qui non vogliamo entrare nel merito della vicenda, sarà la magistratura a fare le dovute indagini ma è giusto però, che si da ora qualcuno se ne assumi le responsabilità e almeno chiedi scusa all’intera cittadinanza derubata di svariate migliaia euro, 120.000,00 euro per la precisione, di cui 50.000 euro (come riferito dallo stesso sindaco) direttamente attinti dalle casse comunali e i restanti 70.000,00 da finanziamenti regionali.
3. E IO PAGO!!!
I costi dell’intera opera complessivamente ammontano, come su indicato, a circa 120.000,00 euro, con la relativa percentuale di risorse, 50.000,00 euro, attinte dal Bilancio Comunale.
Un’opera del tutto inutile figlia del più deprecabile esempio di sperpero di denaro pubblico e mala politica. Il popolo miglionichese è stato derubato “nel portafoglio” e nelle aspettative e ora chiede giustizia. Vogliamo indietro i nostri soldi; i responsabili devono pagare e restituire fino all’ultimo centesimo alla comunità.
Il vile tentativo di aggrapparsi agli specchi pur di salvare il salvabile, “utilizzare la struttura come canile sanitario per ospitare temporaneamente cani soggetti ad operazioni di sterilizzazione o di altro genere per la degenza”, non risolve ne tanto meno attenua i problemi della vicenda. Innanzitutto non verrebbero garantiti il diritto alla salute dei lavoratori e degli animali che sarebbero costretti a vivere, seppur temporaneamente, in condizioni igienico sanitarie precarie. Inoltre le svariate migliaia di euro sprecate per la realizzazione dell’opera, a cui si aggiungerebbero comunque dei costi di gestione, non troverebbero nessuna giustificazione se non nella testimonianza di una pessima gestione amministrativa della cosa pubblica e di una enorme bluff ai danni dei cittadini.
4. CCA’ NISCIUN è FESS’!!!
Il popolo miglionichese vuole i nomi dei responsabili e chiede le loro scuse pubbliche!!
Il popolo miglionichese vuole la restituzione del denaro sprecato (€ 120.000,00) e il loro reintegro nelle casse comunali e regionali.
Il popolo miglionichese è stanco di questa cattiva gestione del denaro pubblico: il serbatoio mai entrato in funzione; la Casa sul Lago abbandonata (presso la Diga di San Giuliano) ; una raccolta differenziata mai decollata, sono solo alcuni esempi che avremo modo di approfondire.
Il popolo miglionichese rivendica trasparenza, giustizia e soprattutto partecipazione sempre e comunque, per una crescita sana e proficua della comunità!!!
Miglionico 5 stelle
Attivisti Movimento 5 Stelle: “La zona morta dell’ex liquichimica di Tito”
Se l’attuale discarica di radioattivi fosfogessi e di altre sostanze altamente inquinanti, cui è stata ridotta negli anni l’ex-Liquichimica di Tito Scalo (Pz), non fosse un Sin, Sito di Interesse Nazionale, da bonificare, le conferenze di servizio finora fatte dovrebbero essere paragonate a quattro chiacchiere al tavolino di un bar, a cui negli anni si sono accomodati gli assessori all’ambiente della Regione, l’Arpab con i suoi dirigenti e l’Agrobios. Quest’ultima agenzia pubblico/privata, tra il 2006 e il 2012, è costata parecchio ai contribuenti: per le sue scontate rassicurazioni di “tuttapposto”, sia nello studio di valutazione dell’area attorno al centro oli di Viggiano, sia nell’area dell’ex liquichimica di Tito, ha emesso uno scontrino, probabilmente solo una parte del conto, di circa 6 milioni di euro, che il procuratore della Corte dei Conti di Basilicata ha di recente presentato all’ex presidente Vito De Filippo perché non ne capiva gli estremi.
Dopo tre anni dalle video-denunce di Rifiuti Connection, dopo le pressioni e le accuse subite dal tenente della polizia provinciale, Giuseppe Di Bello, per aver parlato e certificato pubblicamente i suoi timori, dopo gli arresti all’Arpab per “l’affaire Fenice”, con i dirigenti accusati di aver nascosto per 9 anni i dati del grave inquinamento determinato dall’inceneritore di San Nicola di Melfi, e dopo tanto zozzume intombato, illegale, immorale e quasi sempre negato, la classe dirigente lucana e i suoi organi di controllo hanno dovuto ammettere che le vasche dell’ex liquichimica di Tito sprigionano RADIO 226 in misura 4 volte superiore alla norma e ipotizzano il rischio di percolato radioattivo nel Tora e nel Basento. Motivo per cui, agli attivisti del Movimento 5 Stelle, viene facile pensare che chi gestisce il sistema di tutela e monitoraggio ambientale in Basilicata è inquinato come le stesse aree lucana da bonificare?
Gli attivisti del Movimento 5 Stelle, dopo aver sentito la notizia dell’elevato inquinamento radioattivo a Tito Scalo, in netto contrasto con ciò che affermò il Consorzio Asi di Potenza, il 27 Marzo del 2006, in una nota inviata al Ministero dell’Ambiente, nella quale si parlò di assenza di radioattività certificata da Metapontium Agrobios, denunciano un pericoloso sistema di gestione del territorio da parte della classe politica e amministrativa della Regione, chiedono di individuare le responsabilità di chi ha certificato il falso (la radioattività non si manifesta a posteriori) e temono che i nuovi dati finalmente ammessi di inquinamento radioattivo possano inficiare la definitiva bonifica del sito di Tito Scalo, per la quale (e anche per quella della Valbasento) sperano in un bando internazionale senza possibilità di subappalto al fine di evitare pericolose gestioni clientelari della bonifica, data la estrema pericolosità dei materiali interrati a Tito e Ferrandina/Pisticci. E chiedono, inoltre, se quelle vasche di rifiuti pericolosi, prima di fosfogessi e poi colmate di fanghi industriali, abbiano o no un’autorizzazione; se questa vicenda oltre che la procura contabile, per esternalizzazioni inopportune di servizi, e il Tar, per trasferimento di personale senza bando concorsuale, possa interessare anche la magistratura, per tutte le dichiarazioni contraddittorie o false che hanno anch’esse inquinato questa vicenda.
Gli attivisti del Movimento 5 Stelle di Basilicata sono e saranno sempre dalla parte dei comitati e dei cittadini che lottano per impedire la violazione dei diritti inviolabili della persona, come la tutela della salute umana e l’assistenza sanitaria, diritti inalienabili in qualsiasi paese civile.
Per questa ragione gli attivisti lucani chiedono che si faccia chiarezza, una volta per tutte, su alcune vicende ormai da troppo tempo ignorate o tollerate. Siamo stanchi del gioco dello “scarica barile” e dell’istituzione di commissioni di inchiesta infinite che nulla portano in termini di salvaguardia di salute e ambiente.
Attivisti lucani Movimento 5 Stelle
grazie dell’impegno cittadini attivi!!!