“La stretta creditizia sulle Pmi c’è ed è reale. Si tratta di una questione di primo piano per l’intero sistema economico regionale: come spesso viene ripetuto, le micro, piccole e medie imprese costituiscono il 99% delle aziende, e sono responsabili dell’80,3% dell’occupazione del settore privato”. E’ il commento del presidente provinciale di Potenza della Confesercenti Prospero Cassino ai risultati del ”Rapporto SVIMEZ su relazioni banca-impresa e ruolo dei Confidi nel Mezzogiorno. Mercato, regole e prospettive di sviluppo” presentato a Roma.
I Confidi al Sud – conferma il rapporto – sono più’ piccoli, a parità di grandezza erogano meno garanzie, e offrono alle imprese finanziamenti a un tasso quasi doppio rispetto ai Confidi del Centro-Nord. Nello studio si prende in esame un campione di 440 Confidi, di cui 270 al Centro-Nord e 170 al Sud, divisi tra piccoli (garanzie inferiori a 3 milioni di euro), medi (da 3 a 20) e grandi (oltre 20). Dallo studio emerge che al Sud i Confidi sono relativamente piu’ piccoli; su 100 Confidi, al Sud il 37% è piccolo, più del doppio del Centro-Nord (17,8), e solo il 16% può definirsi grande (contro il 42% dell’altra ripartizione). A parità di grandezza, i Confidi del Centro-Nord erogano più garanzie, 27 milioni di euro in media contro 22 milioni. Differenze anche sul fronte del risultato di gestione: se questo è simile tra le due ripartizioni per i Confidi grandi, (159mila euro del Centro-Nord contro 144mila del Sud) a soffrire di più sono i Confidi piccoli e medi. Un Confidi piccolo del Centro-Nord dichiara un risultato reddituale di quasi 4mila euro, mentre il suo omologo meridionale lamenta una perdita di quasi 5500 euro.
Come evidenzia la Svimez – sottolinea Cassino – nonostante i Confidi abbiano intrapreso negli anni importanti processi di razionalizzazione, nel Mezzogiorno la situazione resta ancora critica per effetto delle loro ridotte dimensioni, minore liquidità, maggiore esposizione al rischio. I Confidi meridionali non sembrano al momento in grado di supportare efficacemente le piccole e medie imprese, che continuano a lamentare le difficoltà di accesso al credito. Serve quindi con urgenza una riorganizzazione del settore, che con l’aiuto anche di contributi pubblici agisca sul miglioramento strutturale dei Confidi e sulla loro efficienza gestionale.
Tutto ciò conferma l’allarme lanciato da Confesercenti: dal novembre 2011 i prestiti si sono contratti mediamente del 6% su base annua, ad un ritmo di circa 850 milioni di euro al mese. Come è noto il credit crunch non significa soltanto meno credito, ma anche, in base alla legge di domanda e offerta, credito più costoso. Un fenomeno che sembra essere inversamente correlato alla dimensione di impresa: è, cioè, più mirato alle piccole imprese, che soffrono per un maggiore razionamento e per tassi di interesse più elevati, fino all11%. Sono in aumento anche i crediti deteriorati – incagli, ristrutturati, scaduti –, che salgono su base annua addirittura del 32%, arrivando a costituire quasi 1/5 dei prestiti alle imprese. Ciò riduce la propensione delle banche ad erogare nuovi crediti, concedendoli ai progetti imprenditoriali ritenuti più sicuri, peraltro a tassi più elevati, dovendo procedere ai maggiori accantonamenti imposti dalla normativa di vigilanza
Noi siamo la cerniera tra il mondo della piccola impresa e quello del credito – ha, infine, concluso Cassino. Occorre che le istituzioni guardino con maggiore attenzione all’attività svolta dai Confidi e si impegnino a destinare nuove risorse a chi si espone in prima linea per garantire i crediti concessi dagli istituti bancari”.