Natuzzi SpA comunica che si è tenuta nella giornata di lunedì 15 luglio 2013 presso il Ministero dello Sviluppo Economico, la prima riunione del gruppo di lavoro tecnico con le Istituzioni e le Organizzazioni Sindacali per dare il via al processo di analisi concreta del piano industriale, annunciato dall’azienda il 1 luglio.
In un clima di confronto costruttivo e di collaborazione, Natuzzi SpA ha avuto modo di illustrare in maniera esaustiva ai partecipanti i dettagli più importanti del piano, con particolare riferimento ai costi di produzione (soffermandosi sul costo di trasformazione pari a 0,92 centesimi/minuto) e al nuovo assetto produttivo del gruppo nel distretto pugliese e lucano.
A conclusione del tavolo, il Mise in pieno accordo con le parti ha stabilito la convocazione di altri tre incontri tecnici entro la fine del mese di luglio per approfondire ulteriormente gli aspetti del piano legati all’organizzazione del lavoro, al costo del lavoro e al piano di investimenti per la crescita prospettica dei volumi produttivi.
La prossima riunione del gruppo di lavoro tecnico è stata convocata per il 22 luglio.
Movimento Rossa@ Puglia: “Uniamo le lotte, difendiamo il lavoro”.
La vertenza Natuzzi che si sta consumando in questi giorni non è altro che l’epilogo di un film già scritto più di dieci anni fa, quando l’azienda avviò la fase di delocalizzazione produttiva, per salvaguardare il suo profitto, consapevole che ormai si andavano esaurendo quegli elementi che fino ad allora lo avevano assicurato in loco. Si pensi alla forza lavoro relativamente giovane e fresca che assicurava un alto rendimento in termini di produttività, la maggior parte dei dipendenti con un livello d’inquadramento retributivo prossimo a quello di entrata o in Contratto Formazione Lavoro, la svalutazione monetaria (Dollaro-Lira) che garantiva ottimi affari a chi vendeva all’estero. A questo si aggiunga un ingente quantità di finanziamenti pubblici (solo per fare un esempio il Contratto di programma Progetto 2000) che l’azienda ha intascato, da parte di istituzioni poco lungimiranti che invece avrebbero dovuto investire per superare la monocultura del divano, egemone nel territorio.
Ciò detto, Natuzzi ora non può dare il benservito ai lavoratori sbarazzandosi di circa i 2/3 delle maestranze italiane, vaneggiando in merito ad un impraticabile dimezzamento del costo del lavoro. Si assuma piuttosto le proprie responsabilità sociali e presenti un vero piano industriale, attuando la dovuta riconversione industriale necessaria a garantire i livelli occupazionali del territorio.
Per tutelare al meglio il lavoro alla Natuzzi, altresì, è opportuno che la stessa lotta si unisca con le altre diffuse nell’intero paese. Coloro i quali hanno provocato la crisi (banchieri, industriali e politici a loro compiacenti), infatti, la stanno usando al meglio per smantellare tutte le conquiste sociali ottenute nei decenni passati. L’ultima loro pretesa vorrebbe la liberalizzazione totale dei rapporti di lavoro fino al 31 dicembre 2016. Fino a quella data le assunzioni sarebbero tutte con contratti a termine senza vincoli e quindi con la libertà assoluta di fare quel che si vuole dei lavoratori e i loro diritti. Tuttavia, ad onor del vero, va aggiunto che sono diversi anni ormai che si precarizzano i rapporti di lavoro e questo processo cammina di pari passo con l’aumento della disoccupazione e non viceversa. Quindi, lo slogan predominante in questi ultimi tempi “c’è la crisi, bisogna fare i sacrifici” altro non è che un palliativo inventato dalle imprese per cercare di competere ricorrendo al doping del basso costo del lavoro, anziché disintossicarsi e gareggiare come fanno quelle che producono nei paesi avanzati, ovvero puntando sulla qualità del prodotto, l’innovazione tecnologica e la formazione professionale. Su questo punto il buon Natuzzi rappresenta un esempio emblematico, quando paragona il costo del lavoro che deve rispettare negli stabilimenti murgiani con quello inferiore di altre realtà. Ma perché non menziona anche i dati, in merito al costo del lavoro, che subiscono le aziende operanti in paesi dove questo è maggiore di quello italiano e, ciò nonostante, non avviano licenziamenti di massa in quanto investono molto di più in ricerca e sviluppo rispetto a Natuzzi?
Pertanto, R.O.S.S.@ (Rete, Organizzata, Sociale, Solidale, Anticapitalista) movimento sorto dal basso per unire i diversi conflitti sociali, esprimendo la propria solidarietà ai lavoratori della Natuzzi, li invita ad avere fiducia nelle loro capacità e a costruire insieme un sistema politico-economico alternativo all’attuale, che onori davvero l’articolo primo della Costituzione, quello che prescrive che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” e che riscopra l’uguaglianza, la tolleranza e la solidarietà come valori irrinunciabili per ogni progresso sociale. Anche per questo, R.o.s.s.@ denuncia l’accordo sulla rappresentanza firmato da CGIL,CISL,UIL e Confindustria ,che tende a limitare la rappresentanza ai sindacati firmatari degli accordi, di fatto impedendo il dissenso e la democrazia nei luoghi di lavoro”.
Movimento ROSS@ PUGLIA