Si tratta di una burocrazia smodata, senza paragoni quella che circonda oggi il mondo dell’agricoltura e che penalizza soprattutto le aree interne, tanto che ogni agricoltore, se volesse potrebbe coprire di scartoffie tutta la superficie aziendale. A sostenerlo è Filippo Massaro, Csail-Indignati Lucani.
L’indignazione è sempre più insopportabile e riguarda un sistema, quello che circonda l’agricoltura, in grado di passare al vaglio centimetro per centimetro tutti i terreni; basta pensare che per ogni 10 addetti al settore, 1 è pronto, dietro la scrivania, a redigere documenti. Da questo sistema perverso, che gioca sulla pelle di chi produce, due sono le figure che ne traggono benefici: l’Ente , che creando più cavilli possibili, cerca di trattenere nelle sue mani i contributi provenienti dall’UE destinati al settore primario e gli “Uffici Commerciali” (li definiamo così, perché di associazioni di categoria non ve n’è più l’ombra o meglio ci sono i Centri di Assistenza) che non aspettano altro che compilare moduli per poi rifilare fatture onerose all’ultimo anello della catena.
Così, ci troviamo di fronte a mutamenti continui dei nostri terreni, anche se in realtà loro non si muovono mai, ma – afferma Massaro – nel SIAN (sistema informativo agricolo nazionale) sì! Quest’ultimo controlla minuziosamente ogni minima mutazione della superfice aziendale o ogni variazione culturale, foglio catastale per foglio, particella per particella, probabilmente, vista la puntigliosità, aggiungerei zolla per zolla. Ad ogni particella del terreno, corrisponde una casellina, se questa diventa rossa, iniziano i guai. Subentrano immediatamente delle anomalie che bloccano immediatamente ogni tipo di aiuto comunitario, diretto e non. Il bello è che a causa delle numerose foto rivelazioni dei terreni (credo che qualcuno sorvoli i terreni tutti i giorni con la macchina fotografica in mano), non si può mai stare tranquilli perché risolta un’anomalia, dopo poco tempo eccone di nuovo un’altra, magari su un altro appezzamento.
Questo è uno dei tanti motivi per cui molte domande di aiuto vengono liquidate con anni di ritardo. Molto spesso gli Enti si avvalgono di astuzie come quella di problemi telematici, assenza di documenti che, dopo consegnati vengono smarriti dalla P.A. stessa.
Poi c’è l’ente preposto al pagamento, AGEA (da noi Arbea, dopo il fallimento di gestione, è solo sportello). Anche nell’ultima fase, dove la P.A. ordina l’erogazione dei fondi a AGEA, strada facendo, dei documenti potrebbero venir meno e quindi? Via di nuovo tutta la trafila.
E i tempi? Solo quelli che riguardano la cosiddetta digitazione delle pratiche (inserire qualche codice e quindi qualche cifra) comportano anche mesi, sempre che non ci siano intoppi di natura tecnico-informatica.
Si parla tanto di tutela della produzione agroalimentare italiana, di farmer market e di filiera corta, ma nessuno analizza i problemi che tastano realmente gli agricoltori, le ingiustizie di chi fa cassa con i fondi destinati al vero sviluppo rurale, che potrebbero dare una boccata di ossigeno alle imprese, ma che in realtà, soffocano le imprese e riempiono i polmoni di chi, carta penna e calamaio è pronto a giocare con la burocrazia. Il risultato: per incassare un mandato di pagamento per aiuti comunitari da noi passano anche tre anni. Una situazione scandalosa che- conclude Massaro – provoca danni gravissimi ad agricoltori ed economia locale e che alimenta il giro d’affari di usurai a cui tanti piccoli imprenditori agricoli sono costretti a rivolgersi.
Per reagire e dire Basta alla Burocrazia il Csail promuoverà il Comitato Piccoli Agricoltori Indignati riprendendo l’esperienza di mobilitazione che negli anni passati ha prodotto l’occupazione della sede Arbea a Potenza e ha imposto alla Giunta di mandare a casa i dirigenti.
Lug 16