Nuova Pac: dieci punti-chiave da Agrinsieme.
Promuovere un partenariato tra organizzazioni di rappresentanza e pubblica amministrazione; porre come linee prioritarie di azione dello sviluppo rurale l’innovazione, l’organizzazione delle filiere e gli investimenti produttivi; promuovere sul territorio come Agrinsieme progetti regionali e interregionali per lo sviluppo dell’agroalimentare in una logica di network tra imprese; prevedere sottoprogrammi per i giovani nell’ambito dello sviluppo rurale, in aggiunta ai pagamenti diretti specifici; promuovere sottoprogrammi per le donne con linee guida omogenee per tutta la nazione; superare la logica “monofondo”, creando una coesione tra tutti i fondi comunitari ed attivando le opzioni strategiche per il Mezzogiorno e per le aree interne; far coesistere programmi nazionali e regionali di sviluppo rurale finanziando a livello nazionale le misure per la gestione del rischio e la stabilizzazione dei redditi; semplificare la burocrazia mirando a modelli omogenei dei bandi con criteri uniformi per tutto il territorio nazionale; attivare tutte le scelte della PAC per selezionare i beneficiari e rendere più efficiente la spesa pubblica; partire dalla PAC per riformare la legislazione nazionale in ambito di aggregazione dell’offerta e regolazione dei mercati (I costi delle inefficienze delle filiere agroalimentari nazionali assommano a due-tre volte i pagamenti diretti della PAC). Sono questi i dieci punti chiave che costituiscono la strategia di Agrinsieme (Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative italiane) sulla nuova PAC.
Il documento è stato presentato al ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo e agli assessori regionali all’Agricoltura a Roma nel corso di un incontro al quale ha partecipato una delegazione di dirigenti lucani delle associazioni che aderiscono ad Agrinsieme.
La nuova Pac – si sottolinea in una nota di Agrinsieme che si candida ufficialmente come soggetto di rappresentanza del mondo agricolo ed agroalimentare italiano aperto ad un confronto politico con le amministrazioni centrali e regionali – è un’occasione da non sprecare e deve rappresentare un momento di rilancio dell’agroalimentare “made in Italy” per la crescita del Paese. I circa 52 miliardi di euro di spesa per l’agricoltura italiana possono generare nel periodo 2014-2020 un valore aggiunto di circa 1750 miliardi di euro (250 miliardi l’anno) tra fase produttiva primaria e attività collegate a monte e a valle, poco meno del 20 per cento del Pil. Risorse in grado di valorizzare il ruolo del made in Italy, creando occupazione, garantendo cibo sicuro e di qualità, innovando e investendo su giovani e donne e rafforzando imprese e filiere.
Manfredelli: doppio fallimento per l’agricoltura lucana
Il fallimento della politica agricola regionale sta creando conseguenze disastrose sull’intero settore primario. A rischio i fondi europei. E’ quanto dichiara in una nota Nicola Manfredelli. Di seguito la nota integrale. Gli agricoltori lucani sono sempre più poveri e indebitati e i dati sull’andamento della produzione e dei redditi in agricoltura fotografano impietosamente la crisi che grava sul settore primario regionale. Una crisi – denuncia l’UCI – Unione Coltivatori Italiani di Basilicata, che anziché essere attenuata con adeguati interventi a supporto del settore, rischia di essere ulteriormente aggravata proprio dall’operato degli apparati pubblici, sempre più distanti dai problemi e dalle esigenze che esprimono gli operatori e i territori. “Siamo di fronte ad un doppio fallimento – dice il Presidente regionale dell’Organizzazione agricola, Nicola Manfredelli – l’uno conseguenza dell’altro. Il fallimento della politica agricola regionale accentua, infatti, il rischio di fallimento per migliaia di aziende agricole, sempre più strette nella morsa della burocrazia e di provvedimenti sbagliati, molto spesso disorganici e clientelari”. Per l’UCI non è più accettabile, in particolare, il modo di gestire i fondi europei da parte della Regione e dell’Arbea. Ad oggi, a causa delle vessazioni burocratiche adottate dagli Uffici regionali e dall’Ente a cui è demandato il controllo e la verifica delle procedure per il pagamento degli incentivi, la percentuale di spesa della Regione Basilicata è talmente bassa da rendere inefficace e fallimentare la strategia di intervento in agricoltura, mettendo a rischio anche l’attuazione di importanti programmi di sviluppo rurale, come i LEADER, anch’essi snaturati e messi in condizione di non poter esprimere le potenzialità che ne hanno consentito finora la piena qualificazione per la promozione e la valorizzazione delle risorse locali.
Bisogna tener presente, inoltre, che circa il 50 per cento delle aziende agricole consegue ricavi inferiori ai costi, per cui la possibilità di pareggiare i bilanci è legata soprattutto agli aiuti comunitari, che invece vedono la Basilicata all’ultimo posto per lungaggini e percentuale di risorse erogate.
Se tale situazione dovesse nascondere la furbizia di frenare ed impedire artatamente l’erogazione dei fondi ai legittimi destinatari, per poi indirizzarli, sotto la pressione del pericolo del disimpegno e della restituzione, ad altri settori o beneficiari di comodo, l’UCI non esiterà – puntualizza Manfredelli – ad aprire una specifica vertenza agricola regionale, a difesa del settore e delle ragioni degli agricoltori lucani.