Michele Cataldi commenta per Sanità Futura la notizia secondo cui la Regione Basilicata verrebbe esclusa dalle candidature di regione benchmark. Di seguito la nota integrale.
Sanità Futura: no benchmark, no party!
La notizia che la Regione Basilicata verrebbe esclusa dalle candidature di regione benchmark, vale a dire per virtuosità di modello sanitario, non ammette “party” di festeggiamento di addio per chi ha diretto negli ultimi tre anni la sanità lucana e per chi lo ha sostenuto e avallato-condiviso ogni scelta. Per noi, che da sempre sosteniamo la tesi che le operazioni ragionieristiche-contabili non producono per forza buona sanità, si tratta solo di una conferma. Come quella che proviene dall’ennesima manovra di assestamento di bilancio (di fine mese) che contiene, tra l’altro, contributi per le gestioni liquidatorie delle Aziende Sanitarie da erogarsi in svariate annualità per l’importo di € 7.000.000,00 per ciascuno dei tre esercizi 2013/2014/2015, oltre al contributo di € 2.000.000,00 per l’erogazione dei Lea aggiuntivi. Evidentemente non sono bastati i 40 milioni di euro, erogati nelle scorse settimane, che hanno solo parzialmente coperto i “buchi” delle Aziende Sanitarie di Pz e Mt e dell’A.O. San Carlo. La verità è che il virtuosismo di spesa sanitaria è stato realizzato attraverso la copertura di disavanzi-sprechi del pubblico, il superticket per la specialistica ambulatoriale pagato di tasca propria dai cittadini-utenti lucani (persino oltre del tetto prefissato), i tagli di budget imposti alle strutture sanitarie private e che si vorrebbero inasprire con il nuovo tariffario regionale. E’ il caso di ricordare che abbiamo chiesto formalmente il ritiro del “Nomenclatore Lucano Killer” e di fermare ogni dibattito contestando ed astenendoci dalla partecipazione.
La vicenda del nuovo tariffario sulla specialistica ambulatoriale per noi è solo la punta dell’iceberg della questione più complessiva delle piccole imprese che rappresentiamo e che ha due aspetti prioritari: la continuità di azienda (nel nostro caso nei servizi sanitari) e le misure necessarie che la parte pubblica dovrebbe urgentemente adottare.
Per sintetizzare sono tre le macro-questioni che poniamo in un confronto che continuiamo a chiedere al Presidente, alla Quarta Commissione e, singolarmente, ai Gruppi consiliari (purtroppo senza alcun segnale neppure di semplice ascolto-confronto):
• l’importanza di lasciare campo libero alla autodeterminazione per garantire l’innovazione, in un ambito tanto cruciale come quello delle cure mediche e della salute delle persone. Il potenziale dell’innovazione non deve e non può essere frenato dalle ingerenze della politica e delle amministrazioni;
• la necessità di superare i problemi indotti da un sistema che si basa sul pagamento a piè di lista è che è gravemente sperequato al proprio interno (in cui quindi una “domanda sussidiata” non necessariamente corrisponde ai bisogni effettivi);
• la necessità di ottenere il massimo dell’efficienza e della trasparenza nei fondi pubblici impiegati, utilizzando anche in quest’ambito strumenti partecipativi ed innovativi.
Dunque, più che sviluppare gli approfondimenti per la definizione dei “costi standard” potrebbe risultare di fondamentale importanza definire anche “la risposta standard” ai bisogni della gente, possibilmente in maniera uniformata rispetto al territorio nazionale (pur nel rispetto delle autonomie regionali, si devono superare le forti diversità e, di conseguenza, il diverso diritto dei cittadini).
Ancora, l’attenzione alla garanzia dei diritti a tutti i cittadini (pari livelli di servizi e pari possibilità di accesso) richiede un’azione programmatoria completamente diversa rispetto a quella in essere (con partenza dall’analisi dei bisogni della gente e di come è misurata l’efficienza costi/benefici di questi ultimi e non di certo un cieco e spietato approccio contabilistico).
Un riposizionamento rapido, incisivo, serio, fortemente orientato alla risoluzione veloce dei punti di sperequazione e di ingiustizia largamente noti e conosciuti, non è più rimandabile, salvo a doversene pentire amaramente.
Le continue evoluzioni scientifiche e tecnologiche, i mutati bisogni, il sistema, sempre più multi-professionale e multi-disciplinare, necessitano di una rivisitazione dei modelli organizzativi e degli approcci di cura e assistenza, con il superamento dei vecchi schemi arcaici e autoreferenziali, a favore di nuove soluzioni, orientate all’integrazione, alla libertà di intraprendere, al lavoro di gruppo, alla comunicazione continua, agli audit per il confronto tra obiettivi e risultati.
Ancor piu’ grave sarebbe rischiare di compromettere la qualita’ delle cure e spingere un gran numero di cittadini ad abbandonare prestazioni di primaria importanza che nulla hanno a che vedere con il mercato dell’effimero e del superfluo.
La ricetta, se così la vogliamo chiamare, non si fonda semplicisticamente su di una “questione delle strutture sanitarie”, anzi sarebbe tragicamente insufficiente metterla in questo modo. Si fonda sulla presa in carico di un problema più grande che chiede un approccio interdiscilpinare, fatto di reale semplificazione amministrativa, di formazione professionale, di investimenti nell’implementazione di nuove tecnologie, di innovazione dei processi aziendali, di integrazione con altri mondi produttivi, infine, non è un banale problemino di esclusiva competenza del dipartimento sanità.
Sanità Futura