E’ soprattutto d’estate che gli anziani residenti in campagna e nelle zone rurali vivono una condizione di maggiore disagio. I tagli delle spese sociali, la costante riduzione dei servizi (dalla sanità agli uffici postali), la mancanza di adeguate strutture assistenziali pongono seri problemi ai pensionati a basso reddito che più degli altri stanno pagando le conseguenze del processo di trasformazione dell’economia e, soprattutto, della crisi congiunturale che vede i comuni costretti a ridurre gli investimenti nel welfare a causa del drastico abbattimento dei trasferimenti dallo Stato. Di qui la Cia, l’Anp-Associazione Nazionale Pensionati e il Patronato Inac indicano i tre impegni principali: la Costituzione della Consulta dell’Anziano in ogni comune; la predisposizione di un piano di servizi nei piccoli comuni e nelle oltre 2000 contrade rurali lucane; la carta Regionale del pensionato con la quale accedere e ricevere benefici e servizi. Proposte che saranno discusse con i pensionati agricoli in occasione di incontri e feste in preparazione della Festa Regionale che tradizionalmente si terrà a Brienza.
“La necessità nelle aree agricole e rurali lucane di avere tempestivi servizi socio-sanitari – sottolinea Giovanni Bulfaro, presidente dell’Anp-Cia -raggiunge picchi molto elevati (95 per cento) soprattutto tra gli anziani non autosufficienti. La tipologia di disabilità più diffusa è quella legata alle difficoltà di svolgimento delle attività quotidiane di cura della propria persona (3 per cento della popolazione totale). Segue la disabilità nel movimento (2,2 per cento), il “confinamento individuale a casa” (2,1 per cento) e, infine, la disabilità sensoriale (1 per cento). L´invecchiamento della popolazione che vive nelle aziende agricole e nelle contrade rurali – dice Bulfaro – contribuisce ad una progressiva espansione del fenomeno della non autosufficienza. In pratica, è disabile un italiano su cinque con 65 anni o più. E lo sono quasi la metà degli ottantenni.
Per questo, la Cia ribadisce l’esigenza di lavorare a una riqualificazione delle aree rurali, prendendo misure locali di intervento per le non autosufficienze, stabilendo adeguate provvidenze economiche agli indigenti ed eliminando incongruenze e abusi e, contemporaneamente, offrendo un sostegno vero e efficace a chi è in reale stato di bisogno.
“Le statistiche sono impietose: il 52% dei pensionati italiani percepisce un assegno mensile inferiore a mille euro e addirittura il 17% meno di 500 euro al mese. E gran parte di queste mini-pensioni sono concentrate nell’agricoltura, nel commercio, nell’artigianato -spiega il presidente della Cia Donato Distefano – Ad aggravare la situazione, si aggiunge la continua erosione del potere d’acquisto delle pensioni, dovuta a un paniere Istat che non rispecchia le peculiarità di consumo delle persone anziane e non consente l’adeguata rivalutazione annuale degli assegni. E il drenaggio fiscale, che riduce gli importi netti delle pensioni, completa l’opera”.
Una specificità, in negativo, per i pensionati del settore autonomo, è la mancanza di equità tra le categorie: “a fronte di un sostanziale allineamento dei carichi contributivi a carico degli attivi, persiste un’ingiustificata discriminazione nei confronti dei pensionati agricoltori, artigiani e commercianti, soprattutto in materia di assegni familiari e di accesso al pensionamento”.
Per i pensionati Cia, dunque, “l’aumento dei minimi di pensione, degli assegni familiari e la modifica del paniere per la rivalutazione delle pensioni in linea con l’inflazione, sono obiettivi irrinunciabili nella battaglia in difesa dei diritti dei pensionati ex coltivatori. In tale contesto, le dotazioni del fondo sanitario nazionale e quello per la non autosufficienza devono essere traguardate ai livelli minimi essenziali che la legge 328/2000 aveva previsto, “ma che il governo ha messo nel cassetto, affrontando i problemi sociali solo attraverso manovre di bilancio”. “Inoltre, secondo i pensionati Cia, va sottolineato che la diminuzione dei trasferimenti agli Enti locali, rischia di determinare un meccanismo di ulteriore indebolimento dei servizi nelle aree dove vi sarebbe più necessità, soprattutto quelle rurali”.