A 18 mesi dall’entrata in vigore della deregulation totale degli orari e delle aperture delle attività commerciali introdotta dal decreto Salva-Italia il bilancio si racchiude in quasi 32mila imprese e 90mila posti di lavoro perduti in tutt’Italia. E’ quanto rileva la Confesercenti riferendo di aver predisposto un dossier.
“Gli eccessi di liberalizzazioni – evidenzia il presidente della Confesercenti provinciale di Potenza, Prospero Cassino – penalizzano i piccoli negozi, costringendo imprenditori e lavoratori a sacrificare valori importanti come la famiglia. La nostra proposta di legge di iniziativa popolare “Libera la Domenica “ vuole innanzitutto restituire alle Regioni la facoltà di decidere sulle aperture domenicali. L’iniziativa, per la quale Confesercenti, con l’importante incoraggiamento che è venuto dalla Conferenza Episcopale Italiana, ha raccolto il sostegno di 150mila firmatari in tutta Italia- ricorda Cassino – ha come obiettivo la modifica della normativa sulle liberalizzazioni per riportare nell’ambito delle competenze delle Regioni le decisioni sulle aperture degli esercizi commerciali. Si tratta di una legge di civiltà che freni l’eccesso di aperture domenicali e festive delle attività commerciali, pur tenendo conto di specificità (località turistiche, festività particolari per afflusso turisti, sagre e feste patronali, ecc.).
“Confesercenti – aggiunge si è sempre impegnata in prima linea per evitare la deregulation totale delle aperture, sostenendo invece l’opportunità di una disciplina degli orari equilibrata, tale da consentire ai consumatori di soddisfare le proprie esigenze di acquisto di beni e agli operatori commerciali di poter contare su tempi di riposo adeguati per sé e per i propri dipendenti e collaboratori familiari. Il regime introdotto dal Salva-Italia è, invece, insostenibile per le imprese del commercio al dettaglio. Ha infatti favorito la concentrazione dei consumi nei weekend, avvantaggiando da una parte la grande distribuzione ma dall’altra contribuendo all’aumento di erosione delle quote di mercato piccoli esercizi. Questi, infatti, non sono nelle condizioni di poter sostenere l’aggravio di costi, diretto ed indiretto, in particolare a valere sul fattore lavoro, derivante dalle aperture domenicali”.
A tutto ciò questo – rileva la nota di Confesercenti – si deve aggiungere che la liberalizzazione degli orari di apertura non ha sortito gli effetti previsti dal legislatore: non ha infatti aumentato i consumi che nel 2012, primo anno di applicazione del nuovo regime, sono crollati del 4,3%, cui si aggiungerà un’ulteriore flessione del 2% nel 2013. Inoltre, l’intervento non ha – come pure era stato sostenuto – adeguato l’Italia alle normative europee: secondo le nostre rilevazioni, infatti, nessuno dei più importanti Paesi della Ue ha un regime liberalizzato quanto il nostro. Il nostro auspicio è che la Commissione e il Parlamento prendano atto della gravità della situazione del commercio e degli effetti esiziali – in termini di imprese e di lavoro – che l’eccesso di liberalizzazioni sta avendo su di esso. E che per questo si possa arrivare a un’urgente modifica della normativa”.
Ago 06