Dopo l’attacco alle sagre che utilizzano solo come “specchietto per le allodole” un prodotto alimentare e molte volte senza collegamento con la produzione locale, e che a tutti gli effetti sono “concorrenza sleale” del commercio e della ristorazione, la Confesercenti punta il dito contro gli agricoltori che oltre a produrre frutta e verdura, vendono o fanno consumare direttamente sul posto.
“Specie in questi giorni di vacanza – spiegano i commercianti dei settori alimentari ed ortofrutta – abbiamo sollecitato interventi in merito all’emendamento approvato alla chetichella (articolo 30 Bis, ora Legge) dalle commissioni riunite del Senato al cosiddetto “Decreto del Fare” sulla vendita e consumo sul posto dei prodotti agricoli, emendamento che di fatto dà la possibilità alle aziende agricole di vendere o di far consumare prodotti, direttamente sul posto. Una possibilità che – ribadisce Confesercenti – determina una inaccettabile distorsione della concorrenza: di fatto trasforma i produttori in aziende di intermediazione commerciale, ma garantisce loro un ingiustificato vantaggio, permettendo di aggirare qualsiasi norma relativa alla destinazione urbanistica della zona e alla destinazione d’uso dei locali in cui viene svolta. Si tratta di deroghe che contribuiscono, ulteriormente ed incomprensibilmente, a favorire un comparto e a penalizzarne un altro, quello della distribuzione commerciale, già duramente colpito ed indebolito dagli effetti della crisi economica”.
“Come dimostrano i dati del nostro Osservatorio sul commercio – sottolinea Confesercenti – nonostante il piccolo spiraglio certificato dalle rilevazioni dell’ultimo bimestre maggio-giugno, durante il quale 7.000 nuove attività commerciali hanno aperto i battenti e, per la prima volta dal 2012, si è registrato un saldo bimestrale positivo di 1.422 imprese, la crisi del commercio è lungi dall’essere scongiurata. In particolare, il settore della distribuzione alimentare ha visto nei primi sei mesi dell’anno la chiusura di 3.821 imprese, per un saldo negativo di 1.300 imprese: sette imprese scomparse ogni giorno.
Tra gennaio e giugno, in particolare, hanno tirato già la serranda 856 esercizi, causando un rosso di 112 imprese nel comparto specializzato del dettaglio ortofrutta”.
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Segnali negativi che arrivano dalle piccole superfici (vendite in calo del 2,3%) confermano l’elevato rischio di desertificazione delle città.
Di fronte a questo quadro – afferma Prospero Cassino, presidente Confesercenti – però c’è il rischio che il temuto ingorgo fiscale dell’autunno, nel quale si riverseranno gli acconti fiscali, le addizionali, il destino di Iva, Imu e Tares, possa spazzare via ogni speranza di rianimare i consumi. E’ decisivo evitare questa prospettiva come è determinante rimettere al centro dell’azione politica e dei centri Istituzionali la questione di un coraggioso taglio della spesa. Chiediamo, pertanto, a Governo e Parlamento – conclude – di fare un passo indietro da un provvedimento iniquo e lesivo del libero mercato e ripristinare le giuste condizioni per tutte le imprese, senza distinzione, con gli strumenti adatti per reggere il gioco della concorrenza”.
Ago 22