La CGIL sostiene tutti gli sforzi delle istituzioni internazionali, dei governi e della società civile per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero
04/09/2013 Condividi su: condividi su Facebook condividi su Twitter
“La CGIL chiede a tutte le sue strutture di dare testimonianza il 7 settembre prossimo del proprio impegno in favore della pace e contro la guerra in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero esponendo la bandiera della pace in tutte le sedi e in tutte le iniziative pubbliche di quella giornata”. Lo afferma in una nota la segreteria nazionale del sindacato di Corso d’Italia.
“Non può esservi esitazione alcuna – sostiene la CGIL – nella più ferma condanna dell’atroce uso di armi chimiche contro l’inerme popolazione perpetrato con ogni probabilità dal regime di Bashar el Assad. Un efferato crimine contro l’umanità che – una volta certificato dagli ispettori delle Nazioni Unite – va portato davanti al Tribunale Penale Internazionale. Un crimine che grava su un Paese sprofondato in una sanguinosissima guerra civile con il tragico bilancio di almeno 100 mila morti e di due milioni di profughi”.
“La CGIL – conclude la nota – segue con apprensione la tragedia siriana e sostiene tutti gli sforzi delle istituzioni internazionali, dei governi e della società civile per sostenere la fine della violenza e la promozione di soluzioni diplomatiche e di dialogo, e condivide l’autorevole monito di Papa Francesco che esorta tutti a promuovere e tutelare la pace quale ‘dono prezioso per l’umanità’, invitando la comunità internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per scongiurare la guerra”.
E’ inutile dire d’essere d’accordo al 99% con la posizione della CGIL che ancora una volta abbina la difesa dei lavoratori alle questioni più ampie quali la situazione internazionale.
Fa specie pensare che dopo un secolo si è ritornati ancora a “Pace e Lavoro”.
L’ 1% di disaccordo verte solo sulla “ogni probabilità” che il gas, se è stato usato, sia dovuto ad Assad o se invece agli armatissimi guerriglieri che gli si oppongono.
La questione è un’altra.
Siamo convinti che la “nostra” democrazia sia l’unico modello esportabile al mondo?
Non si deve fare i conti sul modello di sviluppo sociale che gran parte delle popolazioni mondiali hanno scelto o subito nel corso di millenni?
La “nostra” democrazia prevede anche i colpi di stato quando vincono regimi che non ci piacciono?
La destabilizzazione di regimi (evidentemente odiosi per la “nostra” democrazia) con la complicità delle potenze occidentali (vero Holland?) ha apportato maggiore benessere a quelle popolazioni e alle nostre o un clima di guerra civile permanente che fa tornare indietro di decenni gli sforzi di emancipazione?
E se dopo Assad che seppur regime autoritario, come tanti altri stati arabi, difende la libertà di culto ed anche diversissime espressioni sociali ed economiche, ci trovassimo Al Qaida sulle coste del Mediterraneo, ovvero a casa nostra, chi dovremmo ringraziare?
Non ci si ricorda cosa era l’Iraq? Un paese laico e permissivo (il vice premier Aziz era cristiano) aggredito per aver invaso il Kuwait (notoriamente paese “democratico” dove vige ancora una tirannia assoluta) e per avere le famose armi chimiche che nessuno ha mai trovato. Ora è un cimitero e dopo centinaia di migliaia di morti esplodono bombe quotidiane che solo nel mese di agosto hanno causato quasi mille morti. Un paese in piena guerra civile e religiosa ricondotto in pieno medio evo con una guerra voluta dal più democratico paese al mondo al quale però i suoi morti valgono molto di più dei morti ammazzati all’estero.
Possiamo discutere laicamente di tutto ciò senza lasciarlo ai digiuni pontificali, ed all’immancabile codazzo di concelebranti?
Grazie CGIL