“L’ennesimo grido d’allarme lanciato oggi a Roma nell’Assemblea-manifestazione nazionale degli operatori di laboratorio di analisi riprende quello che l’ANISAP ha diffuso la scorsa estate: è sempre più reale il rischio chiusura per centinaia di piccoli laboratori analisi in tutto il Paese, anche se in Basilicata siamo riusciti, per il momento, a stoppare questo rischio, grazie alla concertazione positiva con l’Assessore e il Dipartimento Sanità, ma dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione degli operatori, dell’opinione pubblica, di istituzioni e politica”. E’ quanto sottolinea il presidente dell’ANISAP Basilicata Antonio Flovilla che ha partecipato all’Assemblea, promossa da Federbiologi, Anisap, Citds, Laisan, Realtà biomedica, Unindustria sez. Sanità e patrocinata dagli Ordini nazionali dei Biologi e dei Chimici.
“La questione è assai delicata, e mette a rischio la sopravvivenza di migliaia di imprese di sanità privata accreditata del settore ambulatoriale, distribuite sul territorio nazionale. La chiusura degli ambulatori privati accreditati, oltre a creare un ulteriore incremento della disoccupazione, avrebbe un effetto negativo sulla produttività del Paese e sul gettito fiscale”.
“Le tariffe delle prestazioni ambulatoriali – aggiunge Fovilla– secondo un calcolo che tiene conto di una media nazionale sono state abbassate quasi del 50%. Non si può andare avanti così. In questo modo non si arriva a coprire neppure i costi che le nostre strutture sostengono per effettuare un servizio qualitativo di alto livello. Ma la cosa più grave è che non c’è stata nessuna trattativa con lo Stato, non si è mai intavolato nessun abbozzo di concertazione, si è deciso unilateralmente di dimezzare le tariffe delle prestazioni ambulatoriali mettendoci in gravissime difficoltà. In questo modo peggiora anche la tutela al cittadino con la prospettiva che le realtà più piccole vengano convertite in punti prelievo. Ma non sarà più la stessa cosa – precisa Flovilla – Si tratta di fatto di un declassamento con ripercussioni anche a livello occupazionale. Gli stessi cittadini che potevano rivolgersi con facilità al laboratorio di zona saranno costretti o a spostarsi verso centri più grandi o, nel caso dei punti prelievo, a dover attendere molto più a lungo i referti”.
Per il presidente ANISAP “l’assurdo è che noi potremmo invece rappresentare una soluzione per i problemi di intasamento che affliggono da anni i Pronto Soccorso degli ospedali: ad esempio, potrebbero riconoscerci la possibilità di fare analisi per 12 ore al giorno e non solo per mezza giornata come avviene oggi. Basterebbe una convenzione con i medici di base per decongestionare gli ospedali e far evitare lunghe liste d’attesa ai cittadini che potrebbero ricevere in breve tempo risposte sul territorio. Grazie ai traguardi raggiunti dall’innovazione tecnologica circa il 90% dei test di laboratorio – evidenzia Flovilla – riescono a dare informazioni per una diagnosi quanto più possibile esatta. Si tratta di un dato importante se si considera che le analisi diagnostiche producono risultati che incidono sul 60-70% delle terapie. Se si investisse maggiormente in un’organizzazione più strutturata e in tecnologie più all’avanguardia, si riuscirebbe ad arrivare a risultati ancor più ottimali in campo diagnostico, offrendo maggiore precisione ai cittadini nella diagnosi e terapia delle patologie. Garantire un sistema diagnostico di qualità economicamente sostenibile per il Paese è dunque la vera sfida che dobbiamo affrontare oggi, mentre al contrario il valore della medicina di laboratorio viene troppo spesso sottovalutato. I recenti tagli alla Sanità hanno infatti determinato per il settore un calo del 7% in volume, allontanando il cittadino dalle strutture per fare controlli di prevenzione e di screening e mettendo così in seria difficoltà l’industria e il personale sanitario, aggravandone al contempo il quadro sanitario personale per il futuro. Tutto ciò – conclude Flovilla – mentre le parole del viceministro dell’Economia, Stefano Fassina (“Non sono sicuro che si possano evitare interventi sulla spesa sanitaria”) addensano nuove nubi all’orizzonte, pur ammettendo candidamente che “è patologico che la politica sanitaria la faccia il ministero dell’Economia”.
Ott 09