Solo la scorsa settimana con l’assemblea-manifestazione dei biologi ed operatori dei laboratori di analisi a Roma avevamo messo in guardia: le strutture della sanità privata accreditata, specie quelle più piccole e delle regioni del Sud, sono al collasso e non sono in grado di reggere ulteriori tagli. Puntualmente invece è arrivata la conferma che i tagli nella sanità ci saranno e saranno pesantissimi: la riduzione dei tetti per le prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica acquistate dagli erogatori privati accreditati ammonta a 280 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2014 pe un totale nel triennio di 840 mln.
E complessivamente i tagli al sistema sanitario nazionale ammontano a più di quattro miliardi di euro in tre anni. Nella manovra ci sarebbero, infatti, riduzioni della spesa sanitaria per un miliardo nel 2014 ed ulteriori diminuzioni dei finanziamenti al comparto anche nel 2015 e 2016. Nel dettaglio i tagli al finanziamento del Fondo sanitario nazionale ammontano a 2,650 miliardi in tre anni, di cui 500 milioni nel 2014, 1,040 miliardi nel 2015 e 1,110 miliardi a decorrere dal 2016. Alla cifra di 2,650 mld vanno poi sommate altre due voci. Ossia la rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera (dall’11,35% all’11,3% e dal 3,5% al 3,3%), che produrrà un effetto finanziario complessivo di 220 milioni di euro annui per un risparmio nel triennio di 660 milioni.
Ma se l’ennesima operazione “draconiana” nella sanità in questo momento avrà la conseguenza di porre Asl e Ospedali di fronte alla scelta tra garantire livelli essenziali di assistenza o pagare gli stipendi ai dipendenti, la situazione è destinata ad essere ancora più pesante sulle strutture private accreditate che in più occasioni hanno lanciato l’allarme sul rischio del mantenimento degli attuali posti di lavoro (alcune centinaia solo in Basilicata).
D’altronte, la spesa sanitaria italiana è ridotta ai minimi rispetto al resto d’Europa: basta confrontare i 175 miliardi di spesa della Francia con i 107 miliardi di spesa italiana. È evidente che di questo passo non riusciremo a rimanere nell’Europa della sanità. Non dimentichiamo, inoltre, che la Spesa Sanitaria Privata in Italia ammonta ad oltre 30 miliardi di euro l’anno. Il finanziamento pubblico ne copre il 79% e la rimanente parte è a carico dei privati. Solo l’11% della spesa privata è governata attraverso fondi integrativi, mutue e assicurazioni individuali.
E complessivamente i tagli al sistema sanitario nazionale ammontano a più di quattro miliardi di euro in tre anni. Nella manovra ci sarebbero, infatti, riduzioni della spesa sanitaria per un miliardo nel 2014 ed ulteriori diminuzioni dei finanziamenti al comparto anche nel 2015 e 2016. Nel dettaglio i tagli al finanziamento del Fondo sanitario nazionale ammontano a 2,650 miliardi in tre anni, di cui 500 milioni nel 2014, 1,040 miliardi nel 2015 e 1,110 miliardi a decorrere dal 2016. Alla cifra di 2,650 mld vanno poi sommate altre due voci. Ossia la rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera (dall’11,35% all’11,3% e dal 3,5% al 3,3%), che produrrà un effetto finanziario complessivo di 220 milioni di euro annui per un risparmio nel triennio di 660 milioni.
Ma se l’ennesima operazione “draconiana” nella sanità in questo momento avrà la conseguenza di porre Asl e Ospedali di fronte alla scelta tra garantire livelli essenziali di assistenza o pagare gli stipendi ai dipendenti, la situazione è destinata ad essere ancora più pesante sulle strutture private accreditate che in più occasioni hanno lanciato l’allarme sul rischio del mantenimento degli attuali posti di lavoro (alcune centinaia solo in Basilicata).
D’altronte, la spesa sanitaria italiana è ridotta ai minimi rispetto al resto d’Europa: basta confrontare i 175 miliardi di spesa della Francia con i 107 miliardi di spesa italiana. È evidente che di questo passo non riusciremo a rimanere nell’Europa della sanità. Non dimentichiamo, inoltre, che la Spesa Sanitaria Privata in Italia ammonta ad oltre 30 miliardi di euro l’anno. Il finanziamento pubblico ne copre il 79% e la rimanente parte è a carico dei privati. Solo l’11% della spesa privata è governata attraverso fondi integrativi, mutue e assicurazioni individuali.
Si tratta allora di ripartire dalla risoluzione della commissione Affari Sociali della Camera che ha posto quattro questioni importanti: 1) ha contestato la riduzione delle tutele quale presupposto per far nascere un sistema selettivo; 2) ha posto la questione se sia giusto che un governo, per quanto delle larghe intese, con una semplice “nota” modifichi “l’assetto del servizio sanitario nazionale”; 3) ha proposto al governo un’idea di governance quale soluzione ai problemi del sistema, quasi come se fosse una strada alternativa alla controriforma; 4)ha chiarito che la governance non serve solo a limitare, a restringere, la spesa ma serve soprattutto a governare un sistema insieme agli operatori e ai cittadini.
Quanto alle Regioni che ora gridano all’unisono contro i tagli continuando a tacere sulla nota del Def , il Parlamento offre loro una formidabile occasione politica. Ricordo che le Regioni sono state le prime a tradire malcelate tentazioni contro riformatrici (lea,mutue integrative ecc). La strada dice il Parlamento è di scambiare risorse con cambiamento, rifinanziare solo l’invarianza significa che, ancor prima della crisi, sono le Regioni che non cambiano a diventare l’alibi per facilitare controriforme.
Quanto alle Regioni che ora gridano all’unisono contro i tagli continuando a tacere sulla nota del Def , il Parlamento offre loro una formidabile occasione politica. Ricordo che le Regioni sono state le prime a tradire malcelate tentazioni contro riformatrici (lea,mutue integrative ecc). La strada dice il Parlamento è di scambiare risorse con cambiamento, rifinanziare solo l’invarianza significa che, ancor prima della crisi, sono le Regioni che non cambiano a diventare l’alibi per facilitare controriforme.