La Cia (che ha partecipato con il presidente Donato Distefano nella delegazione di Pensiamo Basilicata all’incontro di ieri a Roma al Mise) sottolinea che “nell’ambito degli obiettivi europei al 2020, l’agricoltura avrà una parte da protagonista con il 45% dell’energia “green” che verrà dalle campagne e dai boschi, ma a condizione che vengano attuate politiche chiare, mirate e lungimiranti e soprattutto finalizzate all’integrazione. Non si tratta di perseguire un dualismo inutile e sbagliato tra cibo ed energia, bensì – spiega Donato Distefano – produrre cibo ed energia in modo sostenibile, come occasione di sviluppo per le imprese agricole e per l’intera società. Biomasse e biogas insieme hanno i numeri e il potenziale per diventare una fonte strategica per la nuova politica energetica nazionale – evidenzia – ma rappresentano anche un’opportunità di reddito integrativa per le aziende agricole, in grado di far crescere il Pil del settore di almeno 5 punti. E, soprattutto, puntare sulle agroenergie vorrebbe dire abbassare i costi della bolletta energetica e dei carburanti e ridurre le emissioni di anidride carbonica: i costi energetici incidono tra l’8 e il 12 per cento sui costi complessivi di un’azienda agricola, a cui va aggiunta una quota tra il 6 e il 10 per cento per i carburanti. Di qui la proposta della Cia della Basilicata di esonerare le imprese agricole che finalizzano la produzione di energia verde per autoconsumo. In particolare, per la Confederazione le attività di produzione di energia elettrica da biomasse agricole e forestali dovrebbero essere meglio incentivate e i sostegni previsti sapientemente governati, attraverso la definizione del Piano regionale di agroenergia secondo la semplice proposta da attuare di un mini-impianto solare e/o di un mini-impianto eolico in ogni azienda. Si tratta inoltre di cogliere l’opportunità che viene dalle novità positive per la produzione di energia idroelettrica e dalle nuove tecnologie che consentono investimenti ridotti. Anche piccoli impianti a biomasse legnose e gassose e di geotermia sono facilmente realizzabili nelle aree rurali e al servizio primario dell’approvvigionamento energetico delle imprese agricole-zootecniche.
Per questo il Piano regionale deve puntare a favorire iniziative con produzione elettrica di media dimensione diffuse e non invasive del paesaggio e dell’ambiente, di autoconsumo e per compensazione/scambio dei fabbisogno energetici delle stesse aziende. Si tratta di progetti che non hanno bisogno di vettoriamento e di reti e, pertanto, sono di più facile attuazione. L’obiettivo centrale per la Cia della Basilicata è l’istituzione del Distretto regionale agroenergetico. E’ questo un modo per rendere competitive e a maggiore redditività il sistema delle Pmi, specie quelle agricole.
La sostenibilità dei costi collettivi per i sistemi incentivanti l’energia rinnovabile -osserva la Cia- deve essere sottoposta a un’equilibrata governance, sia nei confronti dei consumatori contribuenti che tra gli stessi segmenti che compongono il settore delle rinnovabili. La vicenda della crescita non governata del fotovoltaico ha introdotto evidenti squilibri. Ad esempio l’effetto cumulato degli incentivi comporta che a questo settore siano destinate una larga parte delle risorse “green” provenienti dalla bolletta elettrica, deprimendo la possibilità di sviluppo delle altre tecnologie di conversione energetica.
E invece, evidenzia la Cia lucana, “appare necessario promuovere impianti di piccola e media taglia che utilizzano le biomasse solide, le biomasse metanigene e i bioliquidi sostenibili di origine locale, valorizzando il ruolo delle imprese agricole, le intese di filiera e i contratti quadro”.
Infine – continua la Cia – lavorare a una filiera energetica “green” tutta italiana favorirebbe l’occupazione, in particolare quella giovanile. Tutti dati condivisibili e obiettivi probabilmente raggiungibili, ma se si superano le criticità che la Cia del resto non nasconde: prima di tutto è necessario che i contributi alle energie sostenibili accompagnino la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, con interventi che premino l’innovazione e l’efficienza a discapito delle speculazioni. Gli obiettivi, però, non devono essere solo quantitativi ma anche qualitativi: bisogna avere le idee chiare sui modelli aziendali che vogliamo sostenere tramite il sistema delle tariffe incentivanti.
“La generazione distribuita, cioè piccoli e medi impianti diffusi nel territorio e orientati allo sviluppo locale – conclude Distefano – è la chiave per dare agli agricoltori un ruolo centrale nella ‘rivoluzione verde’ e trasformarli da semplici fornitori di biomasse, che altri trasformeranno energeticamente, in protagonisti virtuosi e consapevoli sul fronte alimentare, energetico e ambientale”.