Mentre gli invasori stranieri, con l’ aiuto delle loro banche, vanno all’ assalto delle aziende agricole italiane, le nostre organizzazioni sindacali si preoccupano di come spartire il bottino che rimane della bancarotta dell’ agricoltura italiana. Così Saverio De Bonis, coordinatore della Fima, federazione italiana movimenti agricoli.
I dati riferiscono che nel settore agricolo durante gli anni della crisi c’è stato un aumento dell’11% delle aziende agricole passate in mani estere, i terreni agricoli della penisola sono praticamente diventati la “banca della terra” svizzera che con il 16% del totale delle proprietà agricole è la nazionalità più rappresentata tra gli imprenditori agricoli stranieri presenti in Italia. A seguire ci sono i tedeschi (15%), i francesi (8%), i rumeni (5%), i britannici (4%) e i belgi (3%).
“Oggi – aggiunge – oltre 17 mila imprenditori agricoli stranieri operano in Italia, in prevalenza nel centro-sud. La maggioranza delle aziende agricole acquisite dagli stranieri, si trova infatti in Toscana, in Sicilia, nel Lazio, in Campania, in Puglia e Basilicata. Aree del Paese, dove, caso strano, sono maggiormente concentrate le vendite all’ asta, alle quali non sono mai state applicate le norme antiriciclaggio”.
“E’ evidente – fa notare – che le storture del credito e l’ assenza di norme antiriciclaggio, in una Europa incompiuta, hanno facilitato questa operazione non proprio leale sul piano della concorrenza. Se si reca in banca, anche in una banca straniera, un imprenditore italiano del centro-sud, che è pur sempre un imprenditore europeo, non gli danno un centesimo neppure con le garanzie patrimoniali o pubbliche, invece, se l’ imprenditore europeo non è italiano, ottiene i finanziamenti con facilità”.
“E’ un po’ strano – spiega De Bonis – che la nostra agricoltura sia l’unico settore in grado di attirare più stranieri. Cosa si nasconde dietro questa controtendenza rispetto all’andamento generale che vede le imprese fuggire dall’ Italia? Secondo le classifiche europee siamo il paese dove è più difficile creare business insieme alla Grecia e uno dei più ostici al mondo”.
Sorprende che gli investimenti esteri in Italia, a fronte dei noti rischi-paese ed una stagnazione della domanda interna, si dirigano proprio verso le aziende agricole italiane, nonostante le previsioni poco rosee della stessa Commissione Ue sui redditi agricoli futuri. Un investimento è una scommessa a lungo termine su un sistema Paese, e questa scommessa la può fare chi ha capitali (il)leciti a disposizione ed ha competenze per valutare delle alternative. Le condizioni di reddito (pessime) dell’ agricoltura non sono mutate, sono identiche, quel che cambia è evidentemente la prospettiva di un territorio che fa gola…anche a capitali di dubbia provenienza!
“Un indagine parlamentare – aggiunge – nazionale ed europea, dovrebbe approfondire se si tratta di investimenti autentici e come mai le banche italiane hanno chiuso i rubinetti (credit-crunch) nel centro-sud, proprio dove c’è più invasione di stranieri, mentre quelle europee hanno utilizzato la leva del credito per conquistare il Belpaese, nonostante i redditi in agricoltura siano negativi. Ed ancora – evidenzia il coordinatore – sono tutti capitali leciti quelli che affluiscono in agricoltura sotto forma di operatori stranieri o siamo di fronte a delle operazioni finalizzate a mascherare altre operazioni? Siamo proprio sicuri che tutti quegli imprenditori non siano dei prestanome?”
Mentre si assiste a questo triste primato che mette fuori gioco i nostri agricoltori, le organizzazioni sindacali domestiche, che non hanno speso una parola su un credito discriminante, si preoccupano di mettere le mani avanti a quel che rimane dei tesoretti dell’ agricoltura italiana. “In questo momento, infatti, – riferisce il rappresentante della Fima – loro sono distratti dalla bancarotta fraudolenta di Federconsorzi. Il disastro finanziario di un colosso dell’ agrocommerciale italiano e il maggiore scandalo fallimentare della storia italiana, dovuto all’inconsulta moltiplicazione di spese correnti, consulenze e munifiche regalie, che ha sottratto all’ agricoltura italiana magazzini, silos, officine e aziende del valore di oltre seimila miliardi di vecchie lire”.
“Oggi, nonostante la Federconsorzi sia stata sciolta, di quel tesoretto sono rimasti circa 400 milioni di euro e un parlamentare del Pd, Sposetti, – aggiunge – ha presentato un emendamento in commissione Bilancio del Senato volto a recuperare queste risorse per dirottarle verso altri soggetti non meglio definiti, che non sono di certo i consorzi agrari”.
“La reazione dei sindacati non si è fatta attendere – fa notare De Bonis – loro vorrebbero un “riferimento condiviso sull’ utilizzazione di queste risorse”: no a progetti di parte, si a progetti comuni”.
Sembra di essere nel gioco degli Anutrof, dove questi personaggi sono Cacciatori incalliti di tesori! La prima cosa che fa un Anutrof quando incontra un altro avventuriero è squadrarlo.
“Sorge un dubbio sull’ emendamento – conclude – non è che siamo di fronte all’ ennesima marchetta a favore di cacciatori di tesori? Con buona pace dell’ agricoltura italiana!”