Le immagini della tragedia che continuano a vivere i cittadini della Sardegna sono negli occhi di tutti e l’indagine avviata dalla Commissione Cultura della Camera dovrebbe far tremare i polsi: più di seimila scuole italiane sorgono in aree a forte rischio idrogeologico. Un dato preoccupante che, purtroppo, riguarda da vicino anche la nostra regione, come ci ricordano gli eventi alluvionali continui del Metapontino e quelli meno recenti dell’area sud della provincia di Potenza, un dato che amplifica l’allarme se proviamo ad aggiungere il rischio dissesto al rischio sismico. Per il sindacato dei lavori edili della Uil la sicurezza nelle scuole, negli edifici pubblici e nelle case è da sempre una priorità che si trasforma in una formidabile opportunità di lavoro in un settore segnato dalla disoccupazione e che attende ancora segnali di ripresa.
Gli edifici situati nelle aree a rischio sismico – si legge nei dati dell’indagine parlamentare – sono circa 24.073, mentre 6.251 si trovano in aree ad elevata criticità idrogeologica. Le scuole a rischio sono ovunque. Nelle regioni del Sud, dove si concentra il maggior numero di edifici scolastici a rischio sismico, le scuole in pericolo sono 10.835 (il 45 per cento del totale a rischio). Per fotografare lo stato delle scuole italiane, è utile consultare un altro documento presentato a Montecitorio. Sono i dati di Legambiente relativi al rapporto “Ecosistema scuola 2012”, che denuncia da tempo la vetustà delle nostre scuole, che per quasi un 60 per cento sono state costruite prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica, per un 34,2 per cento si trovano in aree a rischio sismico, per un 10,7 per cento in aree ad alto rischio idrogeologico e che quasi per un 36 per cento necessita di interventi di manutenzione urgenti».
Non possiamo che rilanciare l’urgenza di intervenire non più solo ed esclusivamente a tragedia avvenuta, ma la necessità di lavorare ad un piano di prevenzione e manutenzione di lungo corso contro il dissesto idrogeologico, perché tutto questo non accada più e in nessuna parte d’Italia. E’ un disco rotto oramai l’invito che rivolgiamo alle istituzioni e che, come parti sociali, andiamo ripetendo da tempo, la politica deve intervenire per prevenire queste tragedie, difendere e tutelare il territorio che è una nostra ricchezza, attivando misure concrete contro lo sfruttamento eccessivo del suolo e per la messa in sicurezza delle zone a rischio. Un’occasione di crescita non solo sul piano dell’economia ma sul piano della civiltà.
Ancora più preoccupante, per territori come i nostri ad alta vulnerabilità sismica, i dati di un rapporto dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) . La verifica sulla vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,5 per cento degli edifici e rispetto ai soli comuni che dichiarano di trovarsi in area a rischio sismico (zona 1 e 2) solo il 32,4 per cento degli edifici risulta aver ricevuto tale verifica. Il governo ha indicato in circa 15mila edifici pubblici per l’istruzione la quota di strutture che presentano urgente necessità di rilevanti interventi di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza, per 10mila dei quali è già stata ipotizzata la demolizione. Si tratta di circa un terzo dell’attuale patrimonio». Interventi necessari, ma impegnativi. Per la sola messa in sicurezza delle scuole oggi esistenti servirebbero circa 13 miliardi di euro, stando alle cifre fornite dalla Protezione civile.
L’aspetto particolare della questione? I finanziamenti ci sarebbero anche, ma spesso restano solo sulla carta. E’ anche questo un problema che il Presidente Pittella e la nuova Giunta Regionale dovranno affrontare.
Domenico Palma, segretario Feneal-Uil Basilicata