Nella “sperequazione pensionistica” sono soprattutto i pensionati autonomi – e tra questi gli agricoltori – a subire le conseguenze più pesanti dell’aumento del costo della vita che non trova alcuna risposta nei cosiddetti adeguamenti dell’indennità pensionistica previsti dal ddl licenziato dal Senato, “particolarmente iniqui nei confronti dei pensionati autonomi”. A sostenerlo è l’Anp (Associazione Nazionale Pensionati) aderente alla Cia della Basilicata ricordando che è il Lazio a percepire il reddito mediamente più elevato (18.885 euro annui), superiore del 40% a quello dei pensionati della Basilicata (13.486 euro), che invece è il più basso tra le regioni italiane. Secondo i dati Istat, al Sud e nelle Isole la quota di pensionati con reddito mensile inferiore ai mille euro supera il 52%, un valore di circa 10 punti percentuali superiore a quello dell’intero territorio nazionale (42,6%). Secondo dati del Centro Studi Economici della Cia lucana ben il 78% dei pensionati della nostra regione (circa 125mila) percepisce un’indennità che è inferiore di un terzo alla minima.
Nelle campagne – evidenzia l’Anp-Cia – si vivono le situazioni più difficili: se in Italia quasi un pensionato su due vive con meno di 1.000 euro al mese, nelle aree rurali la media percepita si abbassa notevolmente, ed è proprio qui che si registra la massima concentrazione di pensioni minime, inferiori alla soglia di 500 euro mensili. Nelle zone di campagna i “morsi” della crisi sono amplificati e si inaspriscono i toni del disagio sociale, soprattutto per gli ultrasessantacinquenni. Si tratta di una categoria di per sé vulnerabile -spiega l’Anp Cia- ma che nella congiuntura economica attuale rischia di sprofondare in una situazione ancora più drammatica.
Attualmente, infatti, sono 7 su 10 i pensionati delle aree rurali a essere vicini alla soglia di povertà: un rapporto di gran lunga più allarmante di quello relativo alla popolazione italiana, che sfiora il 30 per cento.
“Per questi motivi, la Cia e il suo Patronato Inac – afferma Vito Pace direttore regionale Inac Basilicata – ritengono che, dopo l’ultima riforma delle pensioni, che ha elevato in modo consistente l’età pensionabile, questa norma non abbia più ragione di essere. In questo contesto, con i pensionati che fungono da “ammortizzatori sociali” per le famiglie, c’è una legge sulle pensioni che sposta progressivamente in avanti la data del “fine lavoro” e ulteriormente l’aggancia alla statistica dell’aspettativa di vita. Morire, mediamente, ad un’età più avanzata rispetto al passato, non significa che a 70 anni si è “abili e arruolati” al lavoro. E’ necessario che al centro del dibattito politico insieme all’economia, ai lavoratori, alle imprese – sottolinea l’Anp-Cia – ci siano anche i pensionati. E il problema non è solo economico. La geografia della crisi italiana è legata anche allo stato di salute dei servizi sociali. E nelle campagne la carenza è strutturale ed è aggravata dai recenti tagli alla sanità e in particolare al Fondo per la non auto-sufficienza, che grava in particolar modo su anziani e pensionati.
Per questo non si può più perdere tempo: c’è l’esigenza di lavorare a una riqualificazione di queste aree, prendendo le misure locali di intervento per le non autosufficienze, nonché tutte le provvidenze economiche agli indigenti, eliminando incongruenze e abusi e, contemporaneamente, offrendo un sostegno vero e efficace a chi è in reale stato di bisogno”.