La decisione di far pagare ai contribuenti il 50% dell’aumento delle aliquote IMU sulle prime case decise dai Comuni nel 2013, porterebbe una mini stangata di 42 euro medi per i residenti nei Comuni che quest’anno hanno deciso aumenti di aliquote. Lo sostiene il Centro Studi Uil Basilicata riferendo che sinora (c’è tempo ancora fino al 9 Dicembre per definire le aliquote del 2013) l’elenco provvisorio dei Comuni lucani dove si pagherà la cosiddetta mini-Imu (26 in totale) si compone di quattro del Materano (Cirigliano, Craco, Policoro, Tursi, con aliquote tra il 5 e il 5,50) e 22 della provincia di Potenza (Potenza, Banzi, Baragiano, Bella, Castelgrande, Castelluccio Inf. , Francavilla, Genzano, Lagonegro, Lauria, Lavello, Maratea, Maschito, Montemilone, Oppido, Pescopagano, Picerno, Pietragalla, Ruoti, San Fele, Teana, Venosa, con aliquote tra il 4,50 e il 6).
L’IMU – secondo il Centro Studi Uil nel RAPPORTO SULLA FISCALITA’ LOCALE – in Basilicata lo scorso anno ha prodotto un gettito di 116,7 milioni di euro, con in media 131 euro sulla prima casa e 190 euro per altri immobili; il gettito in valori assoluti ammonta a 65,8 milioni di euro di competenza dei Comuni Lucani (14,9 milioni di euro per la prima casa e 50,9 milioni di euro per gli altri immobili), mentre 50,8 milioni di euro sono di competenza dello Stato centrale. I versamenti per quanto riguarda l’IMU sulla prima casa sono stati 113.687; mentre per gli altri immobili sono stati 535.817. L’aliquota media applicata per le prime case in Basilicata ammonta al 4,14 per mille (più 3,5% rispetto all’aliquota base), più bassa della media nazionale (4,23 per mille). Mentre per gli altri immobili l’aliquota media applicata è dell’8,21 per mille ( più 8% in più sull’aliquota base), più bassa della media nazionale (8,78 per mille).
Nel 2012 sono stati 24 i Comuni che hanno aumentato l’aliquota dell’IMU sulla prima casa (il 18,4% del totale); 100 Comuni hanno mantenuto l’aliquota di base del 4 per mille (76,3% del totale), mentre soltanto 7 Comuni hanno diminuito l’aliquota (il 5,3% del totale).
Per quanto riguarda gli altri immobili sono 44 i Comuni che hanno aumentato l’aliquota (il 33,6% del totale); 85 Comuni hanno mantenuto l’aliquota di base del 7,6 per mille (64,9% del totale), mentre soltanto 2 Comuni hanno diminuito l’aliquota (il 1,5% del totale).
Peculiarità è che soltanto 4 Comuni hanno previsto un’aliquota differenziata per gli immobili affittati con canone concordato rispetto alle seconde case, mentre la stragrande maggioranza dei Comuni ha applicato la stessa aliquota.
Noi- spiega il segretario UIL Carmine Vaccaro – insistiamo con il rivedere l’IMU nell’ambito della revisione complessiva del federalismo fiscale: a tal fine sarebbe opportuno riunire in un’unica imposta l’Imu e la TARES con l’eliminazione dell’Addizionale Comunale IRPEF. E’ questo un modo per iniziare a diminuire le tasse sul lavoro. Non si sottovaluti che tra saldo IMU e Tares e acconto IUC, tra il 16 Dicembre e il 16 Gennaio, si profila un vero ingorgo fiscale per le tasse sulla casa. Questo incrocio fiscale, insieme agli aumenti delle Addizionali IRPEF, rischia di contrarre ancora di più i consumi interni e quindi la ripresa economica ed occupazionale.
Sul fisco locale, continua il segretario UIL, servono certezze, perché con cambi di nome, di regole di scadenze, oltre che ad aumentare il peso fiscale si disorientano i contribuenti, partendo dal peso dell’IMU e delle Addizionali Comunali IRPEF che in Basilicata (246mila contribuenti) è pari al 13,1% sul totale del gettito dell’IRPEF nazionale. E’ un dato significativo che riporta d’attualità il tema del federalismo fiscale e della rilevanza che ha a livello locale la partita per un fisco più equo. Oggi il territorio ha la facoltà concreta di attuare le misure coerenti con l’obiettivo di far pagare di più chi ha di più, attraverso un mix di interventi sulle imposte, sull’intensificazione della lotta all’irregolarità fiscale e lavorativa, con la riqualificazione della spesa pubblica degli Enti Locali. Come Uil riteniamo che il Governo debba far pagare di più chi ha più disponibilità, iniziando con il tassare quel 10% di persone che detengono il 60% della ricchezza del Paese. Inoltre, anziché agire “tout court” sulle imposte delle prime case si potrebbe, al contrario, far leva sulla rivalutazione e sulla riclassificazione delle rendite catastali, ferme agli anni ‘60, adeguandole ai valori del mercato immobiliare. Si potrebbero recuperare in questo modo ingenti risorse senza dover tassare chi, con anni di sacrifici, ha potuto acquistare la casa dove vive. È del tutto evidente – conclude Vaccaro – che un ragionamento su questo tipo di imposte non può essere affrontato senza un ragionamento complessivo sulla questione fiscale nel nostro Paese. Per questo la nostra mobilitazione avviata da settimane per cambiare la Legge di Stabilità non finirà fino a quando non avremo ottenuto una consistente riduzione delle tasse a carico dei lavoratori dipendenti, pensionati e famiglie monoreddito”.