Maria Grazia Trivigno legge “Dentro”, la plaquette poetica di Luciano Nota edita da LucaniArt onlus .
‘Dentro perché, con raffinata ironia, l’Io viene vivisezionato, e il primo taglio non può essere che all’altezza del cuore, lì dove è radicato il dolore e trova dimora un mondo magico. Per liberare il fanciullino bisogna agire di bisturi, affondare nella piaga, e la musica che ne sprigiona è Mozart’. Abele Longo nella Prefazione
Apro il mio petto
come una piaga.
Girano grilli, girini
e allegri di Mozart.
*
È questo nostro andare
menti ocra e mani rosa
sbozzati da intonaci fluenti
in mezzo litro di ginocchi.
Notti dopo notti
vedremo crescere le coppe
daremo acqua ai Dioscuri.
Ma se il tatto e le parole
i fatti e le correnti
ci vedranno ancora incerti
cercheremo nel non detto
nel non fatto
il getto intero.
*
Assomiglio più a te
e che questo sia vero
lo dice la tua presenza
sulla tavola da pranzo
dove al posto del piatto
tu ci posi una parola.
Che questa non sia piena
francamente poco importa.
I miei palazzi sono alti
le tue vetrate sempre scure.
Coraggio quindi
mettiamoci le scarpe
e andiamo.
Ti chiedo solo questo:
non seguirmi come al solito
non metterti più a nudo
(è facile pensare che tu sia la mia coscienza).
E ti raccomando
Non svanirmi al primo sciopero del sole.
Siamo entrambi verità
la brevità di chi ha parvenza.
*
Mi giro. Dietro di me
una vasca per pesci
una panca.
Sposto con grazia
l’esile foglia
che sa di carpello.
Da un campetto adiacente
una figura s’accosta
mi tende la mano
si stende.
Abbozza l’amplesso
con un rametto.
*
Oggi è così:
la cervice del giorno
dentro lo sterno
è un vivo colare di sfondi
ove tutto si schianta
al meglio
senza brusio.
Tra un po’ mi farai cenni
mi darai il meglio del nervo.
Sono già dentro.
Ti aspetto!
*
Il tuo contorno così modesto
identico al mio
rigato e sottomesso.
Mani rigonfie
di quelle che ricordano grinfie
aggrappate ai palchetti.
Persiane issate
in qualche spigolo del mondo.
Assettarsi il viso
sbattere il cuscino
sistemare il ventre.
Poi aprirsi al niente
Impigliato alle finestre.
Il verso di Luciano Nota è schiocco sordo nella mente. È giostra delle cose che si rimandano le une alle altre, come in una vertigine surreale dell’intuito. Apro il mio petto/ come una piaga. / Girano grilli, girini/ e allegri di Mozart. E di nuovo, Mi giro. Dietro di me/una vasca per pesci/ una panca.
La sua lirica è musicale arte dell’allusione: allusione alla pulsione vitale che anima segretamente ogni molecola d’essere, è sessualità frammista a onirismo, è ragionamento sobrio ed ebbro insieme, lucido in quanto ebbro. È offerta di un cammino o progetto condiviso, offerta a chi? A Dio, all’amato, all’amico? Siamo entrambi verità, la brevità di chi ha parvenza. Va ben oltre l’onirismo, è decantazione della fuga chiamata esistere.
La sua lirica trasfigura le sagome, accarezza i contorni con il dito e con il pensiero. Mai nessuna parola per caso. Spigolo, non angolo, perché l’angolo accoglie, invece nella abitudinarietà di quei gesti casuali c’è qualcosa che stride. Quando si spalancano le finestre sul mattino è un salto nell’abisso, ci si apre al niente, Dio mio, al niente impigliato alle finestre; a pronunciare nella testa quel verso la bellezza trema nelle parole.
Luciano Nota assegna colori ai sensi, menti ocra e mani rosa, è la sinestesia, è il simbolismo del tatto incarnato in una mano, è, in tutta la sua potenza, la fisicità del cedimento (in mezzo litro di ginocchi). Tutto si tinge, è un vivo colare di sfondi, o come si legge altrove in Dentro, Spande vernice ogni mossa felice, ogni cosa.
Luciano Nota vive nelle sue parole, delle sue parole, e delle parole di chi lo emoziona, perché ha l’animo generoso di chi ama. Assomiglio più a te/ e che questo sia vero/ lo dice la tua presenza/ sulla tavola da pranzo/ dove al posto del piatto/ tu ci posi una parola.
Zio Luciano, per Natale mi regali una tua raccolta di tue poesie? Sono bellissime.
“Ma se il tatto e le parole/i fatti e le correnti/ci vedranno ancora incerti/cercheremo nel non detto/nel non fatto/il getto intero.”
Emozionante.