Il politologo materano Francesco Vespe ha inviato una nota alla nostra redazione che contiene alcune riflessioni sull’Euro. Di seguito il testo integrale.
Questa estate, in verità trascorsa politicamente in modo alquanto turbolento, sotto l’ombrellone, mi portavo il voluminoso tomo dall’economista Bagnai: “Il tramonto dell’EURO” scritto per confutare le tesi degli Europeisti a-critici celebranti del mito dell’EURO. L’avevo ascoltato durante una conferenza organizzata a Matera. Una conferenza in verità molto stimolante che aveva fornito dati quantitativi che, in qualche maniera, corroboravano le mie intuizioni e congetture pubblicate una decina di mesi addietro, fra l’altro contestate dagli europeisti “conformisti” bocconiani (proprio così …una loro organizzazione si prese la briga di rispondere a quel mio articolo rudimentale! ). La mia congettura riguardava il fatto che al marco si era avvicendato l’Euro concepito in siffatto modo da calamitare investimenti nell’area germanica al fine di promuoverne e finanziare la definitiva ri-unificazione. In risposta ai Bocconiani che criticarono aspramente quell’articolo, risposi con un grafico molto eloquente dell’andamento del PIL prima e dopo l’unificazione monetaria dell’EURO, fonte banca mondiale, dove si ha modo di constatare plasticamente come l’economia tedesca in recessione nell’ultima parte degli anni 90, improvvisamente con l’EURO riparte a scheggia. Bagnai ha ulteriormente appesantito questo mio EURO scetticismo, dimostrando con i suoi numeri ed i suoi grafici che il surplus finanziario della Germania è stato ottenuto sulla pelle dei paesi del Mediterraneo: Italia, Spagna, Portogallo e Grecia+Irlanda. Nel suo libro ha dimostrato al contrario che il surplus germanico svanisce quando la sua economia viene confrontata con le economie mondiali più potenti come quella americana, o emergenti, come quella Cina, rispetto alle quali ha un saldo debitorio (altro che locomotiva!). Dal canto loro, dice Bagnai, l’EURO ha ingessato i paesi mediterranei costringendoli ad avere una valuta troppo “forte” e non poter giocare così, sui provvedimenti svalutativi della propria moneta nazionale. Dimostra in modo esteso che non c’è nulla di turpe che economie in difficoltà giocano sulla leva svalutativa al fine di ri-equilibrare il bilancio con i paesi in surplus. Anzi essa, non solo non deve essere considerata una pratica cialtronesca e furba dei paesi “deboli”, ma parte integrante della fisiologia sana dei rapporti economici fra paesi. Il risultato netto è stato che questi paesi, per mantenere il livello di vita fino ad allora raggiunto, si sono visti costretti a ricorrere al debito privato, perché privati della leva della svalutazione competitiva. Lo dimostra in modo incontrovertibile il fatto che proprio questi paesi maggiormente indebitati sono quelli che hanno patito più di tutti la recessione che ha smesso ormai da un po’ di essere mondiale per diventare Mediterranea e irlandese.
Confuta Bagnai la mitologia ed il pregiudizio che vuole la nostra economia ed il nostro paese indietro perché non si sono fatte le riforme necessarie invece fatte altrove ed in Germania. Niente di più falso! Fa l’esempio del mondo del lavoro e delle pensioni dove le riforme nel nostro paese sono state fatte –eccome!- a partire dai tempi della legge Treu per giungere alla riforma Biagi. Per non parlare poi per le pensioni culminate con i famigerati editti Fornero che ci faranno andare in pensione solo se si supererà l’età di Matusalemme! Con altri grafici sbugiarda questa balla mitologica di un Italia che non ha fatto riforme dimostrando che il mondo del lavoro in Italia è in linea, se non addirittura maggiormente ridimensionata nei costi, rispetto ad altre realtà virtuose europee. Riforme che hanno fatto comodo all’Europa (si chiamano vincoli di stabilità) ed hanno fatto comodo alle grandi imprese per ridurre ulteriormente il costo del lavoro. Quindi sostanzialmente Bagnai alla fine cerca di convincere il lettore che conviene, rispetto all’Europa, staccare la spina e riappropriarci delle politiche monetarie per evitare la catastrofe. Fino a qui gli argomenti di Bagnai sembrano inoppugnabili e ci inducono a meditare seriamente sulla convenienza a rimanere sotto il giogo dell’Euro. Tuttavia quando venne a Matera non mi convinsero le risposte che lui diede alle mie domande. La prima riguardava il ruolo che la ricerca e l’innovazione tecnologica potesse avere nelle dinamiche di crescita del nostro paese e per farci uscire dalla crisi. La II riguarda il nostro sciocco atteggiamento di far finta che dentro l’armadio non ci sia l’elefante: la Cina!
Al I argomento la sua risposta fu secca. Ricerca ed Innovazione Tecnologica a breve e medio termine non possono avere alcuna funzione per risollevarci dalla crisi. La II risposta fu invece sconcertante nel suo conformismo affermando che il libero scambio con questi paesi emergenti alla fine avvantaggiava obiettivamente il nostro export. Sarebbe stato opportuno che si fosse informato sui maglifici distribuiti in tutta Italia che, nel giro di una notte, alcuni anni or sono, furono costretti a chiudere perché spazzati via a causa del libero scambio con questi paesi mandando a casa un centinaio di migliaia di lavoratori. Da qui a poco ci saranno le elezioni europee e chi scrive ha intenzione di contribuire con propri rudimentali pensieri al dibattito sulla nostra permanenza nel continente!
Francesco Vespe