Con l’Epifania si chiudono le festività natalizie e su SassiLive celebriamo questa ricorrenza con il presepe allestito nella Chiesa di San Luigi di Montfort, all’interno della parrocchia di Sant’Agnese a Matera. Un presepe realizzato nel 2000 e che nel corso degli anni si arricchisce di nuove scene ispirate al messaggio bibblico.
Il presepe, voluto da padre Basilio Gavazzeni, è stato ideato e realizzato a Gino Annunziata e da sua moglie Rosetta. Hanno collaborato Marcello Annunziata, Bruno Lasala, Sofia Vakalis, Vitaliano de Judicibus e Giuliano Locatelli. I pastori sono stati realizzati da Ciro Abilitato di Torre del Greco.
Una targhetta d’argento, incisa dall’orafo materano Luigi Sabino, ricorda data e autori di questo piccolo capolavoro.
La porta scorrevole, in legno dogato, è adorna di un tondo in ceramica di Giuseppe Mitarotonda che raffigura il brulichio dell’umanità diversamente disposta all’annuncio natalizio.
Nella balaustra di legno, a freno dei visitatori, è incastonata una ceramica triangolare, dello stesso Mitarotonda, con pastore, cane e un cardo volti allo stellato percorso della cometa.
Il presepe della Chiesa di San Luigi di Montfort nella parrocchia di Sant’Agnese a Matera è stato realizzato nel corso dell’anno giubilare 2000 e inaugurato nel dicembre dello stesso anno, all’inizio della novena di Natale.
La sua struttura è stata realizzata con legno e compensato, e rivestita di sughero modellato, stuccato e dipinto.
Il presepe, ricco di elementi simbolici, raffigura uno scorcio di pura fantasia del tipico ambiente materano, tuttavia con precisi riferimenti a particolari dell’abitare e del vivere, di costumi e di mestieri, nella città di Matera, in un tempo ormai lontano.
La visione panoramica mostra due costoni di viva roccia, separati da una profonda spaccatura che può far pensare a una sorta di grabiglione per lo scolo delle acque, con le aperture di ambienti diversi per uso e caratteristiche.
Riportiamo di seguito le principali caratteristiche di un presepe che viene puntualmente arricchito anno dopo anno da Gino L’Annunziata.
Lo scoglio
Nell’iconografia napoletana s’intende per scoglio l’ambiente della Natività.
Quasi al centro della scena, la Natività è collocata in una grande grotta che, sia per la forma dell’ingresso, sia per la rozza modanatura dell’abside alla greca, fa pensare ad una chiesa rupestre utilizzata da pastori come ricovero diurno per gli ovini, per la mungitura e la prima preparazione dei prodotti caseari.
Solamente agli umili pastori è concesso di adorare il bambino, con semplice e composta meraviglia.
Al disotto della grotta grande, di suso, ve n’è una piccola, di juso, riparata e buia, per il ricovero notturno e le bestie partorienti.
L’ingresso, che ripete quello di una chiesa rupestre in contrada San Francesco, è volutamente murato perché il passaggio degli animali e del pastore deve avvenire attraverso la rustica e precaria porticella fatta con rami naturali. Nel quarto Vangelo (Gv 10,7) Gesù afferma di essere la “porta… delle pecore”, la più povera e umile: attraverso quella si deve passare.
Sulla colonna rocciosa, che delimita la grotta sulla destra, è ben in evidenza un agnellino sgozzato appeso a un gancio: evoca la futura immolazione dell’Agnello di Dio. Invece appollaiato sulla finestra della morta murata, un leggiadro pavone, simbolo di eternità, ci ricorda che Cristo ha sconfitto la morte.
In basso, davanti all’ingresso della grotta buia, è incatenato il diavolo, membruto e irsuto, con la serpentesca coda, contorto nel suo malefico livore.
La figura del diavolo era quasi sempre presente nel presepe napoletano; veniva posto, al momento della nascita, incatenato sotto la Natività.
Il Casale
Ai lati della grotta la vita si anima come in un vecchio Casale, sorto intorno all’ex chiesa rupestre, prima della espansione dei Sassi in borghi cittadini.
Vi sono grotte-case, case palazziate e ambienti di lavoro.
Il forno e la cantina, indispensabili per il vivere quotidiano, tipici luoghi di incontro e relazione della vita dei Sassi, ci ricordano il pane e il vino, dal valore simbolico universale che non richiede spiegazioni.
Il forno raffigura un vero forno del Sasso Caveoso, ora in rovina, con tutto ciò che serve per infornare e sfornare l’ottimo pane di Matera che aspetta solo di essere recato a domicilio. I timbri da pane, sculture mirabili dell’arte dei pastori, giacciono in voluto disordine sul balcone, dove le focacce attendono di essere infornate.
La cantina riproduce una delle tante che erano diffuse in entrambi i Sassi. Il pavimento è posto subito all’ingresso, i tini e le botti sul fondo. Un tavolino, detto capretta, con gli sgabelli, è pronto per ospitare gli amici ad una frugale cena col vino buono.
Il casaro presenta, in bella vista, un assortimento di provole, provoloni, caciocavalli, ricotte e formaggi pecorini, ancora a stagionare.
All’interno, le case dei contadini mostrano le umili suppellettili di uso quotidiano; la cassapanca, la piattaia con i lucidi rami, il lavabo, il lettone dalla testata decorata, sul quale dondola la naca sospesa, una teoria di salumi e carne salata. Sulle facciate fanno decoro le collane di pomodori, peperoni, aglio e cipolle.
Le colombaie sono altri elementi che possono essere letti in chiave simbolica.
Volgendo lo sguardo verso sinistra notiamo la parte più vecchia, in rupe naturale, di questo ambiente. Nel vicinato contadino, la grotta tinteggiata di calce e scavata al suo interno rappresenta il primo ricovero dell’uomo: la grotta-casa.
In alto, quasi sul bordo del costone, è già architettura la casa con la facciata costruita con gli stessi blocchi di tufo ricavati dall’interno: la casa-grotta.
Verso destra la tipologia costruttiva cambia inavvertitamente, come lentamente è avvenuto nel corso dei secoli. Il vicinato è più elaborato per il volteggiare di archi rampanti ch sostengono le scalinate e le case palazziate. Queste s’impongono anche con il colore, contrastante col grigio della roccia, ingentilite da leggeri balconcini quasi alla romana.
Ancora più su, la serie di case del tipico profilo seghettato fa da quinta alla città che si espande verso l’alto.
Dappertutto scalinate e stradine, che fanno da tetto alle abitazioni sottostanti. Da queste spuntano i caratteristici fumaioli dei Sassi.
La Civita
Severa e imponente, sovrasta questo popoloso e idilliaco ambiente la Civita. E’ la città murata, con le torri del Castelvecchio a controllare le due porte di accesso, di juso e di suso. Interpretazione dell’immagine di Matera fatta affrescare nel 1709 dall’Arcivescovo Monsignor Brancaccio nel Salone degli Stemmi dell’Episcopio materano, che presenta immagini abbastanza reali dei paesi della Diocesi Arcivescovile di Matera e Acerenza.
La Civita è il nucleo originario della città. Ai suoi piedi si svilupperanno lentamente nel corso dei secoli i due borghi pietrosi detti, per l’appunto Sassi Caveoso e Barisano.
I Pastori
Nella iconografia napoletana si chiamano pastori tutte le figure del presepe. I pastori nel nostro presepe sono riproduzioni reali dei pastori del fastoso Settecento napoletano.
Se li guardate bene, essi dialogano tra di loro. La moglie del contadino, che sta tornando dalla campagna, gli corre incontro per dirgli che qualcosa di insolito è accaduto; il dialogo del gruppetto davanti al casaro è concitato; il fornaio sgrida il ragazzo incuriosito sulla porta del forno, incuriosito dal passare dei musicanti di Viggiano; la donna anziana intenta a preparare delle orecchiette nel vicinato di destra, si è alzata per vedere che cosa succede; il vinaio si affaccia sulla soglia della cantina interpellato da una giovane donna.
In primo piano uno sconcertato Melchiorre si chiede da che parte si entri nella grotta per adorare il Bambino, mentre Gaspare e Baldassarre sono distratti da un rustico cane e un impettito tacchino.
Al seguito, quasi in corteo, la donna di Samaria con il pappagallo e quella di Georgia con due fieri levrieri in elegante distacco, incuranti della grassa oca e della selvatica scrofa. Le pecore e il pastore con l’agnello sulle spalle contendono il passaggio di esotici Signori.
In alto piccoli cortei di personaggi sono richiamati verso il basso e in parte incantati dalla trionfante cascata degli angeli glorificanti che incorniciano l’Eterno Padre, benedicente tra le nuvole e la bianca colomba dello Spirito Santo proiettata in basso verso il figlio.
Ancora più in basso sul lato del costone, in una edicola, la giovane Maria con le sue mani alzate ci conferma il suo “Eccomi”, al progetto di Dio.
Tante altre cose è possibile scoprire nel nostro presepio. Attenzione, però, a non perdere di vista lo scoglio del sacro mistero dell’Incarnazione di Cristo, perché tutto il resto è solamente contorno.