Vito Petrocelli, Portavoce del Movimento 5 Stelle al Senato della Repubblica riapre il dibattito sulla centrale termodinamica che la Tekonosolar Italia vuol realizzare a Banzi. Di seguito la nota integrale.
Teknosolar: la centrale che non sarebbe piaciuta alla moglie di Cesare
La centrale termodinamica che la Tekonosolar Italia vuol realizzare a Banzi, in Basilicata, non va fatta. È una centrale a gas di 15 mw di potenza (sarebbe la quarta nuova centrale a metano ipotizzata in Basilicata, per un totale di 1235 mw), con l’aggiunta di 8640 specchi parabolici che integreranno la produzione fossile con l’energia rinnovabile da termodinamico solare, per altre 50 mw di potenza. Occuperà circa 225 ettari di terreno agricolo e consumerà 16 litri al secondo di acqua pubblica, per un totale di circa 500 mila metri cubi all’anno.
La centrale della Teknosolar, multinazionale ispano/lucana (ha sede legale a Matera, ma è di proprietà di un miliardario spagnolo), produrrà energia in Basilicata e la trasporterà altrove con i tralicci, per una classica gestione verticistica, utilitaristica e lucrosa dell’energia elettrica.
È il solito affare per pochi e inquinamento per molti, attorno al quale è già partita la propaganda dell’inganno dell’occupazione. Miraggio che va subito sfatato in quanto queste megastrutture, che si nutrono di investimenti megagalattici e di complicità politiche nazionali e locali, partoriscono livelli occupazionali da piccola azienda, in genere non superiore alle poche decine di unità. Con la certezza, come accade per il Cova di Viggiano e per le concessioni minerarie, che ai locali vanno solo ruoli da netturbini e guardiani della struttura, sottopagati nonostante l’esposizione ai rischi di maggior contatto inquinante, mentre i posti più ambiti, più sicuri e più remunerati, vanno a tecnici specializzati. In genere nemmeno italiani.
Quello occupazionale non è il solo miraggio propagandistico di questa storia tipicamente italiana: gli specchi parabolici abbinati a questa centrale a gas hanno la funzione di dare uno status di eco-sostenibiltà all’impianto, mentre nella realtà è speculazione energetica e affaristica e non certo green economy.
L’energia è realmente rinnovabile non solo quando è prodotta con le forze della natura, ma anche quando è totalmente free-fossile, quando produce ricchezza reale, quando è distribuita in una rete di contatti locali e, soprattutto, quando rende imprese e persone energeticamente autosufficienti. Mentre questi mega-impianti energetici trattano l’energia come un qualsiasi altro bene commerciale, sfruttando però un regime di cartello, strafregandosene degli impatti ambientali, del valore sociale dell’energia e della sudditanza energetica che impongo, anche tramite leggi ad hoc e complicità amministrative, ai territori, agli enti, alle strutture e alle famiglie.
Al solito, registriamo i ritardi dei politici del partito unico lucano, ri-eletti nonostante abbiano penalmente abusato del bene pubblico chiamati ad amministrare, e registriamo dubbi per connivenze strane, vista la tempestiva e sospetta revoca dei 69 milioni di euro del Cipe proprio per lo schema idrico dell’area dell’Alto Bradano, la zona della centrale ispano/materana.
Affare energetico che non è ancora partito, ma che ha già un conflitto di interesse megagalattico quanto la centrale: l’amministratore della sede italiana della Teknosolar è il coniuge del capo della Procura della Città dei Sassi, Celestina Gravina. Si chiama Giovanni Fragasso ed è evidente che nulla sa della vita della moglie di Cesare.
Vito Petrocelli, Portavoce del Movimento 5 Stelle al Senato della Repubblica