“Da tempo effettuiamo una campagna di monitoraggio sui prezzi dell’olio di oliva praticati dalla distribuzione organizzata italiana. Denunceremo alle competenti autorità nazionali ed europee ogni abuso. Faremo di tutto per far rispettare le disposizioni e per migliorare il funzionamento della catena alimentare. Per non compromettere il futuro dei produttori olivicoli italiani si deve promuovere una maggiore equità dentro la filiera. E’ tempo di trasparenza e di chiarezza”. A sostenerlo è il Consorzio nazionale degli olivicoltori (CNO), a cui aderisce l’Oprol (Organizzazione Produttori Olivicoltor Lucani)-Cia.
“Il problema – commenta Paolo Carbone, Ufficio Economico Cia – non è nuovo: le cosiddette offerte promozionali di vendita in alcuni supermercati ed ipermercati della regione quotano l’olio extravergine d’oliva anche a soli 2,5 euro il litro mentre per produrre un kg di vero olio extra vergine costerebbe – senza tener conto dei costi aggiuntivi di confezionamento, marketing ed altro – 3,53 euro in Puglia e Basilicata, 3,64 in Calabria, e 5,8 nel Centro-Nord. Gli olivicoltori della Cia ribadiscono pertanto l’importanza di una lotta efficace alla contraffazione del prodotto, alle pratiche scorrette che immettono sul mercato prodotto commercializzato come extra vergine italiano e che, spesso, non è italiano ne extravergine, creando forti danni a tutti gli olivicoltori e disaffezione nei consumatori. Ma è anche necessario una incisiva azione per la semplificazione amministrativa e per la riduzione del carico fiscale e dei costi di produzione, che riducono la nostra competitività sul mercato globale.
L’olivicoltura – aggiunge Carbone – è un settore strategico per la nostra agricoltura, simbolo della dieta mediterranea, componente fondamentale del ‘made in Italy’ e di tanti paesaggi agrari. In particolare, ha spiegato il dirigente della Cia, “è importante programmare e gestire bene i programmi previsti nel nuovo Regolamento unico per finanziare l’aggregazione, l’innovazione, l’internazionalizzazione. E’ importante che sia stata superata la figura generica ‘dell’operatore’ e che si parli di Op e Oi. I soggetti fondamentali per l’aggregazione sono le Op e noi dobbiamo andare in questa direzione anche adeguando finalmente la normativa italiana”.
Per l’OPROL “le catene della grande distribuzione che ricercano in modo esasperato il basso prezzo rompono il più elementare degli equilibri che deve valere tra produzione agricola, trasformazione industriale e commercio. In più, così facendo, esse rinunciano a garantire la qualità al consumatore. Le norme sulla tracciabilità e l’intenso lavoro delle forze dell’ordine hanno portato un grande contributo verso la legalità del comparto olivicolo non solo nazionale. Ma questo non basta. Una cosa è certa: noi conosciamo il valore di un olio extravergine italiano di qualità. Dobbiamo solo augurarci che altrettanto lo sappiano riconoscere i confezionatori e la distribuzione”.