Particolare attenzione è stata data alla Organizzazione comune di mercato (Ocm) tesa a favorire un maggiore orientamento in un contesto crescente di competizione globale
I contenuti della nuova Politica agricola comunitaria (Pac) 2014-2020 sono stati illustrati nel corso di un seminario, presso la sede della Regione Basilicata a Potenza, rivolto ai dipendenti del Dipartimento Agricoltura.
In apertura del seminario l’assessore regionale all’Agricoltura, Michele Ottati, ha spiegato che l’incontro è soltanto il primo di un ciclo formativo teso a perfezionare la conoscenza e le informazioni di funzionari e tecnici regionali sulle nuove direttive europee.
La tematica trattata ha riguardato il Primo pilastro della Pac.
L’assessore ha anzitutto inquadrato il contesto della Riforma Pac, discussa e approvata in un periodo difficile per l’Europa stretta nella crisi economica, tra le nuove sfide della globalizzazione che riguardano l’agricoltura europea e i problemi relativi alla volatilità dei prezzi, “ma la Pac – ha detto Ottati- è anche interessata alle tematiche sui mutamenti climatici, alla sicurezza alimentare e alla necessità di produrre qualità attraverso l’innovazione”.
“Il quadro finanziario – ha spiegato l’esponente della Giunta lucana- prevede un finanziamento pluriennale, che ammonta per i 28 Paesi, a 265 miliardi per il Primo pilastro, di questi all’Italia spettano 3,5 miliardi per ogni anno . Nel Primo pilastro in termini generali sono contenuti gli Aiuti diretti e le Misure di mercato ma per applicarlo occorrono i regolamenti di attuazione per ogni Stato membro, da notificare alla Commissione europea entro il prossimo primo agosto. Da chiarire, infatti, vi sono molti punti tra i quali: le definizioni di attività agricola, quella di agricoltore attivo, la flessibilità fra il Primo e il Secondo pilastro, il pagamento per le aree svantaggiate, le regole generali sul Greening, sul potenziamento delle imprese giovanili, sulla regionalizzazione , l’assegnazione dei titoli, i requisiti minimi per i finanziamenti, i pagamenti e il sostegno accoppiato e la cosiddetta convergenza interna”.
Particolare attenzione nell’incontro è stata data alla Organizzazione comune di mercato (Ocm) tesa a favorire un maggiore orientamento in un contesto crescente di competizione globale. Ma l’Ocm attiene anche alla realizzazione di una rete di sicurezza per gli agricoltori europei che operano in presenza delle grandi incertezze nei mercati internazionali. Inoltre i punti nodali – è stato detto- cui la Basilicata è molto interessata anche per via dell’ortofrutta del Metapontino e dei comparti Olivicolo-oleario e vitivinicolo, riguardano il ruolo delle Organizzazioni di produttori e delle Organizzazioni interprofessionali, oltreché la razionalizzazione e l’estensione degli strumenti di intervento pubblico e gli aiuti allo stoccaggio privato. L’Ocm punta anche alla creazione di un fondo di riserva per le crisi, alla ridefinizione del sistema produttivo del comparto vitivinicolo, al superamento dei vincoli quantitativi sulle quote latte e zucchero, alla conferma del potenziamento dei programmi di promozione della frutta nelle scuole. In chiusura del seminario è stato sottolineato che in attesa dell’entrata in vigore della Riforma, per il prossimo anno, è stato necessario approvare un regolamento transitorio in particolare per prorogare la continuità dei pagamenti diretti relativi alle misure del regolamento 73/2009. Venerdì 7 febbraio è previsto il secondo incontro: il tema riguarderà lo Sviluppo rurale, argomento particolarmente importante per le aree interne della Basilicata.
Fima: il governo non finga di aumentare la competitività per il settore agricolo.
“Se il collegato agricoltura alla Legge di Stabilità intende adottare misure che aumentino la competitività e riducano la burocrazia, allora è benvenuto, ma a condizione di partire da monte e non da valle. La questione agricola è strategica per l’Italia e deve entrare a far parte dell’ agenda del Governo, senza finzioni”. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, coordinatore della Fima, federazione italiana movimenti agricoli, in una nota diramata.
“Se queste misure – prosegue la Fima – non impattano, a monte, cioè sul reddito degli agricoltori, non hanno alcuna utilità pratica, servono cioè a vivacchiare ma non a lenire le sofferenze del mondo agricolo, né ad aumentare la sua competitività per rilanciare l’ economia complessiva. Se invece diventano un paravento, a valle, per fornire nuovi servizi e risorse alle organizzazioni professionali, all’ agroindustria o a qualche commerciante, che vuole aprire qualche supermercato all’ estero con i risparmi derivanti dal riordino degli enti vigilati, allora – aggiunge la Fima – non si va da nessuna parte”.
Il Governo – rileva la Fima – deve dire se ha intenzione di dare voce ai ceti medi e un senso a quella rappresentanza che è il cuore di una democrazia o se intende liberarsi del ceto medio italiano e allargare la forbice della povertà, in una deriva pericolosa per la tenuta sociale del Paese.
Secondo la Fima, le linee di indirizzo politico da seguire per una vera competitività, che a partire dal mondo agricolo inneschi un processo virtuoso per il rilancio del Paese, sono molto chiare.
Sulla competitività, gli interventi previsti su vari fronti sono parziali (ricambio generazionale, imprenditoria giovanile, innovazione tecnologica, filiera corta, sostegno al settore del riso e trasformazione del pomodoro), non incidono in maniera strutturale sul reddito degli agricoltori, nè sull’ accesso al credito. In particolare per il sostegno al reddito degli agricoltori, il collegato rimanda al recepimento degli strumenti previsti dalla Politica agricola comune 2014-2020 quali i fondi di mutualità e lo strumento per la stabilizzazione dei redditi. “Ma la Pac o i fondi europei di adeguamento alla globalizzazione – fa notare la Fima – hanno già fallito nei loro intenti, oggi la competitività aumenta se aumentano i ricavi o se si riducono i costi”.
Ora, pensare che i redditi possano crescere attraverso gli aiuti europei, che invece diminuiscono da anni per incapacità dei nostri rappresentanti di difendere le posizioni dell’ Italia in ambito Ue, o che possano aumentare attraverso gli strumenti assicurativi per la gestione dei rischi, è pia illusione; lo dimostra il fatto di non aver saputo assicurare all’ Italia agricola le risorse del fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che pure erano disponibili a Bruxelles, o di aver preferito destinare i fondi dei siti natura 2000 alle associazioni ambientaliste, invece che ai naturali destinatari, gli agricoltori, per i vincoli posti, i servizi svolti e i deprezzamenti subiti.
Il collegato, pertanto, deve dire con chiarezza come intende procedere sul terreno della regolazione dei mercati, dei meccanismi di formazione dei prezzi all’ origine e della redistribuzione del valore aggiunto lungo tutta la filiera. “Questa è la madre di tutte le battaglie – sottolinea la nota della Fima – come dimostrano, da un lato, il segno negativo dell’ andamento del reddito agricolo dell’ Italia, rispetto a quello positivo del resto d’ Europa; dall’ altro, gli esperimenti già in corso su due filiere, in cui purtroppo il governo non è ancora riuscito a spuntare gli artigli ad una speculazione galoppante, che si oppone a introdurre meccanismi trasparenti e neutrali, con la complicità proprio di quelle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, che invece di difendere i produttori di base preferiscono mantenere in vita strumenti desueti e opachi, come le borse merci locali”.
Il primo dovere di un collegato – rileva – che voglia imprimere velocità su questi temi è quello di inasprire i controlli sulle violazioni delle regole di corretto funzionamento del mercato per contrastare efficacemente le dinamiche distorsive, i cartelli, gli abusi e le frodi. Come fece coraggiosamente Roosevelt dopo la crisi del 29 negli Stati Uniti.
In Italia – prosegue la nota – la competitività del settore agricolo è crollata, non solo per l’ inflazione da costi, ma anche perché il liberismo sfrenato ha dimostrato di non funzionare e di aiutare a crescere solo i monopoli. Negli altri paesi occidentali esiste il marketing board e il marketing trade. Lo Stato cioè interviene a calmierare sia i prezzi all’ origine che quelli all’ ingrosso. Così si impedisce che i prezzi di vendita degli agricoltori siano inferiori ai costi di produzione. “Questo è il fulcro vitale della mancanza di reddito agricolo che da venti anni è irrisolto”, aggiunge il coordinatore. L’ Italia pur avendo una cornice giuridica (art 62), approvata da Bruxelles, che vieta la vendita sottocosto delle materie prime agricole, non si è ancora dotata di strumenti operativi per censire i costi di produzione e applicare concretamente questi strumenti a beneficio di chi è “indifeso”. Ed è proprio l’ agricoltore l’ anello debole e indifeso. Se non si parte da qui non si può sperare in una vera competitività e ripresa. A meno che il disegno strategico non sia quello di consegnare le chiavi di Via XX Settembre all’ industria di trasformazione, ma in tal caso gli agricoltori saranno pronti alle barricate.
Sulla riduzione dei costi il collegato puo’ fare molto e subito. “Ad esempio – afferma il coordinatore – abbassando le aliquote iva al 4% sugli acquisti di tutti i beni e servizi, allineando le aliquote contributive e previdenziali a quelle degli altri concorrenti europei, eliminando le accise sui carburanti e sul trasporto dei prodotti agricoli, favorendo la sovranità energetica delle aziende agricole e mettendo in discussione i mega impianti di rinnovabili, liberalizzando i servizi ed eliminando il doppio costo per redigere i fascicoli aziendali, favorendo velocemente l’ accesso al credito e una deroga alle regole di Basilea per l’ agricoltura, smantellando radicalmente la pressione fiscale sino a che non vi sarà una rivalutazione dei prodotti agricoli, i cui prezzi sono fermi agli settanta! Senza tralasciare l’ urgenza di una moratoria di tutte le scadenze verso Inps, Equitalia e Banche e del successivo consolidamento delle passività che ormai frenano gli investimenti e la capacità di spesa dei fondi Psr. Altro che giovani in agricoltura”.
Se il Governo, vuole introdurre misure efficaci in tal senso – prosegue – dovrà consentire la concertazione non solo con le organizzazioni agricole ma, soprattutto, con i movimenti agricoli, che stanno progressivamente svuotando di significato politico dei sindacati autoreferenziali, per completare l’iter parlamentare e migliorare radicalmente le misure previste nel Collegato.
I movimenti dal basso – conclude la nota della Fima – sanno quanto sia difficile una vera riforma dall’ interno per redistribuire i redditi. Infatti, non v’è nulla nella storia che giustifichi la tesi che una classe dominante abbandoni potere e privilegi perché la sua dominazione è stata giudicata colpevole di inettitudine o di ingiustizie.