Nel secondo incontro con il prof. Giovanni Caserta, in occasione dei “Seminari sui grandi poeti lucani del Novecento”, si è parlato a Ferrandina di Rocco Scotellaro. La manifestazione, promossa dall’associazione La Cupola Verde in collaborazione con il Centro di aggregazione giovanile, si è tenuta nella Sala Caputi ed ha visto la partecipazione di appassionati intervenuti anche dalle località limitrofe. Dopo il saluto di Nicola Pavese e l’introduzione di Filippo Radogna, Caserta ha evidenziato innanzitutto il fatto che Scotellaro è tuttora soggetto ad oscillazioni tra le celebrazioni e l’oblìo, posizioni dovute soprattutto alla sua prematura scomparsa sopraggiunta nel 1953 a trent’anni e, quindi, a una attività letteraria riconducibile soprattutto alla sua produzione giovanile . Nel corso dei tempi egli è stato sottoposto a valutazioni di diverso tipo a seconda delle vicende e delle situazioni politiche contingenti: è stato esaltato da una parte, mentre altri lo mandarono addirittura in carcere con le accuse infamanti di truffa e concussione. Rivelatesi, poi, infondate.
Del giovane poeta di Tricarico se ne “impadronirono” i socialisti che gestirono tutta la sua opera lasciata dopo la morte. Così, con le poesie, vennero pubblicati anche alcuni scritti non sempre all’altezza proprio perché si trattava di opere giovanili, per lo più incompiute, con le quali Scotellaro stava elaborando i racconti autobiografici, le riflessioni e le ricerche sociologiche.
Caserta durante la sua esposizione ha posto provocatoriamente anche alcuni interrogativi, tra i quali: “Ha senso parlare ancora di Scotellaro in tempi in cui quel mondo contadino non esiste più?”. Poi ha precisato che oggi egli figura con grande riguardo nella letteratura del Novecento e meriterebbe ben altra attenzione innanzitutto dal mondo della Scuola per farlo conoscere ai giovani, e anche al fine di comprendere il suo messaggio di intellettuale e inquadrare la sua attività politica. Scotellaro, al quale negli Anni ’70 fu dedicato persino una rappresentazione teatrale dall’attore Bruno Cirino e poi un omaggio da Luchino Visconti, va liberato dagli abiti che – secondo il critico letterario materano – in maniera interessata gli sono stati assegnati, riscoprendo la sua voce poetica, efficace e originale per i tempi, fatta di sentimento e tanta sincera umanità. Con lui, vivamente stimato da Carlo Levi, si parla di sociale, di fratellanza, della drammatica condizione dei contadini degli anni del dopoguerra che determinarono l’occupazione delle terre. Ma si trovano anche riflessioni che evidenziano la sua spiritualità e la sua formazione religiosa maturata in convento negli anni del Liceo a Sicignano e a Cava de’ Tirreni. Si riscoprono in questo modo i buoni rapporti intercorsi con il vescovo del suo paese, mons. Delle Nocche, con il quale avvia l’apertura, nel 1947, dell’Ospedale civile di Tricarico, dopo l’esperienza sindacale e di giovane sindaco degli anni precedenti. Scotellaro ambisce al riscatto del mondo contadino, vuole la giustizia, ama la libertà. Per cui si inserisce a pieno titolo nel clima del Neorealismo italiano ed è stato sicuramente lontano dalla politica dell’intrigo.
Le sue ultime poesie, intrise di delusione e amarezza, sono dedicate all’emigrazione, tema che ci riporta a epoche ormai remote, e nello stesso tempo tema tristemente ancora attuale. Anche per questo Rocco Scotellaro rimane una figura da approfondire e interpretare in un momento di gravi difficoltà in cui servirebbero ben altri esempi, di impegno civile e di solidarietà, per la Basilicata di oggi. Il prossimo incontro, a fine febbraio, sarà dedicato a Leonardo Sinisgalli.