Funzione Pubblica Cgil di Matera chiede il ritiro della proposta di legge regionale sulle “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità”. Di seguito la nota integrale sottoscritta da Vito Maragno, Carmela La Padula, Giulia Adduce e Tonia Giacoia.
Abbiamo letto con profondo stupore ed indignazione la proposta di legge regionale “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità” e la relazione che l’accompagna.
Ci associamo, come categoria, alle osservazioni negative formulate dalla nostra organizzazione.
A ciò vogliamo aggiungere che è davvero mistificante collegare il calo demografico della nostra regione alla legge sulla IGV o definire l’aborto testualmente “come principale causa di morte” più del cancro, vista anche l’assenza di dati certi e completi dei tumori per la colpevole mancata istituzione del Registro Tumori regionale.
La Funzione Pubblica CGIL ritiene, da sempre, profondamente sbagliato affidare nelle mani del privato la centralità di ogni intervento in materia di sostegno sociale alla maternità: al contrario vanno potenziati i servizi territoriali, a partire dai Consultori, gli asili nido e gli strumenti di conciliazione vita-lavoro.
Al Presidente Pittella e al capogruppo del PD vogliamo dire che non si tratta di una questione di “steccati ideologici” o di promuovere una discussione seria e costruttiva con la comunità.
L’unica via per discutere davvero della “condizione femminile” delle donne lucane nella nostra regione, è ritirare questa vergognosa proposta di legge, senza se e senza ma, difendendo il diritto inalienabile delle donne a decidere liberamente sulla propria maternità e sul proprio corpo.
L’idea di considerare le donne come incapaci di decidere, e per questo bisognose di un “aiuto economico” per poter decidere “giustamente”, è un ritorno al passato che francamente pensavamo fosse ormai dimenticato.
Segreteria FP CGIL di Matera: Vito Maragno, Carmela La Padula, Giulia Adduce e Tonia Giacoia
Il Comitato Donne materane interviene sul dibattito avviato a seguito della proposta di legge presentata in Consiglio Regionale, primo firmatario Aurelio Pace, su “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità“. Di seguito la nota integrale.
Come donne, impegnate a promuovere nella nostra città il rispetto dei diritti e delle conquiste sociali ottenute in questi anni passati a favore delle donne e a contrastare la violenza di genere, esprimiamo il nostro dissenso rispetto al testo della proposta di legge regionale “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità“
Una proposta di legge regionale che interviene nella sfera privata delle donne, stabilendo e misurando colpe, relegando le nostre esistenze al solo bisogno economico e alla sola funzione riproduttiva.
Tale intervento normativo è ispirato dalla calamità del calo demografico di cui le donne lucane sarebbero le principali responsabili, praticando incoscientemente l’interruzione volontaria della gravidanza controllando così le nascite.
“L’aborto è causa principale di mortalità, più del cancro” – scrivono nella relazione i consiglieri che hanno presentato la proposta di legge. Noi riteniamo, invece, che sarebbe più urgente istituire in questa Regione “ un registro dei tumori ” come indagine necessaria per stabilire quanto sia mortale l’inquinamento in aumento nella nostra regione.
Obiettivo della proposta di legge, secondo i proponenti, sarebbe quindi prevenire l’interruzione di gravidanza, piaga della nostra regione, e promuovere la natalità con un contributo economico, (quasi un’elemosina utilizzabile solo per l’acquisto di beni e servizi) e con la partecipazione a progetti di aiuto concordati tra strutture pubbliche e “private” accreditate.
Tutto questo nel rispetto della dignità della persona e tutela del diritto alla riservatezza? Non ci convincono affatto questa impostazione e questa interpretazione della legge 194/78!
Come vogliamo chiamarlo questo intervento normativo se non controllo sociale sulle scelte delle donne?
Le donne, in questa regione, reclamano il diritto ad un futuro dignitoso per se stesse e per i propri figli (con consultori pubblici e presidi ospedalieri pienamente efficienti, asili nido, opportunità di conciliazione vita-lavoro, posti di lavoro, ecc..), reclamano, quindi, un welfare significativo per poter vivere con dignità e non adempiere solo e soltanto ad obblighi sociali.
Chiediamo, dunque, che questa proposta di legge venga ritirata e che successivamente si possa aprire un confronto tra le istituzioni interessate e la comunità, per affrontare senza pregiudizi ideologici temi così delicati che riguardano le donne.
Marina Buoncristiano, grande elettore Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale , interviene sul dibattito avviato a seguito della proposta di legge presentata in Consiglio Regionale, primo firmatario Aurelio Pace, su “Misure di sostegno sociale alla maternità e alla natalità“. Di seguito la nota integrale.
Sono giorni che seguo con attenzione la polemica nata intorno all’istituzione di un “fondo per la vita”; in quanto donna ho deciso di dire la mia , di rompere il silenzio anche in virtù del mio impegno sociale che mi consente da anni di incontrare donne , madri , famiglie che vivono un loro momento di difficoltà.
Premesso che sono ultra convinta del fatto che le donne hanno una grande capacità di autodeterminazione e quindi anche la capacità di scegliere ciò che è meglio per loro stesse, vorrei riportare l’attenzione e la discussione in termini di maggiore pragmatismo e concretezza, fuori dalle ideologie e dalle schermaglie verbali che in queste ore riempiono giornali e vedono appassionarsi al tema tanti. E’ stato toccato un tema assai sensibile , uno di quei temi che nessuno vorrebbe toccare per evitare il sollevarsi di polveroni molto spesso inutili e questo ne è un esempio. Stiamo parlando di un fondo per la vita sic et simpliciter e sono certa che non si vuole assolutamente andare a mettere le mani sulla 194/78. E’ bene discuterne, è bene esporre le proprie opinioni , ma non è bene strumentalizzare la vita, le donne, le famiglie .
E’ innegabile che la Basilicata è una regione ai primissimi posti per povertà assoluta e relativa ; è innegabile che i livelli di disoccupazione da noi sono veramente vergognosi; è altrettanto innegabile che il sistema welfare è pressoché inesistente e la tenuta sociale, ad oggi, è stata salvaguardata dalla famiglia unico vero perno del welfare lucano. La famiglia per anni ha costituito il cuore dell’ammortizzazione sociale , tanti anziani genitori pensionati si sono fatti carico delle giovani famiglie scivolate in povertà , divenendo a loro volta poveri , tanti nonni si sono fatti carico dei piccoli nipotini perché gli asili nido comunali sono pochissimi ( dalle nostre parti i servizi pubblici disponibili si contano , si privilegia il privato che ha un costo per le famiglie ma nessuno insorge con la stessa indignazione e veemenza che si coglie oggi ); tante famiglie hanno difficoltà a garantire il diritto allo studio dei propri figli ed ultimamente, diciamoci tutta la verità, in tante hanno anche la difficoltà a mettere insieme il pranzo e la cena per i propri figli. Siamo tornati indietro di decenni, lo scenario è quello del dopo guerra, le famiglie a rischio della mera povertà alimentare sono davvero tante, invito a leggere qualche report non solo dell’ISTAT ma anche di Fondazione Banco Alimentare, Caritas ecc. Bene in questo scenario occorreva già da tempo ed occorre a maggior ragione oggi, mettere in campo misure di tutela e salvaguardia per la tenuta sociale delle famiglie; misure che abbiano un senso concreto e compiuto , non banali ideologismi o urla isteriche ed inutili. Non scorgo in questo disegno di legge alcun attentato alla libertà delle donne, nessun salto nel buio del passato, nessuna volontà di avviare processi mirati alla cassazione di una legge, nessuna assonanza con la Spagna. Finiamola di parlare per partito preso, finiamola con le battaglie ideologiche, vero, tutto è perfettibile! Ma se dobbiamo discutere , se dobbiamo confrontarci facciamolo in modo sereno ed oggettivo. Nel disegno di legge non c’è scritto che si pagano le donne per non abortire , c’è scritto che si vorrebbe dare un sostegno economico a quelle donne , quelle famiglie che sono costrette a ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza per motivi economici. Cosa c’è di così scandaloso? Non comprendo; va esplicitato meglio? Facciamolo ; va corretto l’incipit? Facciamolo; secondo me va corretta anche l’entità del contributo, 250,00 euro mensili sono davvero pochi.
Bene passiamo al capitolo Centri di Aiuto alla Vita chi può negare che da anni i volontari dei CAV sono stati accanto a migliaia di donne sostenendole psicologicamente ed economicamente? Nessuno ; migliaia di donne e di famiglie sono state aiutate in silenzio con competenza ed amorevolezza, perché tutto questo livore nei loro confronti? Perché vengono messi alla berlina? Meglio l’indifferenza di chi conosce i problemi i drammi di tante donne e tante famiglie e rimane immobile, indifferente delegando a chi istituzionalmente dovrebbe provvedere e non riesce a farlo per svariati motivi?
Per concludere mi sembra si stia facendo tanto rumore per nulla, volutamente. La vera domanda è “ si vuol dare un aiuto alle donne in difficoltà che devono rinunciare alla maternità per motivi economici ?”. A chi urla dicendo che si vuol ledere la dignità e la libertà delle donne chiedo “ non trovate poco dignitoso mortificante e lesivo della libertà di una donna farle scegliere l’interruzione volontaria di gravidanza per motivi economici ?
Di tutto il resto se ne può e se ne deve discutere con toni pacati e soprattutto con la concretezza dei fatti perché quando si parla di vita e di famiglie ci vogliono azioni concrete da mettere in campo non chiacchiere vuote e polemiche sterili.
Marina Buoncristiano, grande elettore Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale