“L’intesa sottoscritta tra la Regione Marche e le strutture di riabilitazione private accreditate dalla stessa Regione è un esempio di best practice da seguire anche in Basilicata specie per invertire la tendenza, purtroppo consolidata da troppo tempo, dell’attenzione istituzionale, politica e sindacale, concentrata per il comparto dei servizi di riabilitazione esclusivamente sul Don Uva e i Centri Aias e che ha toccato il punto limite con il mancato confronto tra Dipartimento Salute e la nostra Federazione”. E’ il commento della FeNASP Basilicata in una nota a firma della presidente Antonia Losacco.
“Gli accordi raggiunti, tra l’altro, – si precisa nella nota – disciplinano la produzione e la remunerazione delle prestazioni erogate a favore di cittadini di altre regioni da parte dei centri privati. Per l’abbattimento della mobilità passiva, viene avviato un programma sperimentale di potenziamento delle attività che, consente di migliorare l’offerta assistenziale e ridurre i costi di produzione, attraverso quindi, l’incremento dell’offerta presso le strutture in grado di assicurare le prestazioni agli utenti provenienti dai territori che hanno generato maggiore mobilità passiva. Sul fronte della riabilitazione, l’accordo disciplina in particolare ed in via sperimentale il settore dell’ortopedia. E’ la conferma – evidenzia FeNASP – che la nostra tesi del miglioramento delle prestazioni sanitarie attraverso l’integrazione pubblico-privato è fondata. Da noi, a differenza di quanto accade nelle Marche si registra, invece, l’assenza totale di una progettualità territoriale e di una buona politica sanitaria che favorisca l’integrazione pubblico-privato, quel privato che opera correttamente nel rispetto dei contratti di lavoro e nell’erogazione di prestazioni con efficienza ed appropriatezza. Permane l’indifferenza nei confronti dei titolari ed operatori delle strutture sanitarie private, che pur svolgendo una funzione di efficace supplenza del servizio pubblico non vengono neanche ascoltati. Le questioni che affliggono il comparto sono tante a cominciare da una classificazione delle strutture di riabilitazione risalenti al 1978 e ad un modello di erogazione di prestazioni vecchio e sottopagato. Più volte l’assessore precedente, dopo le ingiustizie dei tagli effettuati alle strutture, ha riconosciuto l’errore con i dirigenti del dipartimento ed ha manifestato la volontà di rimediare aprendosi al confronto con le associazioni e i direttori generali delle aziende sanitarie, specie in riferimento a quanto condiviso e rimasto inapplicato, senza però che tutto ciò abbia avuto un seguito. Siamo pronti – afferma Losacco – a raccogliere qualsiasi sfida, lo abbiamo sostenuto in occasione della presentazione da parte del Ministro Lorenzin del sito “dovesalute.gov.it” che introduce per la prima volta un sistema di voto da una a cinque stelle sulla qualità dell’accoglienza ricevuta dall’utente e lo ribadiamo anche in seguito all’intesa Regione Marche-strutture sanitarie private accreditate. L’Associazione, dopo l’iniziale fiducia nei confronti del nuovo governo, non può esimersi dallo stigmatizzare il comportamento di indifferenza e di silenzio del Dipartimento Salute verso le esigenze delle strutture, degli operatori e degli utenti e sollecita nuovamente l’avvio del confronto sui temi più urgenti da tempo posti all’attenzione dello stesso Dipartimento”.
“L’intesa sottoscritta tra la Giunta Regionale Marche e le Strutture di riabilitazione private oltre che le Case di Cura accreditate dalla stessa Regione dimostra che la proposta di Sanità Futura per aggredire le liste di attesa e la mobilità passiva, attraverso un’azione sinergica pubblico-privato che ha come obiettivo il miglioramento dei servizi per i cittadini, non è un’impresa impossibile”. A sostenerlo è Michele Cataldi il presidente di Sanità Futura, associazione di strutture sanitarie private lucane, sottolineando “l’obiettivo centrale raggiunto dalla Regione Marche che è identico a quello che abbiamo posto alle precedenti Giunte Regionali De Filippo, vale a dire la riduzione della mobilità passiva, con un consistente recupero di risorse da destinare al miglioramento dell’offerta sanitaria sul territorio. Il dato di partenza è che un paziente lucano su quattro si fa ricoverare in una struttura extraregionale, in molti casi anche per cosiddette operazioni “di routine”, con una percentuale che è tra le più alte d’Italia. Da una lettura più approfondita dei numeri si scopre poi come vi siano alcune realtà regionali dove il fenomeno della mobilità sanitaria, sia attiva che passiva è molto elevato. Si tratta al Sud della Basilicata e del Molise, regioni in cui le percentuali sono molto elevate. Insomma, le due regioni attraggono si molti pazienti ma ne vedono anche scappare parecchi”.
Per il presidente di Sanità Futura “l’intesa sottoscritta nelle Marche contiene nostre antiche e sempre attuali rivendicazioni perché sana il pregresso, azzera i contenziosi e programma l’attività del prossimo biennio, introducendo, anche per il privato, modalità operative e di programmazione identiche a quelle già previste nelle strutture sanitarie pubbliche. Vengono definite le linee di indirizzo per regolamentare la mobilità attiva e contrastare quella passiva attraverso il coinvolgimento della riabilitazione ospedaliera, di adeguati percorsi assistenziali e la continuità di cura, utilizzando appieno le potenzialità delle strutture private che si affiancheranno a quelle pubbliche.
Un percorso che come ha sottolineato il Governatore marchigiano Spacca produrrà un miglioramento del saldo di mobilità interregionale con effetti positivi sul finanziamento del Fondo sanitario regionale e, soprattutto, garantirà ai cittadini residenti un’adeguata offerta sul proprio territorio regionale senza sobbarcarsi spese e disagi a causa dei viaggi verso regioni limitrofe. Esso è solo il primo passo di una svolta che troverà compiuta definizione in una logica di rete complessiva dei servizi offerti dal privato in tutti i campi della salute. Va poi considerato il miglioramento dei tempi di attesa per alcune prestazioni critiche che da noi superano in alcuni casi i 12 mesi. L’accordo segna dunque l’avvio di una funzione di committenza da parte della Regione che, in tal modo, chiede al privato di eseguire, entro il budget assegnato, le attività che maggiormente servono al sistema e dimostra – conclude Cataldi – che il SSR non solo può risparmiare ma attrarre nuovi utenti e contestualmente le imprese di sanità possono svolgere fino in fondo il proprio ruolo”.