Ottenere la facoltà, in particolare per sostenere il Mezzogiorno di introdurre forme più estese e differenziate di fiscalità di vantaggio e di utilizzare in modo più flessibile i fondi strutturali europei e di istituire ulteriori zone franche; negoziare la possibilità di escludere temporaneamente ed entro determinati limiti dalla nuova regola del debito le passività connesse alle garanzie statali accordate a banche e istituzioni finanziarie, quali ad esempio la Cassa depositi e prestiti, per la concessione di finanziamenti per l’attuazione di investimenti ambientali e macro progetti di sviluppo sostenibile, in particolare nei settori dell’energia e del ciclo delle acque e dei rifiuti. Sono queste le richieste prioritarie del Centro Democratico, coerenti con la Strategia Europa 2020, che dovrebbero essere avanzate subito dall’Italia in sede comunitaria, senza sbattere i pugni, ma a testa alta e con la consapevolezza di presentarsi con tutte le carte in regola. A sostenerlo è la segreteria regionale lucana del Cd.
Il partito di Bruno Tabacci e Nicola Benedetto inoltre rivendica l’armonizzazione della disciplina di bilancio con l’esigenza di far ripartire investimenti pubblici produttivi nei settori delle infrastrutture, della formazione, della ricerca, dell’innovazione e della cultura, escludendo dal computo del saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita e dall’aggregato di riferimento della regola sulla spesa, tutte le nuove spese destinate a tali finalità.
Il Centro Democratico – è scritto nella nota della segreteria del Cd – crede che un futuro prospero per l’Italia possa realizzarsi solo all’interno della cornice europea e che ogni pulsione antieuropeista fa male al paese e disonora le nostre stesse radici storiche, culturali e religiose. Cionondimeno, non possiamo far finta di non accorgerci che l’Unione europea è ancora purtroppo percepita da larga parte degli italiani solo come una tecnocrazia inflessibile, che assume le vesti di un guardiano severo dei nostri conti pubblici. Una tecnocrazia che chiede continuamente sacrifici agli italiani, assolutizzando la dimensione della disciplina di bilancio e del rispetto di rigide regole sul deficit, il debito e la spesa pubblica. Tale percezione non è del tutto priva di basi oggettive, poiché, almeno fino a pochi mesi fa, l’obiettivo di costruire un’Unione europea unita, solidale e democratica, capace di assicurare una crescita economica sostenuta, sostenibile e inclusiva, promuovere la competitività e potenziare l’occupazione, è stato posto in secondo piano rispetto a una logica monetarista, tesa esclusivamente a ripristinare la stabilità dei mercati finanziari sulla base di ricette di politica economica improntate al rigore e all’austerità di bilancio. Ricette che – a parere della segreteria del Cd – hanno contribuito ad attenuare, in via emergenziale, il circolo vizioso, all’origine dell’attuale crisi, tra finanza privata e debiti pubblici, ma che non hanno impedito la caduta in una profonda recessione dell’economia dell’eurozona, con tutte le conseguenti ricadute sul piano sociale soprattutto per le popolazioni delle regioni del Mezzogiorno.