Il giornalista materano Nino Grilli ha inviato alla nostra redazione le sue riflessioni sul rischio che corre ogni giorno chi si occupa di informazione, quello di trovarsi invischiato in scritti che sono ritenuti diffamatori. Riportiamo di seguito le sue considerazioni.
Dalla diffamazione alla calunnia!
Chi si occupa d’informazione corre il rischio di trovarsi invischiato in scritti (e non in pensieri inespressi, come può anche accadere) che sono ritenuti diffamatori. Non è difficile che avvenga. Del resto lo stesso Benedetto Croce ebbe a dire -grosso modo- che “un giornalista non può ritenersi tale se non provoca fastidio almeno una volta al giorno a qualcuno”. Lo spirito critico di chi si occupa d’informazione di contro non può essere limitato a uno sciocco servilismo, timoroso di personaggi più o meno illustri o presunti tali. Sarebbe l’annullamento della personalità, di chi predilige portare il cervello all’ammasso. Allora bisogna correre qualche rischio, soprattutto se serve a rendere un utile servizio alla società, ad affermare principi di verità, a contrastare atteggiamenti capziosi, a rivelare inganni e falsi comportamenti. Se tutto questo può portare a subire accuse di diffamazione a mezzo stampa, allora vale la pena anche affrontare una vertenza giudiziaria che comporta non solo sacrifici personali, ma anche il doversi confrontare con un potere giudiziario non sempre propenso a sottrarsi a certi sciocchi servilismi o a pressioni anomale da parte di personaggi cosiddetti importanti. Può sembrare anche questa una mission impossibile, ma a volte riuscire a spuntarla in qualche modo diventa un’enorme soddisfazione morale. Almeno per chi crede ancora nei valori della moralità. Ma se un giornalista riesce a sottrarsi alla infamante accusa di diffamatore, come bisognerebbe etichettare chi rivolge accuse prive di fondamento, approfittando della sua importante posizione sociale, anche se conquistata sul millantato credito della sua onestà tanto da consentirgli di assumere posizioni di rilievo nella società? Affidandosi al potere giudiziario costoro si dovrebbero trasformare -ipso facto- in vili calunniatori, che approfittando del loro potere, magari supportati da qualche sprovveduto giudizio, dovrebbero trovare un sicuro rifugio dove nascondere la loro sfacciataggine. La realtà, purtroppo, è ben diversa! L’accusa di diffamatore per un giornalista rischia di rimanere anche fin dopo aver appurato la sua inesistenza. Una macchia, insomma sulla sua voglia di onestà e verità, grazie al permanente grado di servilismo esistente nei riguardi dei poteri forti. Chi accusa, invece, anche se diventerebbe un calunniatore, se ricopre cariche importanti, continuerà a godere della sua millantata fama di onestà. Rimane tutt’alpiù come una flebile ombra sul suo indegno comportamento, tanto che riproponendosi alla società riesce persino ad avere maggiori consensi e conseguire posizioni di rilievo. Nell’attuale società, insomma, prevalgono i veri calunniatori persino rispetto agli inesistenti diffamatori. Legalità e verità vengono relegati al ruolo di optional e il loro rispetto fa tremare i polsi di chi vuole essere, a tutti i costi, onesto e rispettoso dei valori. Che non vuole diventare servo di loschi giochi di potere.
Nino Grilli