“Il processo di revisione del regolamento comunitario sul biologico avviato dalla Commissione Europea ha riflessi anche sul comparto biologico lucano che con circa l’11% della superficie agricola utilizzata destinata (poco meno di 90.000 ettari), nella nostra regione si conferma vitale per redditi e produzioni.” E’ il commento di Anabio-Cia (Associazione Nazionale Agricoltura Biologica) della Basilicata sottolineando che “il fine prioritario è quello di migliorare l’attuale normativa e di favorire lo sviluppo sostenibile delle produzioni biologiche dell’Unione. Ma attraverso la proposta si vogliono anche garantire condizioni di concorrenza eque per gli agricoltori e gli operatori, consentire al mercato interno di essere più efficiente e di mantenere e migliorare la fiducia del consumatore verso i prodotti biologici, che è ritenuta di fondamentale importanza per il futuro del settore”.
Anabio-Cia ritiene di particolare interesse l’abolizione di 37 dei 135 adempimenti imposti attualmente agli operatori. Nella proposta viene rafforzato anche il concetto dell’approccio basato sul rischio in materia di controlli. Approccio che dovrebbe contribuire a dare fiato agli operatori onesti liberandoli, in funzione della loro accertata affidabilità, di una parte di questo onere. La proposta introduce, inoltre, l’efficace novità della certificazione di gruppo, rivolta ai piccoli produttori che -pone l’accento Anabio-Cia- significa specie nella nostra realtà regionale caratterizzata da piccoli produttori minori oneri e semplificazione di adempimenti. Questa novità potrebbe favorire l’associazionismo in special modo fra i produttori più deboli e lo stesso reingresso nel sistema di tantissimi piccoli operatori che, oberati dalle carte, sono usciti a centinaia dal sistema dalla certificazione.
Alla fine dello scorso anno gli operatori bio in Basilicata sono 1.180 (contro i 1.348 del 2011) così suddivisi per tipologia: 1033 produttori esclusivi, 77 preparatori esclusivi, 70 produttori-preparatori.
L’evoluzione degli operatori interessati a questo metodo di produzione è imputabile a vari fattori: il principale, quando gli incentivi economici derivanti dall’applicazione della Politica agricola comunitaria non sono interessanti, è l’opportunità che offre la certificazione biologica di mantenere o conquistare nuovi spazi di mercato. La distribuzione territoriale delle aziende e è abbastanza ramificata e coinvolge tutto il territorio regionale, con concentrazioni maggiori dove le possibilità di commercializzazione e valorizzazione delle produzioni sono più frequenti (per esempio nel Metapontino) ed in quelle aree ove il sostegno finanziario della nuova Pac al metodo biologico ed a particolari colture sono maggiori, come è stato, ad esempio, il caso dei cereali nelle colline materane. Si evince, quindi, il passaggio alla fase di “maturità”, sia dei produttori che del mercato, con una selezione “fisiologica” di chi garantisce le migliori prestazioni.
Alcuni imprenditori lucani si sono resi conto che il mercato del bio non è più una piccola nicchia e rappresenta l’unico segmento dell’agroalimentare italiano con tendenza alla crescita. Da tempo gli agricoltori lucani del biologico – si afferma nella nota – si battono perché più che pensare all’estensione di coltivazioni e produzioni bio si proceda al consolidamento e al sostegno di quelle che risentono della crisi dei consumi in particolare per gli effetti della concorrenza sleale degli ipermercati e discount alimentari.
Apr 02