Da sabato 5 aprile l’Italia apre le frontiere alle cure degli italiani in Europa e dei cittadini europei nei nostri ospedali. E’ una decisione storica come la riforma costituzionale del Titolo V nel settore della sanità varata dal Governo Renzi. Entrambi gli eventi danno maggiore attualità alle proposte di Sanità Futura sintetizzabili intorno alla realizzazione di “Quattro torri” per azzerare la mobilità passiva ed attrarre utenza extraregionale (e perchè no, in alcuni casi di strutture lucane d’eccellenza, anche europea).
A sottolinearlo in una nota sono Giuseppe Demarzio e Michele Cataldi, rispettivamente presidente e presidente onorario di Sanità Futura. All’estero – si spiega nella nota – si potrà andare per tutti i LEA (Livelli essenziali di assistenza) esclusi i trapianti, le vaccinazioni, i casi “long term care”. Ma se una regione concede più LEA i suoi pazienti anche all’estero potranno avere più diritti. Si tratta pertanto di raccogliere questa sfida come intendiamo fare con il progetto di “Quattro Torri/strutture polifunzionali” da individuare nei territori limitrofi a Campania, Puglia e Calabria. Solo lo 0,20% del totale della produzione sanitaria di Puglia e Campania “intercettata” dalle strutture lucane trasformerebbe – sottolineano Cataldi e Demarzio – l’attuale saldo passivo in un saldo attivo per le casse della Regione di circa 200 milioni di euro. Come? Con i Pac organizzati per patologie sistemiche (diabete, ipertensione, menopausa, screening della tiroide, ecc.) e con una dotazione tecnologica e professionale organizzata in modo efficiente e moderno (imaging, laboratorio, Itc, ecc.). Le cosiddette “Quattro Torri” dovrebbero essere necessariamente delocalizzate rispetto al centro della regione ma restando strettamente connesse al sistema ospedaliero regionale e consentire l’appropriatezza del sistema offrendo servizi “all in day” (in un solo giorno) soprattutto di prevenzione per evitare i più costosi ricorsi al ricovero ospedaliero. Tra le altre caratteristiche individuate, l’appropriatezza di sistema, la versatilità delle possibilità di offerta sanitaria, la flessibilità rispetto al mutare dei bisogni epidemiologici, l’economicità delle prestazioni ambulatoriali complesse rispetto alle degenze, la connessione con il sistema ospedaliero.
Quanto alla riforma del Titolo V restituisce allo Stato la competenza esclusiva di emanare norme generali a tutela della salute, della sicurezza alimentare e del lavoro. Alle Regioni resta la competenza di legiferare sull’organizzazione dei servizi sanitari e sociali. E’ vero che gran parte della situazione di stallo in cui ha versato il Ssn, specie al Sud, era dovuta a un “dialogo tra sordi” con lo Stato che aveva le risorse e non le dava, o le tagliava, e le regioni che invece ne chiedevano di più. Dal 2001 in poi –con il conferimento della competenza a legiferare alle regioni – le disparità esistenti tra regioni si sono accentuate. Con questa modifica però si dà allo stato il potere di stabilire che cosa dare da Nord a Sud fermo restando che la potestà organizzativa resta competenza della regione: quest’ultima ha il potere di stabilire come spendere le allocazioni statali, il che apre ad ulteriori diseguaglianze. Ogni regione darà la sanità che può. Per Sanità Futura c’è una terza strada, che è anche la più complicata e consiste nel mantenere il sistema concorrente su due livelli di responsabilità costituzionale, ma con punti di raccordo e connessione trasversali più forti, più solidi e di maggior tenuta, che devono essere rappresentati dalle agenzie quali l’Agenas e Aifa a cui andrebbe aggiunta una “Agenzia di acquisti”. C’è bisogno inoltre di organismo terzo di grande autorevolezza e autorità, una sorta di vera Agenzia o Authority (es.: un’Agenas molto potenziata quali-quantitativamente), poteri superiori di supervisione e intervento continuativi sull’intero processo di programmazione, gestione e controllo nella produzione di prestazioni e servizi sanitari sul territorio. Una sorta di monitoraggio e intervento costante, un “controllo qualità” continuo, incluso il livello di competenza e formazione manageriale dei manager apicali di ASL/AO, che consenta allo Stato centrale, attraverso pochi ma cruciali indicatori (facilmente individuabili) anche di confronto (benchmark), d’identificare malfunzionamenti, distorsioni e inefficienze e intervenire correttivamente prima che il danno si verifichi o comunque quando ancora la sua entità è limitata.
Apr 04