L’Italia è il principale produttore di ortofrutta dell’Unione Europea, un paese che si sviluppa su una ampia latitudine e su diversi livelli altitudinali che consentono per molte produzioni di avere una copertura di quasi 12 mesi all’anno, un paese esportatore, potenzialmente autosufficiente, eppure…
Eppure, come purtroppo capita frequentemente, anche quest’anno si notano sugli scaffali dei punti vendita piccoli e grandi, anche della nostra regione, prodotti ortofrutticoli che arrivano da molto lontano. Non si tratta solamente delle cosiddette primizie, che sembrano una tentazione irrefrenabile per alcuni consumatori, ma soprattutto per la distribuzione, che pare non poter fare a meno di proporre pesche marocchine o ciliegie spagnole, dal sapore acerbo, insufficiente, rovinando, inutilmente, il mercato e la bocca dei consumatori prima dell’arrivo del prodotto nostrano.
Per Vincenzo Padula, Presidente della sezione Coldiretti di Policoro “Si importano non solo primizie ma anche altri prodotti solo per poter abbattere il prezzo al di sotto di ogni buon senso. Succede quindi che le nostre eccellenze, soprattutto quelle ortofrutticole del metapontino, sono di difficile collocazione sul mercato, perché al di sotto di certi prezzi non conviene proprio produrre”.
“Il caso più recente quello delle fragole, con prodotti di scadente qualità, quanto meno organolettica, pur in presenza di una qualificata produzione locale e nazionale” afferma Nunzio Scarnato, Presidente della sezione Coldiretti di Scanzano Jonico “Con il paradosso che in alcuni punti vendita non c’è neppure la scelta tra il prodotto nazionale e quello di importazione, ma c’è solo quello di importazione”.
Si continua a credere che il calo dei consumi sia dovuto solo alla crisi economica e non anche alle poche soddisfazioni in termini di gusto legate a prodotti staccati acerbi o insufficientemente maturi per poter arrivare prima degli altri sul mercato o per poter resistere più facilmente a lunghi trasporti. Si afferma sempre che l’ortofrutta fa bene, senza preoccuparsi del fatto che deve essere anche buona e salubre evitando infine la gara al ribasso dei prezzi, che si riflette sulla qualità e sulla sicurezza degli alimenti.
Il taglio nei consumi alimentari nazionali in media è stato pari al 2 per cento e non ha risparmiato nessun prodotto. Se le verdure sono al -4%, cala anche la pasta (-5 per cento), l’extravergine (-4 per cento), il pesce (-7 per cento).
Secondo Piergiorgio Quarto, Presidente Regionale della Coldiretti di Basilicata “La spesa alimentare è la seconda voce del bilancio familiare dopo la casa e non stupisce che l’effetto più eclatante della riduzione del potere di acquisto sia stato proprio il taglio nei consumi alimentari che sono tornati indietro di oltre 33 anni sui livelli minimi del 1981 sulla base dei consumi finali delle famiglie a valori concatenati dell’Istat. A cambiare” continua Quarto “è in realtà anche il livello qualitativo degli alimenti acquistati con una tendenza a preferire i cibi a basso prezzo che non sempre offrono le stesse garanzie di qualità alimentare. Una conferma viene dal fatto che le vendite dei cibi low cost nei discount alimentari sono le uniche a far segnare un aumento consistente nel commercio al dettaglio in Italia con un +2,9 per cento nel bimestre 2014 secondo l’Istat”.
Mag 21