In attesa della verità sull’eredità del patrimonio immobiliare che è appartenuto alla Democrazia Cristiana, come ha documentato la trasmissione Reporter di Raitre in attuazione della sentenza della Cassazione (n. 25999/2010) con la quale si accertò che la D.C. è ancora in vita “perché non fu mai sciolta l’Assemblea costituente”, vorrei mettere in guardia su quanti pensano di accaparrarsi l’eredità politica. In questi primi commenti al voto delle europee di domenica scorsa è stato detto e scritto che era dal 1958 che nessun partito superava la quota del 40 per cento dei voti alle elezioni della terza legislatura. Allora fu la Democrazia Cristiana di Amintore Fanfani a vincere con il 42,3 per cento dei consensi. Oggi è il Pd di Matteo Renzi a raccogliere il 40,8 alle elezioni europee. Ma che Renzi sia l’erede della Dc ne corre. Il voto al Pd, soprattutto in Basilicata in maniera più consistente, è senza dubbio il segnale della volontà dei cattolici lucani di tornare protagonisti e di respingere il “pericolo Grillo”. Di questo dobbiamo dare atto al Pd e ai suoi gruppi dirigenti nazionali e regionali che hanno saputo interpretare l’istanza di rinnovamento nel mondo cattolico sino all’inclusione di candidati per le comunali di Potenza che sono espressione diretta dell’associazionismo cattolico. Ma attenzione: il voto cattolico non è esclusiva di nessuno e va conquistato a partire dai cosiddetti« «valori non negoziabili». Dunque il processo di nuovo protagonismo dei cattolici in politica va avanti, ma è indispensabile per i cattolici individuare il contenitore della buona politica. Più che un atteggiamento, un cattolico con responsabilità nelle istituzioni deve spendersi per un progetto di vita. In un momento in cui il perdurare della crisi economica sta generando paure e insicurezze che rendono più fragile il legame tra i cittadini, occorre che la politica sappia elaborare risposte all’altezza della situazione, capaci non soltanto di farci uscire dal periodo di difficoltà, ma di migliorarci. La prima operazione necessaria è perciò quella di smascherare i trasformisti.
Inoltre un invito agli eletti perchè a maggior ragione se candidati cattolici si impegnino per ridare fiducia al Paese e ai suoi abitanti, presentando programmi e proposte realmente tese a costruire il bene comune: non prevalga la tentazione del disfattismo. Dai cattolici in particolare ci si attende l’impegno per rafforzare la credibilità di un impegno speso al servizio della politica perchè siano esemplari per rigore morale, attenzione alla gente, spirito di servizio, professionalità, capacità non solo di rifiutare ogni forma di corruzione ma anche di anteporre il bene comune ai propri anche legittimi interessi di parte.
Per quanto ci riguarda invece il primo passo decisivo per riprendere “ufficialmente” l’attività della DC , là dove era stata interrotta “formalmente” nel 1994, è stato compiuto con il “Comitato degli iscritti alla DC, 1992-93”.
“Nel panorama segnato dalla forte crisi di credibilità dei partiti tra i cittadini, il ritorno “legale” della DC con lo storico “scudo crociato-Libertas” è l’autentica novità perché rappresenta valori che non conoscono crisi. Dopo 18 anni di ricorsi, udienze e processi, finalmente la Magistratura ha posto termine alla querelle tra quanti – sin qui – si sono ritenuti eredi della Democrazia Cristiana o hanno utilizzato il suo simbolo. In sostanza, nel lontano 1994 non avevano il potere di sciogliere il partito fondato da Don Luigi Sturzo, né il Segretario dell’epoca, on. Mino Martinazzoli, né il Consiglio Nazionale. Pensiamo naturalmente di portare a termine prima, in tempi ravvicinati, l’iter procedurale e poi di passare alla fase di ripresa politica per modernizzare la migliore tradizione che in Basilicata è stata rappresentata dal Presidente Colombo, da Verrastro, attraverso programmi e progetti di riscatto sociale e civile, con il contributo di vecchi e nuovi militanti e soprattutto dell’associazionismo cattolico.