Poche settimane fa, in occasione delle celebrazione dei 40 anni della istituzione delle Regioni, è atterrato a Matera Robert Putnam. Per chi non conosce Putnam egli è il sociologo che ha effettuato una poderosa indagine sulle cause del sottosviluppo e del divario Nord-Sud in Italia coniando la suggestiva quanto ardita tesi che il rendimento istituzionale, ricchezza economica e livello di senso civico di una comunità sono variabili fortemente correlate. Sulla base di questa comprovata correlazione Putnam è arrivato a tracciare il seguente sillogismo: lo sviluppo economico e rendimento delle istituzioni è legato al senso civico ed alle reti di solidarietà orizzontale che innervano la società. Nella storia Nord e Sud hanno sperimentato diverse esperienze civiche e politiche. Al Nord la forma di governo dei comuni; mentre al Sud il Regno di Federico II ed un perfetto regime feudale. Al Nord si costituì una potente rete di solidarietà orizzontale; al Sud una società paradigmaticamente organizzata secondo rigidi schemi verticali. Proprio queste diverse esperienze storiche, stando al sillogismo di Putnam, sono la causa ormai secolare del differenziale di sviluppo fra il Nord ed il Sud. In verità contraddizioni nelle tesi di Putnam erano seminati con “nonchalance” nella sua indagine. In uno dei suoi passaggi dichiarava infatti che il livello di sviluppo industriale fra Calabria ed Emilia Romagna era identico agli inizi del secolo scorso. Le tesi di Putnam in verità hanno il lodevole intento di dimostrare come la risorsa etico-sociale sia fondamentale per innescare un reale sviluppo nel solco della dottrina Weberiana. Pino Aprile con il suo libro “Terroni” ha spazzato via con poche battute il sillogismo di Putnam. Se fosse vero che esperienze feudali rigide siano impedimenti allo sviluppo, allora non si spiegherebbe il caso Giappone che, pur vivendo un’epoca di rigido e feroce feudalesimo, è oggi la II/III potenza economica mondiale ed ha come propulsore un inossidabile senso della comunità. Dai dati emersi dall’indagine di Aprile, sciorinati con pathos e coinvolgimento emotivo; con scientifica asetticità dal rapporto Daniele & Malanima, si è invece scoperto che il divario al momento dell’Unità d’Italia non esisteva. Anzi! I sabaudi ereditarono un Regno Borbonico, certamente debole dal punto di vista politico (altrimenti non si sarebbero fatti sopraffare da un regno rozzo e montanaro) ma florido dal punto di vista economico. La massima distanza economica fu invece raggiunta sotto la cura del fascismo (altro che regime modernizzatore!) e, leggete leggete, si ridusse drasticamente con l’intervento straordinario nel Mezzogiorno (la famigerata CASMEZ). Un intervento straordinario che, a conti fatti, ha cubato complessivamente per 30 anni circa non più dello 0.5 % del PIL annuale del nostro paese. Giusto per far capire l’irrisorietà dell’intervento (che pure ha dato risultati non trascurabili) basti pensare che in soli 10 anni la Germania unita ha stanziato, per ri-equilibrare l’Est con l’Ovest l’intero PIL annuale dell’Italia!
Allora il segnale oggi, alla luce di ciò che storiograficamente si sta scoprendo sull’Unità d’Italia e per non dare la stura ad oltraggiose quanto criminali spinte secessionistiche, deve essere molto chiaro. Possiamo lavorare quanto vogliamo sul capitale umano e sociale ; ma se non si trovano soluzioni per calamitare capitali ed investimenti (pubblici o privati che siano!) non ci può essere sviluppo. Lavorare sul capitale sociale ed umano ha ovviamente anche il suo peso perché ci permette di elevare il livello di competenze ed il merito necessari per creare una classe dirigente adeguata e, soprattutto, per creare quelle reti di fiducia sui quali alla fine lo stesso “atomizzante” capitalismo si fonda. Piuttosto La grande lezione di Weber, come quella di Putnam ci deve far capire come il ri-equilibrio Nord-Sud deve diventare imperativo categorico etico, non solo economico, di un intero popolo e vissuto come una opportunità per rendere ancora più grande e forte il nostro Paese. Germania Docet!
Lug 12