Riceviamo e pubblichiamo una nota del giornalista materano Nino Grilli sulle “distorsioni” presenti nel sistema giudiziario, che sarebbe condizionato dai cosiddetti “poteri forti”. E la Basilicata a quanto pare non fa eccezione. Di seguito la nota integrale.
Giustizia terrena e giustizia divina!
Recenti pubblicazioni librarie hanno avuto il merito ma anche il coraggio di disegnare una regione lucana piuttosto sconcertante, ma anche del tutto aderente a una triste realtà. Occorre parlare di coraggio perché si è veramente in pochi in questa regione a dire come stanno esattamente le cose, non accettando un deprimente schiavismo verso i cosiddetti poteri forti della politica e di alcune corrotte istituzioni locali. In particolare c’è un settore, quello dell’informazione locale, che non riesce proprio a sottrarsi a questa sorta di schiavitù, nel timore di subire non si sa bene che cosa in termini di vera ritorsione. In realtà chi si azzarda a voler far emergere fatti e misfatti viene subito attaccato dai suddetti “poteri”, trovando spesso agganci di altrettanto dubbia moralità in corrispondenti settori giudiziari e istituzionali. Forse non è storia che riguarda solo la Basilicata. Vero è, invece, che la regione lucana, in materia, rappresenta una delle realtà più deplorevoli dell’intero scenario nazionale. Fatti e misfatti riescono a godere di illustri coperture, tanto da far piegare la schiena a chi vorrebbe (ma non lo fa) affidarsi ad una corretta informazione. Nello scenario, infine, c’è proprio l’ordine dei giornalisti regionale che brilla per la sua assenza e si affida ad uno squallido silenzio sulle vicende che toccano temerari tentativi di libera e corretta informazione. Sulla scena a non brillare di trasparenza c’è sicuramente un sistema giudiziario che non riesce proprio a conferire fiducia a malcapitati soggetti che- obtorto collo- in virtù di denunce senza alcun senso, magari ritenute degne di considerazione solo perché prodotte da appartenenti ai soliti “poteri forti”, sono costretti a difendersi pagando persino le conseguenze di sentenze incomprensibili nelle ragioni espresse, se non addirittura contenenti “reati” persino non commessi, solo per “accontentare” il potente di turno e punire l’anello debole della catena (giornalisti dalla cosiddetta schiena dritta), nella speranza di intimorirli, sia sul piano morale e sia sul piano economico, concedendo così un privilegio alla millantata autorevolezza dei tristi protagonisti della politica e delle istituzioni locali. Si assiste, in tal modo, a giudici che falsificano date sulle carte delle udienze per aggirare in qualche modo qualche ostacolo delle difese, che rilasciano motivazioni contenenti fatti non risultanti dalle carte o motivazioni non attinenti ai casi in discussione, ma introdotte in modo capzioso, che continuano a giudicare mettendo in discussione anche ciò che non è scritto nelle carte sostenendo che però gli autori lo “pensavano” e perciò vanno puniti lo stesso (il classico processo alle intenzioni, insomma), che non avendo dove poggiare qualsiasi motivo si affidano a termini come allusioni-insinuazioni-incontinenza per incastrare gli scriventi giornalisti. Sarà un caso strano o una strana coincidenza tutto ciò accade quando a denunciare è qualche personaggio “illustre”, di un certo peso politico o professionale. A cui, insomma, non ci si può proprio mettere contro. Per cui è meglio tenerselo amico. Per cui, infine, non è nemmeno il caso di entrare nel merito delle questioni sollevate, scabrose o illegali che siano. Meglio sostenere le ragioni dell’illegalità, piuttosto che correre il rischio di sostenere la verità con il timore di scottarsi. Nelle sentenze e sulle pagine dei giornali locali la schiavitù impera incontrastata. Fatti e misfatti continuano a essere irrisolti e gli autori, presunti e non che siano, continuano a vivere tranquilli. Non rimane che sperare in un’altra giustizia: quella divina, che sicuramente sarà più giusta!
Nino Grilli