Un capolavoro artistico firmato Talìa Teatro che esalta la materanità e la vicenda di un popolo mite come un bue ma pronto ad alzare la testa quando viene soggiogato. E’ la storia del Conte Tramontano, rappresentata 500 anni dopo la sua morte. Dopo il grande successo nelle prime tre rappresentazioni proposte dal 16 al 18 luglio la compagnia Talìa Teatro è ritornata sul palco del Castello per offrire nuovamente al pubblico altre tre repliche consecutive di “Giovancarlo Tramontano, Conte di Matera” il dramma storico scritto da Antonio Montemurro con il contributo prezioso di Giovanni Caserta. Un’opera preparata in occasione del cinquecentesimo anniversario dell’eccidio del Conte Tramontano, avvenuto in via Riscatto, a pochi metri dal Duomo di Matera nella giornata di venerdì 29 Dicembre 1514.
L’opera teatrale viene presentata con l’obiettivo di approfondire la storia del Conte, senza fermarsi alla leggenda dello ius primae noctis messa in atto con le vergini del posto nell’epoca storica in cui si svolsero i fatti. Montemurro ha adattato il lavoro attingendo da un’opera di Giambattista Gely Colaianni, edito a Napoli nel 1869, presso la Tipografia degli Accattoncelli. Si tratta di un dramma in sette quadri in cui Montemurro ripercorre i fatti storici salienti legati all’uccisione del Conte Tramontano per recuperare la memoria storica, al fine di proporre agli spettatori utili spunti di riflessione. Ovviamente il teatro impone l’aggiunta di momenti “romanzeschi”, fondamentali per conferire alla storia un ritmo coinvolgente e a tratti anche molto divertente.
Con l’attore e regista Antonio Montemurro, che interpreta il capo della rivolta Cola di Salvagio, sono coinvolti nell’opera teatrale Francesco Palomba (Conte Tramontano), Patrizia Andrisani (Eugenia, figlia del Conte), Maurizio Cicchetti (Bernardo, innamorato di Eugenia), Walter Nicoletti (Raniero, consigliere del Conte), Maria Lomurno (Sariuccia, figlia del capo della rivolta Cola di Salvagio), Mario Salluce (Tassiello, innamorato di Sariuccia), Franco Burgi (Nunzio Vincenzo, popolano), Pasquale Maragno (Eustachio, popolano), Saverio Pietracito (Vitantonio, popolano),
Mario De Bonis (Messer Giuliano Grifi), Dino Moro (Messer Ottavio Ulmo), Domenico Orlandi (notaio), Mariella Braia (Teopista, popolana), Giulia Cifarelli (Caterina, popolana), Anna Cimmarrusti (Nannina, popolana), Nicoletta Lionetti (Nicoletta, popolana), Mario De Bonis (alabardiere), Mariella Braia (cantastorie), Claudio Vicenti (banditore), Laura Zaccheo (giovane artigiana), Gianfranco Montemurro (giovane cortigiano), Margherita Arrè (prima forestiera), Laura Zaccheo (seconda forestiera).
Danzatori: Francesca Sogliani, Walter Nicoletti, Patrizia Andrisani, Maurizio Cicchetti, Cinzia Rondinone, Domenico Orlandi, Genni Carlucci, Dino Moro, Noemi Ciaccio, Mario De Bonis, Laura Zaccheo, Gianfranco Montemurro.
Scenografia di Antonio Montemurro. Costumi di Noemi Ciaccio, musiche originali di Dimitris Roulbis su testi di Antonio Montemurro, coreografie di Francesca Sogliani.
Michele Capolupo
La libertà ha un prezzo – fa dire Montemurro al suo Cola di Salvagio.
La libertà costa cara.
Il prezzo alto della libertà, lo paga sempre il Popolo. E lo paga tutto, senza sconti.
L’albero della libertà deve essere concimato col sangue, sennò non cresce bene – dice ancora Cola di Salvagio, e il pensiero dell’autore è chiaro.
Montemurro è riuscito bene, anche questa volta, a render pedagogia allo spettatore, a offrire spunti di riflessione non consueti, di questi tempi.
Il popolo è tartassato dal Conte Tiranno, reso schiavo e ogni giorno di più oltraggiato e umiliato. E’ terribilmente vera la scena in cui il conte e il suo bieco consigliere, sghignazzando, danno mandato al clero di esortare il popolo a piegare la testa al potere del Conte e a confidare, come non mai, nel premio ultraterreno che spetta a chi soffre in questa terra.
Clero ovviamente schierato dalla parte dei tiranni. Come sempre.
La libertà un popolo se la deve conquistare – dice ancora Montemurro/Cola – altrimenti non la può apprezzare.
Cola di Salvagio, infatti, il prezzo della rivolta libertaria, lo paga. Per intero.
Quest’ultimo lavoro conferma la bravura di Antonio Montemurro nel suo teatro militante, sempre schierato – da “Fef ì ciquèr e cicr tust” a Galileo a Semmelweis a Giordano Bruno – dalla parte della dignità e della coerenza e della libertà, contro la prepotenza, l’oscurantismo, la tirannide e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Riflessioni le sue, particolarmente attuali nell’oggi in cui, fra l’indifferenza dei più, si sta manomettendo l’impianto costituzionale frutto di una lotta di liberazione di cui gli Italiani sono stati abituati ad aver oblio e ubbia, come piace ai potenti di sempre.
Grazie, Antonio.
Bravi anche gli attori della compagnia che sono stati davvero efficaci, specie Raniero che, come accadeva nel teatro popolare dei secoli passati, rischiava i fischi del pubblico e il lancio di ortaggi frutta e verdura.
Segno che la recitazione è stata efficace.
Non resta che dire: a meggh a meggh.
(w/cody)*
La fotogallery dello spettacolo teatrale “Giovancarlo Tramontano, Conte di Matera” (foto www.sassilive.it)