Stressarsi a lavoro potrebbe aumentare del 45 per cento il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, anche se non si e’ in sovrappeso: è quanto emerso da uno studio dell’Institute of Epidemiology di Monaco, pubblicato sulla rivista Psychosomatic Medicine. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno seguito 5.337 uomini e donne di eta’ compresa tra i 29 e i 66 anni che lavorano a tempo pieno. Nel corso di un periodo di 12 anni, quasi 300 soggetti, precedentemente in buona salute, hanno sviluppato il diabete di tipo 2. Oltre all’indice di massa corporea e la storia medica familiare, i ricercatori hanno indagato sui livelli di stress sul lavoro. Dai risultati e’ emerso che i soggetti maggiormente stressati a lavoro, a prescindere dal proprio indice di massa corporea, hanno piu’ probabilita’ di ammalarsi di diabete. Non e’ chiaro il perche’ di questo legame tra stress a lavoro e diabete di tipo 2, ma i ricercatori ipotizzano che la costante esposizione a elevati livelli di ormoni dello stress possa danneggiare l’equilibrio del glucosio nel corpo.
E’ un ulteriore segnale d’allarme – commenta Antonio Flovilla presidente Anisap Basilicata – da non sottovalutare tenuto conto che l’incidenza delle persone con diabete anche nella nostra regione è in progressivo e continuo aumento. Vorrei ricordare che il progetto promosso dalla Regione in collaborazione con l’università di Roma Tor Vergata e l’università di Ginevra e con il supporto scientifico dell’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (Ibdo) ha come premessa scientifica la situazione specifica della Basilicata, che con il 7-8% della popolazione colpito da diabete è una delle regioni italiane in cui più si sta diffondendo la malattia. I ricercatori alla scoperta delle influenze genetiche, geografiche e sociali che condizionano lo sviluppo della malattia hanno sinora accertato che le comunità locali che avevano una prevalenza più bassa nel 2009 continuano a mantenersi su livelli bassi, quelle che erano più alte restano su livelli più alti, ma tutte crescono e la forbice tra zone più o meno ‘virtuose’ si sta allargando. Ad esempio, il comune di Oliveto Lucano, con una prevalenza di diabete nel 2009 pari al 3,5%, molto al di sotto della media nazionale, e il comune di Scanzano Jonico, con il 7,8%, ossia più del doppio. Oppure i comuni di Aliano, 4%, e Trivigno, 7,5%. Solo che a distanza di 4 anni, le differenze si mantengono, in un quadro di complessivo aumento o peggioramento della diffusione della malattia, con percentuali salite rispettivamente intorno al 5% e all’8%. Tutto ciò mentre i tempi di attesa per una visita specialistica in Basilicata raggiungono anche un anno. L’ANISAP – aggiunge il presidente – nell’ambito delle proposte presentate al Dipartimento Salute per la definizione dei criteri di erogazione delle prestazioni e dei controlli di congruità e per l’istituzione di protocolli terapeutici necessari alla definizione dei P.A.C. (Percorsi Assistenziali Complessi), oltre che per il diabete, anche per altre patologie quali ipertensione arteriosa, malattie dell’apparato cardiocircolatorio oculistica (cataratta e glaucoma), ecc., sostiene l’esigenza di accrescere l’attività sul territorio e di affiancare le strutture pubbliche con Centro esterni accreditati, sotto la programmazione strategica del pubblico. I Centri privati accreditati non hanno più nulla da dimostrare – afferma Flovilla – confermando un livello di assistenza molto alto ed efficace del sistema in essere nel nostro Paese, che è frutto di una migliorata cura della persona con diabete nel suo complesso, non solo della cura della sua glicemia, indicando chiaramente un miglioramento del controllo metabolico e un avvicinamento ai livelli auspicati dalle diverse linee guida. Ci sono strutture e professionalità sul territorio che – conclude – rappresentano una valida integrazione/alternativa alle lunghe attese per visite specialistiche e prestazioni presso i servizi delle Aziende Sanitarie e quindi possono garantire maggiore attenzione ai cittadini.
Ago 19