Il 2 settembre scorso in piazza San Giovanni a Matera è stato presentato l’evento culturale “Lucio, Dalla sua parola” . Città Plurale ha inviato in merito una nota che pubblichiamo integralmente.
Città Plurale: cultura, bene comune (?).
Una fresca sera di settembre a Matera; un appuntamento stuzzicante tempera la malinconia per la fine dell’estate: Lucio, Dalla sua parola. Il titolo, dall’aria vagamente messianica, campeggia da giorni su locandine e manifesti sparsi per la città, dominati dall’inconfondibile cappellino dell’artista bolognese.
Come mancare ad un appuntamento con Lucio Dalla, indimenticato cantore dei nostri tempi, raffinato poeta, a volte stralunato, a volte criptico, mai banale, lucido e profondo conoscitore della natura umana?
Andiamo dunque in piazza San Giovanni, pieni di entusiastiche aspettative.
La prima cosa che colpisce lo sguardo, dopo il magnifico colpo d’occhio della chiesa con i suoi ricami marmorei, è un enorme bodyguard, proprio come quelli dei film: look total black, auricolari, aria minacciosa. E dietro di lui ne spuntano altri, tutti uguali.
Ci guardiamo perplessi: forse abbiamo sbagliato posto? Eppure, sul palco c’è un pianoforte…
Proviamo a farci strada tra la folla, ma un altro armadio umano ci blocca: il sagrato della chiesa è transennato e non passi se non hai l’invito. L’invito? Ma sul manifesto non se ne parla, la piazza è uno spazio pubblico, qui ci sono anche i nostri soldi: sono alcuni dei commenti di chi è rimasto fuori dalle transenne, mentre molto lentamente le sedie sistemate all’interno vengono occupate dai fortunati possessori del bonus. Gli altri, invece, si appoggiano alla barriera metallica simbolo dell’esclusione con espressioni che vanno dall’indignazione alla rassegnazione, come chi è vittima dell’ennesima ingiustizia, ma sa che non può farci nulla.
E vederli lì, con le mani e gli sguardi protesi su chi è “dentro” fa uno strano effetto, ci richiama alla mente le scene ormai consuete dei tanti diseredati della terra che chiedono cibo, asilo, pace (il paragone è senz’altro eccessivo, ma la logica che produce questi fenomeni è la medesima: la logica dell’esclusione per alcuni, del privilegio per altri).
Tutto ciò genera in noi un senso di umiliazione e getta un’ombra di amarezza sul nostro iniziale entusiasmo. Ma ad un tratto vediamo gli uomini-armadio rimuovere la transenne: gioiamo per questo inatteso sussulto di buon senso e ringraziamo lo sconosciuto deus ex machina a cui si deve lo scioglimento della vicenda.
La serata procede poi serenamente: parole e musica rendono un omaggio originale e sentito al grande Lucio e la voce di Iskra Menarini regala brividi di emozione; in verità, alcuni dei fortunati possessori di invito non sembrano apprezzare la scelta di Pascal Basile di eseguire brani meno noti ed una matrona comodamente seduta giunge ad esclamare che avrebbe fatto meglio a rimanere a casa a guardare la televisione… ma sono rischi da mettere in conto!
Quando infine si spengono gli ultimi applausi e soddisfatti torniamo a casa, oltre alle suggestioni create dalla musica, ci accompagna una domanda: ma è proprio questo il modo migliore perché una città che vuole fare della cultura il suo futuro, oltre che il suo passato, renda i suoi cittadini “abitanti culturali”, fruitori consapevoli di una cultura che democraticamente fa migliorare, partecipare e gioire tutti, non solo i pochi possessori di un invito?
Città Plurale