Con l’arrivo sul tavolo della Conferenza Stato Regioni del Piano nazionale della prevenzione (Pnp) 2014-2018, la nostra proposta di realizzare un cambiamento di sistema verso l’appropriatezza delle cure, dando seguito e concretezza di provvedimenti ed atti al primo tavolo regionale sulla sanità privata accreditata del 17 settembre u.s., è ancor più strategica e rilevante se vogliamo realmente fare prevenzione e non perdere l’ultimo treno. Non si sottovaluti il dato di partenza: in Basilicata la spesa delle famiglie per la sanità in percentuale rispetto alla spesa sanitaria totale è al 15%, tra le più basse in assoluto e nel confronto in Europa persino meno dell’Estonia. Meno soldi per cure significa meno soldi per la prevenzione. Intanto, sono cinque i macro obiettivi fissati nel Pnp: riduzione del carico di malattia; l’investimento sul benessere dei giovani; il rafforzamento e la conferma del patrimonio comune delle pratiche preventive; la lotta alle diseguaglianze e il rafforzamento degli interventi per la prevenzione di disabilità; la promozione del rapporto salubre tra salute e ambiente per contribuire alla riduzione delle malattie in particolare di quelle croniche non trasmissibili. Tutti obiettivi che in Basilicata hanno una specificità nella quale i nodi prioritari da sciogliere restano principalmente: Liste di attesa; Saldo di mobilità passiva; Bassa efficienza del sistema. Al centro l’emergenza della revisione dell’attuale sistema di determinazione del fabbisogno delle prestazioni e dei tetti di spesa delle strutture sanitarie private accreditate e, contestualmente, la necessità – non più procrastinabile nel tempo – di verificare la possibilità di utilizzare parte degli eventuali risparmi di settore da ridistribuire nel sistema. L’emergenza in atto, vogliamo ricordarlo, si compone di due aspetti fondamentali in attesa di soluzione: il primo, nell’immediato, riguarda l’interruzione nell’erogazione delle prestazioni che può e deve essere scongiurata attraverso un tempestivo intervento regionale; il secondo, di stampo riformatore, riguarda un sistema che ha funzionato in passato ma che oggi produce le emergenze che strutture e pazienti stanno drammaticamente vivendo. Gli interrogativi di partenza: Se non vi è equiparazione tra strutture pubbliche e private (entrambe accreditate), come possono contribuire queste ultime alla diminuzione delle liste di attesa? Se non vi è una definizione dei fabbisogni fondata sull’epidemiologia, è possibile che vi sia un eccesso di risorse dove non necessarie e un’insufficienza dove invece ce ne vorrebbero, per cui le più alte liste d’attesa sono la conseguenza di questo errore? Ancora, se il censimento dei fabbisogni è fondato solo sui dati storici che esclude il contrasto al saldo passivo di mobilità interregionale, come è possibile aspettarsi che questo diventi positivo? Se non si organizza una offerta sanitaria attrattiva, fondata su patologie cosiddette sociali, su strutture ambulatoriali polifunzionali, su servizi “all in one”, su tecnologie scalabili, sulla connessione con le strutture ospedaliere, è giusto attendersi che la mobilità attiva aumenti fino a finanziare e giustificare le strutture esistenti? In sintesi, l’assenza di integrazione tra strutture pubbliche e private ha penalizzato sistema e cittadini. Noi siamo disponibili a raccogliere la sfida del cambiamento e lo abbiamo dimostrato con il progetto di “Quattro Torri/strutture polifunzionali” da individuare nei territori limitrofi a Campania, Puglia e Calabria. Solo lo 0,20% del totale della produzione sanitaria di Puglia e Campania “intercettata” dalle strutture lucane trasformerebbe l’attuale saldo passivo in un saldo attivo per le casse della Regione di circa 200 milioni di euro. Come? Con i Pac organizzati per patologie sistemiche (diabete, ipertensione, menopausa, screening della tiroide, ecc.) e con una dotazione tecnologica e professionale organizzata in modo efficiente e moderno (imaging, laboratorio, Itc, ecc.).
Un approccio che per essere efficace deve essere multidisciplinare e di sistema. Tutto ciò è ancora maggiormente rilevante nella sanità privata laddove gli attori prima che essere strutture sanitarie sono anche imprese che, oltre a dover resistere alla crisi generale devono misurarsi per la sopravvivenza con i tagli alla sanità pubblica che spesso tagliano i servizi e non gli sprechi. Grazie alla responsabilità degli imprenditori titolari delle strutture, che non hanno la possibilità di muoversi in un mercato libero delocalizzando o migrando e che – va ricordato – hanno subito negli anni passati pesanti penalizzazioni economiche che dureranno sino al 2015, oltre che al “superticket” sulla specialistica ambulatoriale – si è consentito sinora di mantenere servizi, prestazioni essenziali al diritto alla salute, posti di lavoro, attività produttive. Per Sanità Futura, in conclusione, il riposizionamento delle politiche sanitarie e del welfare rapido, incisivo, serio, fortemente orientato alla risoluzione veloce dei punti di maggiore criticità che abbiamo sollecitato al tavolo regionale, parte da un approccio complessivo e dalla consapevolezza, purtroppo tutt’altro che scontata, che nella sanità operano imprese con le stesse problematiche che vive oggi l’imprenditoria nazionale e regionale.
Il Presidente Michele Cataldi
Set 30