Nel 2013, i cittadini che hanno beneficiato di un ammortizzatore sociale (Cassa Integrazione Guadagni, Mobilità e Indennità di Disoccupazione, ASPI e Mini ASPI) sono stati quasi 4,6 milioni, con un aumento del 6,5% rispetto al 2012 (280 mila unità in più). Se si paragonano, invece, i dati del 2013 con quelli del 2008 (ultimo anno senza la piena crisi), l’aumento è stato di 2,4 milioni di persone (+113,6%), in quanto in quell’anno le persone beneficiarie di ammortizzatori sociali furono 2,1 milioni. Sono i dati più significativi del III Rapporto sugli Ammortizzatori Sociali che la UIL mette a disposizione dei lavoratori, delle imprese e, soprattutto, della politica; uno strumento di analisi per evitare che si prendano decisioni affrettate, superficiali e sbagliate che rischiano di non risolvere i problemi e di creare danni alle persone, alle imprese, alla società.
Un rapporto ‐ spiega una nota della UIL ‐ che vuole mettere in luce l’impatto sociale, il costo per le imprese, i lavoratori e, soprattutto, per lo Stato. Ma anche far riflettere su cosa realmente è accaduto e su cosa sta accadendo perché, quando si vuole riformare un sistema di tutele, occorre conoscerne tutte le dinamiche.
Tornando ai dati del Rapporto, nello specifico, le persone protette dalla Cassa Integrazione Guadagni, tra ordinaria, straordinaria e deroga, sono state 1,5 milioni (in diminuzione del 3,9% rispetto al 2012); mentre aumentano dello 0,9% le persone in Mobilità, ordinaria e in deroga, (arrivando a 187 mila unità complessive); mentre tra ASPI, Mini ASPI e Indennità di disoccupazione ordinaria, speciale edile ed agricola, i beneficiari sono stati 2,8 milioni con un aumento del 13,6% rispetto al 2012 (+341 mila).
Per la UIL le ripercussioni sui livelli di disoccupazione dell’annunciata riforma degli ammortizzatori sociali sarebbero davvero preoccupanti: una semplice simulazione lo conferma. I dati a disposizione per il 2013 fanno registrare, al momento, una ULA (unità lavorativa annua) pari a 389mila unità coperte dagli ammortizzatori che la riforma vorrebbe superare (mobilità, cassa integrazione straordinaria e in deroga). Se la riforma fosse stata già in vigore, dunque, queste ULA si sarebbero trasformate in nuova disoccupazione: sulla base di alcune nostre stime, si sarebbe passati dall’attuale tasso del 12,2% ad un probabile 13,7%.
Anche questo Governo, come tutti i precedenti ‐ sottolinea la nota della UIL ‐ non sfugge alla tentazione di riformare il mercato del lavoro e cioè di come si entra e si esce dall’impresa e, implacabilmente, anche alla voglia di riformare (stravolgere?) il sistema di protezione sociale.
Lo diciamo con chiarezza e alla luce dei dati che presentiamo: non ci convince l’ipotesi che si sposti la protezione dall’azienda a fuori (quindi al disoccupato), quando ci sono serie speranze di ripresa dell’impresa. In sostanza, consideriamo sbagliata e velleitaria l’idea di caricare solo sull’ASPI (che è bene comunque rafforzare e allargare), il peso di garantire una forma di reddito alle persone indebolendo lo strumento della Cassa Integrazione, che certamente si può rafforzare e migliorare ed estendere. Rimane di vitale importanza quest’ultimo strumento perché le ristrutturazioni (spesso necessarie) non si completino con la fuoriuscita delle persone e del capitale umano che la stessa impresa ha nel tempo fatto crescere. Le politiche d’innovazione industriale e produttiva (quando ci sono e quando lo stato le costruisce), se non supportate da adeguati strumenti di “aiuto” ai lavoratori – conclude la nota UIL – rischiano di allargare quello che abbiamo definito il “cratere del lavoro”.