Nell’ultima seduta, il Consiglio Comunale di Pisticci ha affrontato la questione relativa agli usi civici.
“L’uso civico è un diritto di godimento di origine medioevale che veniva esercitato dalla collettività su terreni comunali e poteva consistere nel far legna, raccogliere funghi, pascolare animali, caccia, etc. Molti di questi usi civici non sono più stati esercitati, mentre altri sono tuttora in esercizio” (cfr Wikipedia).
In Italia, nel 1927, si decretò che tutti gli usi civici esistenti avrebbero dovuto essere rivendicati e regolarizzati dando la possibilità ai soggetti che occupavano i terreni di affrancarli e, quindi, di trasformare il possesso delle terre di demanio civico in piena proprietà attraverso una procedura di sanatoria (artt. 9 e 10 della Legge 1766/1927).
Tale procedura avviene tramite l’imposizione sul fondo di un canone (demaniale) a favore del Comune.
Il capitale d’affrancazione dei canoni, che è imprescrittibile, deve corrispondere al valore dell’area legittimata e lo stesso capitale deve essere destinato alla collettività per opere che vadano a compensare la perdita del valore dell’area demaniale perduta.
I canoni, come confermato dalla Corte dei Conti, hanno natura pubblicistica e sono perpetui: la demanialità si trasferisce dal bene civico al canone.
La “liberazione” dei nostri terreni comunali da detti vincoli è funzionale alla logica di dismissione del patrimonio comunale; alla necessità di “fare cassa” (incassando i canoni) in assenza (o quasi) di trasferimenti da parte dello Stato; all’esigenza di erogare servizi e alla possibilità di ridurre la pressione fiscale e tributaria a carico dell’intera comunità pisticcese.
La gestione razionalizzata di un patrimonio (che oggi costa più di quanto rende) e la sua possibile dismissione (come evidenziato nelle linee programmatiche dell’amministrazione) potrebbero soddisfare in parte le esigenze di bilancio del Comune senza vedersi costretti ad ulteriori e odiosi incrementi di tassazione; nello stesso tempo, il provvedimento, può contribuire all’idea che la proprietà privata possa sviluppare maggiormente le sue potenzialità, anche economiche, se liberata da siffatti pesi.
Politica economica a parte, nella nostra città, la questione “usi civici”, risultata molto sentita dalla popolazione ( come evidenziato anche dal Tavolo Verde), andava risolta già 14 anni fa; il susseguirsi di amministrazioni e di interpretazioni tecniche “border line”, invece, hanno reso farraginoso un procedimento già di per sé complicato.
Il tutto condito dalla concreta possibilità di perdere anche il finanziamento che la Regione riconosce a favore dei Comuni che si attivano incaricando un perito demaniale.
Per capire però le motivazioni che hanno spinto l’attuale maggioranza a deliberare sulla questione è necessario fare un viaggio nel tempo.
Gli usi civici, per la nostra Regione, sono regolamentati dalla L.R. 57/2000 modificata poi dalla L.R. 25/2002 e dalla L. R. 15/2008.
Il Comune di Pisticci già nell’anno 2001, deliberava in merito (Delibera di Giunta n. 89/2001) nel cui dispositivo si dava atto che:
– “l’allora assessore all’agricoltura, A. Gallotta, costituiva, in data 18/01/2001, un gruppo di lavoro allo scopo di consentire la voltura in catasto dei terreni soggetti agli usi civici;
– con la ricostruzione storico-giuridica, giusto verbale del Consiglio Comunale del 28/11/1908, si individuavano i terreni civici comunali divisi nei seguenti quattro demani: Difesa boschiva Salice, Difesa boschiva Feroleto, Difesa boschiva Canala e manca di Napoli, Lagarone e Mesola di, per un totale di ettari 2731,4154;
– gli usi civici ricadono esclusivamente su detti terreni, con esclusione di detto vincolo su tutti gli altri terreni di proprietà comunale.”
La politica dell’epoca (ma anche quella più recente) considerava tale lavoro preciso e puntuale liquidandolo con l’importo di oltre 9.000,00 euro.
La questione fu ripresa anche nella campagna elettorale del 2011, quando dai palchi qualcuno tuonava: “Abbiamo risolto definitivamente la questione usi civici a Pisticci”.
Fin qui tutto perfetto! Apparentemente soldi pubblici spesi per una giusta causa?! No! Peccato che quel lavoro, tanto pubblicizzato, non avrebbe mai potuto produrre efficacia poiché svolto in violazione della stessa legge a cui faceva riferimento (L.R. 57/2000), com’è facile intuire dal confronto tra le procedure previste dalla normativa in vigore per l’accertamento delle terre civiche e quanto svolto dal Comune con Delibera di Giunta C.le 89/2001, “non può dirsi che l’Ente avesse individuato le terre civiche comunali né tantomeno che l’Ente abbia provveduto alla loro sistemazione”.
Più volte la stessa Regione Basilicata e la Consulta dei Periti Demaniali hanno ribadito che “per la volturazione in catasto dei terreni civici è indispensabile procedere prima con il definitivo accertamento dei demani di uso civico e con la relativa formalizzazione della chiusura delle operazioni demaniali con apposita Delibera di Giunta Regionale, e solo dopo il Comune potrà volturare in catasto le terre civiche secondo il dettato dell’art. 2 della LR 57/2000 e s.m.i”.
Ne consegue che la Delibera di Giunta 89/2001, invece, fu letteralmente uno spreco di risorse e che, come evidenziato più volte dagli enti preposti, non solo “il Comune non poteva volturare le terre civiche se queste non erano state prima definitivamente accertate nel rispetto delle procedure della L. R. 57/2000”, ma non avrebbe dovuto affidare l’incarico al gruppo di lavoro con a capo l’allora assessore all’agricoltura, poiché “l’unico ed il solo titolato a chiudere le operazioni demaniali è il tecnico già nominato dalla Regione”.
In poche parole la Delibera di Giunta 89/2001 non poteva produrre efficacia ai sensi e per gli effetti della Legge Regionale sugli usi civici in quanto, come evidenziato in una molteplicità di note trasmesse dalla Regione, “il lavoro svolto da altri tecnici non avrà nessun valore giuridico ed amministrativo. Agli accertamenti, alle verifiche e alle riconfinazioni delle terre civiche si provvede solamente tramite periti demaniali incaricati dalla Regione”.
Il Comune “non poteva incaricare altri tecnici per la sistemazione demaniale delle terre civiche comunali”.
Per quale motivo allora la Giunta dell’epoca affidava l’incarico ad uno staff di tecnici che tutto erano tranne periti demaniali nominati dalla Regione? Per quale motivo il comune liquidava quel lavoro pagando oltre 9.000,00 euro?
Lasciando questi interrogativi alla coscienza degli amministratori dell’epoca, a distanza di 14 anni, l’Amministrazione di Trani, ha definitivamente chiuso la questione e nel consiglio comunale del 04 ottobre, ha attivato la procedura voluta dalla Legge.
Il Consiglio, infatti, ha deliberato sull’assunzione dell’impegno della spesa per la remunerazione delle competenze professionali del perito demaniale nominato dalla Regione, ha autorizzato la sottoscrizione della convenzione ed ha recuperato un finanziamento, considerato che la Regione concorre alla spesa necessaria per le operazioni demaniali versando, all’atto della nomina del perito, un contributo del 40%; per la restante parte (60%), se non vi è disponibilità economica, il Comune è autorizzato al recupero dell’ulteriore spesa dal ricavato delle operazioni demaniali (comma 4 dell’art. 7 LR 57/2000 e s.m.i.).
Certamente il procrastinarsi della questione per 14 lunghi anni pone un serio interrogativo sulle lungaggini tecniche e burocratiche che si sono verificate su questa questione, ma anche e soprattutto su altre.
Per due anni abbiamo letteralmente “inseguito” la questione negli uffici preposti e mai come adesso condividiamo fortemente il pensiero esternato recentemente dal nostro Sindaco.
Sebbene dichiarata in altre circostanze, mutuiamo volentieri una sua recente espressione: “Dobbiamo accertare cosa è accaduto” – dice Di Trani – “se davvero ci sono responsabilità: in tal caso, non esiterò ad avviare azioni disciplinari nei confronti dei responsabili perché chi amministra, così come chi lavora in un ente pubblico, deve guadagnarsi il pane”
Questa amministrazione ha sempre affrontato le questioni con determinazione e responsabilità, ma, alla stregua di questo nostro atteggiamento, gradiremmo che il concetto di responsabilità fosse esteso anche agli organi gestionali e su tutti coloro che, in un tempo di stenti economici, hanno la fortuna di portare a casa uno stipendio pagato puntualmente e profumatamente con i sacrifici di ogni singolo contribuente pisticcese.